Micheal Kiwanuka: l’unico effetto speciale è il talento | Rolling Stone Italia
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Micheal Kiwanuka: l’unico effetto speciale è il talento

Siamo stati al concerto dell'artista britannico. Un live complesso e intenso, in grado di far emozionare anche i sassi

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Se esistono attrazioni da luna park, film e perfino mostre che all’ingresso presentano un cartello con il disclaimer “Sconsigliato alle persone sensibili”, forse dovrebbero istituire la stessa pratica anche per i concerti. E se mai lo facessero, quelli di Michael Kiwanuka rientrerebbero senz’altro in questa categoria, perché nonostante non sia certo famoso per le ballad strappalacrime, la sua intensità e la sua profondità nel cantare la vita quotidiana sono in grado di commuovere anche i sassi.

Il cantautore inglese è capace di mettere d’accordo i fan dei generi musicali più disparati, grazie a un timbro caldo e soul degno del miglior Bill Withers, agli arrangiamenti ricchi e debordanti di assoli strumentali che ricordano il rock degli anni ’70, all’occasionale incursione della chitarra acustica che riporta immediatamente ad atmosfere folk e intimiste e al contributo di Danger Mouse, che avendo curato come produttore il suo ultimo album lo ha proiettato nel terzo millennio con una forza dirompente. E infatti il numerosissimo pubblico della data milanese del Fabrique è estremamente variegato e internazionale: una coppia di ragazzi svedesi chiacchiera con una comitiva francese, due spagnoli cercano di farsi strada verso il bar parlottando fitto fitto e un gruppetto di amiche americane inganna l’attesa cantano a squarciagola All I Want for Christmas Is You di Mariah Carey.

In uno dei rari momenti in cui si rivolge al pubblico – è una persona molto riservata e preferisce far parlare la musica – Michael racconta che è l’ultima data del suo tour europeo e confesserà che è una di quelle che ha preferito. In effetti, la sensazione di magia nell’aria è palpabile. Sarà che di questi tempi è sempre meno frequente assistere a un concerto in cui l’unico vero effetto speciale è il talento dei musicisti sul palco, o sarà che le canzoni di Kiwanuka hanno qualcosa di unico e ineffabile, capace di sintonizzarsi con quelle emozioni che non sapevamo neanche di provare. Come Piano Joint (This Kind of Love), che apre le danze raccontando l’ambiguità di una relazione che potrebbe salvarti o distruggerti, a seconda della piega che prenderanno gli eventi. O You Ain’t the Problem e I’ve Been Dazed, veri e propri inni motivazionali che ci invitano ad accettare la persona che vediamo riflessa allo specchio, con tutte le sue imperfezioni, abbracciando il futuro con speranza e fiducia. O ancora, Solid Ground, che parla di rifiuto, dubbi, cambiamenti, e della forza necessaria a cavarsela da soli.

Dal vivo è chiaramente impossibile mantenere inalterata la struttura che le canzoni di Michael Kiwanuka hanno su disco, visto che spesso e volentieri sfoggiano intro di due, tre, quattro, addirittura cinque minuti; tuttavia la band riesce comunque a trovare un ottimo equilibrio tra musica strumentale e cantato. Ovviamente i brani più attesi non sono (ancora) quelli dell’ultimo album, Kiwanuka, uscito appena un mese fa, ma i suoi precedenti e già consolidati cavalli di battaglia: l’incalzante Black Man in a White World, l’intima e struggente Home Again, la title track del suo disco precedente Love & Hate e soprattutto la canzone che l’ha reso famoso in tutto il mondo, Cold Little Heart, che era la sigla della serie-evento Big Little Lies con protagoniste Nicole Kidman, Reese Witherspoon, Shailene Woodley e Zoë Kravitz. Ovviamente, per la gioia di tutti, Michael è ben felice di dare ai suoi fan ciò che vogliono. Unica piccola nota stonata della serata: il pubblico italiano, anche se si è evoluto al punto da riempire il Fabrique per un artista complesso, intenso e atipico come Kiwanuka, non ha ancora imparato a battere le mani sul due e sul quattro, e si ostina a scandire il tempo tipo marcetta. Fastidiosissimo, ma ci arriveremo anche noi, prima o poi. Come ci insegna l’artista in questione, le parole d’ordine per il futuro sono speranza e fiducia.

Michael Kiwanuka - Cold Little Heart

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