King Krule al Poplar si è divertito molto | Rolling Stone Italia
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King Krule al Poplar si è divertito molto

Abbiamo incontrato Archy nel backstage del festival di Trento. Il racconto dell’unica data del 2025 del ginger più famoso della musica contemporanea

King Krule al Poplar si è divertito molto

King Krule al Poplar Festival

Foto: Edith Marchiani

Nel backstage del C2C Festival del 2023, King Krule mi aveva scroccato cinque sigarette con un semplice «May I take five?» corredato dal suo sorriso da monello con l’incisivo in oro. All’epoca, parliamo di novembre di due anni fa, Archy era praticamente a fine tour e si vedeva. Sempre sorridente, ma visibilmente esausto dai mesi di viaggi, birre, e a questo punto anche di sigarette. «Non vedo l’ora di tornare a casa dalla mia famiglia» mi aveva confidato pensando alla sua pargoletta, nata nel 2019 e alla compagna Charlotte.

Ebbene, la gag delle paglie scroccate ora è ufficialmente un meme. Stessa scena, diverso festival, stavolta il bellissimo Poplar a Trento per la sua unica data italiana del 2025. Ma, stavolta, il record è stato battuto: sei sigarette in un colpo solo, trafugate dalle sue pallide mani nel mio pacchetto di Winston Blu.

Ignacio Salvadores al sax della band di King Krule. Foto: Edith Marchiani

In realtà, la scusa di offrire le sighe è anche per sciogliere sempre una timidezza ancestrale che lo accompagna come un’aura. «Vorrei solo suonare ora, scusami se non sono mai troppo in vena di chiacchiere prima dei live», mi dice mentre si fa fotografare su una sdraio. L’anno scorso al festival, organizzato sullo sperone roccioso del Doss che sovrasta Trento, il big act internazionale, anche lì in unica data italiana, era Yung Lean. Quest’anno è toccato a lui, come zenith dei quattro giorni di artisti internazionali e non, ma sempre molto giovani.

«Non sapevo nulla di questo festival fino a oggi. Sono arrivato ieri sera da Atene. Abbiamo suonato lì. Ma qui onestamente sembra bellissimo» dice Archy senza nascondere un’onnipresente ansia da prestazione, cosa che lo rende ancora più tenero. «Non si può mai sapere cosa può succedere sul palco. Magari vomito, che ne sai?» Gli faccio notare che si è appena mangiato una leggera ma nutriente mela del Trentino. «La mela può sempre tornare indietro», risponde cinico.

E invece poi, aiutato da qualche birretta e dal fatto che non è di fatto un frontman prepotente, il concerto è andato più che bene, tanto da regalare al pubblico prevalentemente Gen Z (e grazie al cielo) una canzone inedita, lenta e malinconica, fumosa, che guarda caso s’intitola Smokey. Manco a farlo apposta dopo essersi fumato le mie sigarette.

In ogni caso, la maggior parte della ventina di tracce in scaletta proviene da Space Heavy, ultimo viaggio cosmico del 2023, tra i suoi riverberi e i suoi momenti di follia free jazz, che era stato poi seguito da un EP l’anno scorso, SHHHHHHH!. «Sto lavorando a roba nuova», conferma anche lui, come se ci fossero dubbi. Quello di King Krule più che un progetto solista è un organismo eusociale come una colonia di formiche, dove lui è la regina ma tutti gli altri membri del gruppo, uno su tutti lo spiritato sassofonista Ignacio, fungono da rete neurale che rende forte, stabile, perfettamente funzionale il sistema.

Dei giorni precedenti a domenica so poco perché non c’ero, ma posso confermare che il Poplar rimane uno dei festivalini più coraggiosi e preziosi che abbiamo in Italia. Si scopre sempre qualcosa di nuovo, come le incazzatissime The Pill, una versione brit del punk-rock femminista e trollatore delle Otoboke Beaver. O anche il canto in canone in versione Zeppelin degli Ugly o lo psych rock di Altin Gün, con un tradizionale Saz a quattro corde ma amplificato e distorto.

L’anno scorso un’interrogazione comunale di Fratelli d’Italia ci aveva provato a buttare fango su una cosa così ben fatta e pura come il Poplar, un insieme di ragazzi e ragazze volontari che contrasta la stagnazione conservativa ed entropica della provincia autonoma. Quest’anno, un testo rivisto dello stesso documento è stato stampato sulle magliette del merchandise. Inizia così: “Fratelli di Poplar”. Dopodiché, su ogni palco svetta sempre una bandiera del popolo palestinese, sul cui genocidio anche Archy spende parole di condanna. Dopotutto, la sua prossima data è il Together for Palestine organizzato da Brian Eno a Wembley.

Dopo il concerto lo ritrovo esattamente nello stesso posto di prima, svaccato sulla sdraio con una bella Winston tra le dita. L’unica cosa che dice, prima di salutare con il suo accento cockney da sud londinese, è: «Next time it’s gonna be seven». E anche quel record verrà battuto. Ma magari la prossima mi porto due pacchetti.

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