Poco più di tre mesi dopo Morrissey, tocca a Johnny Marr portare davanti al pubblico italiano la propria storia e, inevitabilmente, quella degli Smiths. Il chitarrista si è esibito ieri sera a Milano di fronte a un Fabrique pienissimo (pure troppo, se si vuole dare a tutti la possibilità di vedere bene) e sarà stasera all’Estragon di Bologna, già tutto esaurito. Accompagnato da una classica formazione chitarra-basso-batteria, Marr ha mostrato le sue doti di frontman tirando fuori una voce che nei classici degli Smiths non ha fatto rimpiangere quella dell’amico, confermandosi al contempo chitarrista ispiratissimo e sempre attento a fermarsi un attimo prima di correre il rischio di annoiare.
Come Morrissey, decide di non abusare di un repertorio glorioso e, come con Morrissey, anche a un concerto di Marr è impossibile dimenticarsi di quale band è stato fondatore. La sua chitarra resta smithsiana anche in molti pezzi dei suoi album solisti (metà abbondante della scaletta) alcuni dei quali ricordano le pagine più chitarristiche dei concittadini New Order. Il suo live è teso e divertente, le ballad sono pressoché assenti. Unica eccezione, la versione acustica di Please, Please, Please, Let Me Get What I Want, pezzo eseguito quest’estate anche da Morrissey ovviamente in versione diversa. Fisicamente Marr sembra ancora un ragazzino, anche se gli anni sono appena diventati 62. Il inguaggio del corpo è quello di uno che si diverte ancora moltissimo a vivere il suo sogno di rock’n’roll.
Le canzoni degli Smiths, ovviamente, sono le più attese e applaudite. Dal riff alla Metal Guru di Panic (il cui testo diventa “Panic on the streets Of Milan”) al lirismo della conclusiva There Is a Light That Never Goes Out. Anche l’omaggio a Iggy Pop con la cover di The Passenger, posta in apertura di bis, può essere considerato un omaggio alla storia Smiths. Trovata la melodia di quella che sarebbe diventata Hand in Glove, il primo singolo della band, Marr non aveva con sé un registratore. Iniziò allora a strimpellarla sulla chitarra, mentre la fidanzata Angie (oggi sua moglie, i due stanno insieme da più di 45 anni) dopo avergli suggerito di farla «più alla Iggy» lo portò col suo Maggiolone fino a casa di Morrissey per fargliela sentire e chiedergli di scrivere un testo. E fu l’inizio della storia.
«Avete richieste? Wonderwall? Non credo di doverla suonare». Arriva invece una This Charming Man a 300 all’ora. «Ne abbiamo anche di migliori!», scherza a proposito di un pezzo scritto quando aveva soltanto 19 anni. C’è anche una versione molto chitarristica di Getting Away With It, il primo frutto della collaborazione con Bernard Sumner dei New Order per il progetto Electronic, uscito ormai 35 anni fa. «È una canzone disco dell’Haçienda» scherza ancora.
E poi How Soon Is Now, suono che si ispira a Bo Diddley e testo che parafrasa Middlemarch di George Eliot. «È la Stairway to Heaven degli anni ’80» pare abbia detto a suo tempo Seymour Stein. Chissà cos’aveva in mente, quel leggendario discografico. «Volevo solo essere Phil Spector con la chitarra», ha detto Marr in un’intervista di trent’anni fa. L’intento sembra essere ancora quello, la voglia di suonare e di stare su un palco pure.
