Ma che bella la crisi di mezza età di Brunori | Rolling Stone Italia
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Ma che bella la crisi di mezza età di Brunori

Così ieri sera, in concerto, il cantautore ha definito il suo repertorio, «una crisi di mezza età in forma musicale». Arrangiamenti da palasport, band di dieci elementi: «Sono il Bruce Springsteen silano»

Ma che bella la crisi di mezza età di Brunori

Brunori Sas

Foto di Francesco Prandoni

Brunori ce l’ha fatta. Dopo due anni di attesa, un periodo particolarmente frustrante per chiunque abbia a che fare con la musica dal vivo, il suo tour nei palazzetti è finalmente iniziato. Sono concerti importanti, i primi in location così grandi, un salto in avanti a cui lui si preparava già dall’uscita di Cip!. Un disco dal destino assurdo, scritto con «la prospettiva dell’astronauta», cercando un suono e una scrittura corale, che poi si è ritrovato, come ogni altra cosa, a vivere costretto nella prospettiva dell’acquario.

Non solo: Cip! è anche un disco pieno di canzoni che parlano di quanto siamo piccoli di fronte alle oscillazioni del mondo, di sentirsi uno su sette miliardi e di come questa sensazione può diventare una strada per ritrovare un po’ di leggerezza. Questa svolta corale aveva anche una serie di conseguenze musicali – la moltiplicazione dei suoni, arrangiamenti più ricchi e stratificati, meno attualità “stretta” nei testi – che rendevano il nuovo materiale perfetto per il salto nei palazzetti.

Alla fine questo salto Brunori l’ha fatto e su quei palchi ci è salito davvero. Ci è arrivato con un concerto di alto livello – noi abbiamo visto quello al Palazzo dello Sport di Roma, secondo sold out dopo Milano – che porta la sua carriera in una dimensione diversa, più vicina a quella di un Cesare Cremonini che al mondo dell’indie.

Sul palco con Brunori c’è una band di dieci elementi – sezione di fiati compresa – tutti circondati da una scenografia semplice ma di grande effetto: un palco circondato da una specie di tenda riflettente e sovrastato da una mezzaluna di luci. La scaletta è enorme, più di 20 pezzi tra quelli di Cip! e classici del repertorio come Kurt Cobain, Canzone contro la paura e Il costume da torero, quasi tutti con arrangiamenti rivisti, allargati, e un suono decisamente più stratificato del solito.

Foto: Francesco Prandoni

L’approccio corale di Cip! è il centro di tutta la prima parte del set. Si parte con Al di là dell’amore, anticipata da un’intro suggestiva per fiati e sintetizzatori, e si corre in avanti senza pause con Benedetto sei tu, Capita così, La canzone che hai scritto tu, Il mondo si divide e Mio fratello Alessandro.

Poi, nel primo momento di pausa, Brunori si fa avanti e dimostra a tutti che anche se la sua musica ora ha una dimensione diversa, il suo approccio sul palco e il rapporto col pubblico non sono cambiati. Non importa quanto sia grande la venue del concerto, l’atteggiamento è quello di sempre: umiltà assoluta, autoironia, zero cinismo.

«Belli del Darione vostro, benvenuti! Che meraviglia. Io sono un po’ il Bruce Springsteen silano e ve lo dovevo dimostrare. Anche se ho sempre le mie problematiche e il debito d’ossigeno», dice. Brunori resta Brunori anche quando fa il musicista “da stadio”: invece di saltare chiede al pubblico di «zampettare se possibile», invece di alzare le mani grida di «alzare quelle manine», poi presenta il suo tecnico come «il ninja Peppino», una ballad come «un piccolo valzerino dolce», tutta la produzione come «una crisi di mezza età in forma musicale».

Superato il primo blocco tutto dedicato a Cip!, il concerto va avanti alternando i pezzi del disco con quelli più vecchi, quasi tutti riarrangiati e con sezioni aggiuntive (tra i più riusciti c’è sicuramente quello di Come stai, o la coda cinematografica di Colpo di pistola). C’è anche qualche momento «da falò», quando Brunori è solo sul palco e canta per quelli che definisce «il pubblico della prima, quelli col sandalo e la fiaschetta», che dopo Guardia dell’82 lo ringraziano con un applauso infinito. Poi, dopo Canzone contro la paura, il doppio bis e il finale con Arrivederci tristezza

«Dopo due anni di stop e coi venti di guerra che tirano, non è soltanto un piacere, ma quasi un dovere quello di tornare a suonare, di far star bene le persone, farle cantare, ridere, commuovere ed emozionare», ha detto Brunori presentando queste date. Ci è riuscito con una scaletta generosa e un suono nuovo, ma anche senza che le venue spettacolari e i sold out snaturassero la sua identità. Non male come crisi di mezza età.

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