Men/Go, il festival dove smettere di scrollare e iniziare ad ascoltare | Rolling Stone Italia
Musica, cultura, attivismo

Men/Go, il festival dove smettere di scrollare e iniziare ad ascoltare

Gli Afterhours per il ventennale di ‘Ballate per piccole iene’, il tributo collettivo a Paolo Benvegnù, il pienone per Lucio Corsi, la trasformazione di Joan Thiele e altre storie da Arezzo

Men/Go, il festival dove smettere di scrollare e iniziare ad ascoltare

Manuel Agnelli con gli Afterhours al Men/Go

Foto: Sara Coleschi

Il bello del Men/Go Music Fest è che non è mai solo un festival, è una specie di miracolo toscano reiterato con ostinazione da un gruppo di amici che, ancora oggi, sembra divertirsi come il primo giorno. In questo modo, il tutto si trasforma in un rito dove la musica si mescola alla birra e il pubblico ai musicisti che si sentono liberi di improvvisare qualcosa di diverso rispetto al solito. Così la ventunesima edizione al Parco il Prato di Arezzo, dall’8 al 13 luglio scorso, ha superato se stessa: oltre 50 mila presenze, più di 50 artisti sul palco e sei serate che hanno tenuto insieme concerti, cultura e attivismo.

L’apertura è stata per l’omaggio a Paolo Benvegnù da Ermal Meta (che ha portato anche un inedito dedicato al cantautore scomparso di recente), Piero Pelù, Irene Grandi, Marina Rei, Giovanni Truppi, Tosca, Dente, Andrea Satta (Têtes de Bois) che ha tuonato: «Qualcuno doveva dargli una mano più concreta. Era il migliore». Nota a margine per Giulio Casale (Estra), che dopo aver cantato con trasporto Avanzate, ascoltate si è arrampicato sulle transenne, forse posseduto dall’anima del rock, e si è lanciato all’indietro rischiando di rompersi l’osso del collo. Poi è risalito, si è girato verso la foto di Benvegnù sorridente sul maxischermo e ha abbracciato il vuoto. Un momento da brividi.

Dietro il palco, si scoprono mondi paralleli. Come Lamante, 24 anni e niente smartphone per scelta: «Chi mi cerca mi suona al campanello», come se vivesse in un buco spazio-temporale. Il suo entourage la implora di tornare online, ma lei resiste: «Vivo benissimo senza tutto lo stress che vedo negli altri». O Beatrice Antolini, che le dà ragione ricordando alcune pessime esperienze di chat WhatsApp o la follia di quello che le ha inviato un messaggio di complimenti per il nuovo disco, ma mesi dopo averla tamponata in auto. A parte queste curiosità, entrambe hanno interpretato con partecipazione emotiva l’omaggio a Benvegnù su Catherine e Io ho visto.

Piero Pelù. Foto: Sara Coleschi

Il tributo a Benvegnù. Foto: Sara Coleschi

Joan Thiele. Foto: Sara Coleschi

Nelle serate successive hanno sfilato tantissimi altri artisti, tra i più interessanti in circolazione. Giorgio Poi, con il suo incedere etereo. Joan Thiele, tanto timida nel talk pomeridiano nel ripercorrere la sua carriera quanto magnetica una volta sul palco. Lucio Corsi, che è arrivato a piedi con la sua chitarra a tracolla e senza negare un selfie a nessuno, come se non fosse il cantautore del momento e l’headliner della serata che ha fatto registrare un clamoroso colpo d’occhio di pubblico, con la gente che ha riempito completamente Parco il Prato come non si era mai visto (13 mila persone). In seguito la sua esibizione ha fatto capire perché ha così tanto successo: empatia a pacchi con la platea, energia da vendere e un repertorio ormai maturo.

Ancora, il dj set di Samuel e gli show di Fast Animals and Slow Kids, Adi Oasis, Fitness Forever, il Mago del Gelato, Ginevra, Giuse The Lizia e Boss Doms. Per non parlare degli Afterhours, che con il tour del ventennale di Ballate per piccole iene ci hanno fatto ripiombare nella ferocia e nell’ispirazione che sapevano esprimere agli inizi degli anni 2000. Oppure la chiusura, in stile diametralmente opposto, con i festeggiamenti dei 50 anni di carriera di Enzo Ghinazzi, in arte Pupo, che dalla sua città ha deciso di dare il via al tour mondiale. Ma lo abbiamo detto, il Men/Go non è solo un festival. Infatti, capita anche che i Mercedes Lorenzo, band di beniamini locali, nonostante siano rimasti senza batterista a causa di un infortunio, allestiscano un mini set “clandestino” nel backstage suonando per lo staff. Un’epifania notturna al chiaro di luna in mezzo alle colline spazzate dal vento che rende plastico come il cuore di questo evento batta in momenti del genere totalmente improvvisati.

Lucio Corsi. Foto: Sara Coleschi

FASK. Foto: Sara Coleschi

Afterhours. Foto: Sara Coleschi

Dopo aver partecipato, sorge però una domanda: siamo all’apice del Men/Go o qualcosa può essere migliorato e ingrandito? Chi meglio del direttore artistico Paco Mengozzi poteva spiegarcelo, mentre lo rincorriamo su e giù per Corso Italia o tra gli stand del festival: «La nostra dimensione è questa, il massimo a cui possiamo ambire. Non vogliamo esagerare, rischiare di rovinare l’organizzazione e lo spirito che si è mantenuto negli anni. È questo che fa la differenza. Certo, sarebbe bello ampliarsi in città, in questo caso però ci vorrebbe più sinergia con le istituzioni». E poi, per lui, il Men/Go è anche una questione di giocare d’anticipo: «Lucio Corsi lo avevamo già bloccato prima di Sanremo, un po’ come successo con Rose Villain l’anno scorso. Cerchiamo di arrivare prima, sia con i giovani che con quelli che stanno per esplodere».

Oppure una questione di perseveranza, come con gli Afterhours che è riuscito a infilare nel calendario nonostante sembrasse impossibile: «Avevano già altre date ravvicinate e all’inizio era un no, ma la richiesta per il loro tour è stata altissima e il non aver mollato la presa ci ha permesso di averli». Mentre su Pupo, il discorso si fa anche umano: «Poteva sembrare fuori contesto, invece lui è originario di Arezzo, festeggia 50 anni di carriera, ed è un’altra sfaccettatura della musica». Senza dimenticare la tanto decantata promozione culturale da parte dei politici, che grazie al Men/Go ha visto la trasformazione di Lucio Corsi e Manuel Agnelli in turisti per visitare le opere che caratterizzano la città, dagli affreschi di Piero della Francesca al Crocifisso di Cimabue.

Concerti, cultura e attivismo, si diceva. Perché nella sei giorni sono stati anche lanciati vari messaggi, dalla questione palestinese e la sensibilizzazione sul cessate il fuoco all’inclusività fino all’adesione della campagna Oxfam. Insomma la magia continuerà finché al Men/Go, guardandoci attorno tra le piante del parco, potremo ritrovare un Giulio Casale che si riprende dalla caduta sorridendo o una Lamante che si perde libera da notifiche. E per una settimana, per fortuna, il mondo smetterà ancora di scrollare ricominciando ad ascoltare.