Il concerto dei Primal Scream a Torino è stato un pacco screamadelico | Rolling Stone Italia
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Il concerto dei Primal Scream a Torino è stato un pacco screamadelico

Era annunciata come una celebrazione di 'Screamadelica' e invece la band ha fatto due soli pezzi dal disco del '91. Un concerto rock non è una serata di musica classica, ma perché non avvisare? E pure il resto dello show non è stato all'altezza della fama di Bobby Gillespie & Co.

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In 35 anni e passa di live, pensavo di averle viste tutte. Ma il concerto celebrativo di un album storico in cui dell’album in questione vengono eseguiti solo due pezzi ancora mi mancava. A ovviare alla “lacuna” hanno provveduto i Primal Scream, chiamati ieri sera a chiudere l’ultima giornata dell’edizione 2022 del TOdays Festival allo Spazio 211 di Torino. Si legge ancora oggi sul sito del festival: «I Primal Scream celebrano dal vivo il loro album pietra miliare Screamadelica in occasione del trentennale della sua uscita» (gli anni sono trentuno, essendo il disco uscito nel 1991, ma a questo punto non è il caso di sottilizzare). Di Screamadelica si sono ascoltate le sole Movin’ On Up e Loaded, quest’ultima eseguita come unico, svogliato bis (sul palco era già partita la musica post concerto) e privata dei suoi toni gospel, come mangiare una pizza napoletana senza le acciughe. Ma l’esecuzione del brano è l’ultimo dei problemi.

Quando nella scorsa primavera sono stati messi in vendita i biglietti per il festival, è stato annunciato un concerto con una precisa scaletta, o quanto meno una “celebrazione” che ieri non è avvenuta. Nel recentissimo tour giapponese la band di Bobby Gillespie ha eseguito il suo capolavoro da cima a fondo. Poi, rientrata in Europa, ha partecipato al Victorius Festival a Portsmouth con una scaletta sostanzialmente identica a quella di Torino. Se con gli organizzatori di TOdays c’è stato un malinteso, è stato un malinteso bello grosso, e forse nei prossimi giorni gli organizzatori stessi spiegheranno cos’è successo.

L’artista sul palco fa quello che vuole, ma se viene annunciato un “programma di sala” poi quel programma deve essere eseguito. È una questione di rispetto per il pubblico, altrimenti significa che vale tutto, perché tanto il pubblico si beve tutto e non ha diritto di capire perché l’artista ha compiuto una determinata scelta. Se Bobby G. e i suoi si sono stufati di eseguire Screamadelica possono anche spiegarlo e fare un altro concerto. Ieri però nessuna spiegazione, con il total look “screamadelico” del cantante a suonare come una presa per il culo aggiuntiva, una beffa di cattivo gusto. Non che il concerto in sé sia stato un granché: il pilota automatico delle memphisiane Rocks e Jailbird e la dedica a Mark Lanegan di Deep Heat of Morning Sun, che lo scomparso cantante aveva eseguito con i Twilight Singers, non sono certamente bastate a mitigare la delusione per il pacco screamadelico.

Peccato, perché fin lì la giornata era stata la degna conclusione di una tre giorni come sempre a misura d’uomo, che tra Black Country, New Road, Squid e Los Bitchos aveva confermato il suo ruolo di primo piano all’interno dei festival indie organizzati nel nostro Paese. Sorrideva anche il cassiere, che poco prima dell’inizio dei concerti di domenica confermava che il sold out era vicino. Merito dei Primal Scream, ma anche di un ottimo cartellone brit che aveva convinto più di uno spettatore a rispolverare magliette di band stracult come Ned’s Atomic Dustin e Pop Will Eat Eatself. C’era addirittura chi indossava la maglia da calcio della sfortunata Scozia di Italia ’90, chiaro omaggio agli Arab Strap, chiamati ad aprire le danze.

La band di Falkirk non ha deluso, con un Aidan Moffat in formissima sotto tutti i punti di vista, compreso quello fisico, anche se i suoi jeans al ginocchio non erano esattamente cool. Il tiro chitarristico della band, in compenso, rivaleggiava con quello dell’epoca pre-scioglimento, a confermare una volta di più che la reunion è stata una buona idea. Un giudizio a quanto pare condiviso dalla stessa band, se è vero che i brani dell’ultimo As Days Get Dark hanno fatto la parte del leone in una scaletta chiusa da The First Big Weekend, decisamente l’inno di questa giornata finale del festival.

A giocarsela con gli Arab Strap per il titolo di migliori in campo, sono arrivati un po’ a sorpresa i DIIV. Assieme al cambio palco è cambiato anche il pubblico delle prime file, i coetanei del gruppo scozzese hanno lasciato il posto a quelli della band di New York, che ha saputo coniugare lirismo e assalti chitarristici con il suo nu-gaze di scuola Ride/My Bloody Valentine che più di una volta è parso debitore anche degli Smashing Pumpkins più melodici. A battere il tempo tra il pubblico, anche le coloratissime Puma di Max Casacci dei Subsonica.

Primal Scream a parte, anche l’esibizione degli Yard Act non passerà alla storia. Il loro beat ipercinetico distilla i migliori ingredienti della storia rock inglese, ma i piatti che escono dalla cucina della band di Leeds hanno un po’ tutti lo stesso sapore. Poche melodie e molti spigoli portano più dalle parti dei Franz Ferdinand che da quelle dei Blur e il passo cadenzato dei brani dell’opera prima The Overload alla lunga stanca, anche e soprattutto alla prova di un live nel quale era lecito attendersi qualche variazione sul tema.

«We want to get loaded, and we want to have a good time» dice la voce di Peter Fonda in Loaded. È andata così, nonostante tutto. Ma a salvare il risultato ci hanno pensato gli uomini meno attesi.

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