Il Primavera Sound 2023 è stato un reel della Gen Z che balla sull’apocalisse | Rolling Stone Italia
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Il Primavera Sound 2023 è stato un reel della Gen Z che balla sull’apocalisse

L'ultimo giorno è stato il momento Rosalía e del girl power. Grande folla anche per i nostri Måneskin in formato erasmus. Il rischio ora è evitare – se non è troppo tardi – di trasformare il festival in un Coachella europeo

Il Primavera Sound 2023 è stato un reel della Gen Z che balla sull’apocalisse

Rosalía al Primavera Sound 2023

Foto: Sharon Lopez

Giorno 3. Chilometri percorsi: 17

«Ma si sente fuori?» chiede Rosalía. Un forte coro gli risponde di no. «Cooooome?» domanda sorpresa dalla risposta del pubblico, «davvero non si sente?». La cantante catalana lascia il pianoforte con cui aveva iniziato ad intonare Hentai e si muove a passo deciso verso il fonico di palco. Ha l’andatura e il portamento incazzato di chi ha il potere di far saltare qualche testa con uno sguardo. «Ricky», riferendosi presumibilmente al fonico di sala, «alza ‘sta cazzo di musica». Poi Rosalía torna al pianoforte e riparte (per un live che in formato festival funziona meno rispetto a quanto abbiamo visto a Milano pochi mesi fa). Il suono è migliorato. Probabilmente Ricky non ha passato una bella serata

Il concerto di Kelala inizia con un discreto ritardo a causa di alcuni problemi tecnici. Quando l’artista americana sale sul palco la sua scaletta è già stata dimezzata. Dopo un paio di brani si lamenta (a ragione) del volume troppo basso. Arrivata alla fine di un concerto fin troppo breve chiede di aver il tempo di fare almeno un’ultima canzone. Il battibecco tra lei, il pubblico a supporto e i fonici impossibilitati a dare l’ok a causa della concomitanza di altri concerti ruba un paio di minuti, poi mentre Kelela parte con il brano dal palco adiacente arriva il suono della batteria di Ethan dei Måneskin (a quanto pare molto attesi vista l’affluenza di pubblico, ma qui il vostro martire del Primavera Sound aka me medesimo ha preferito saggiamente mangiare; e quello che posso raccontarvi è che Damiano ha iniziato il concerto con «cercherò di parlare spagnolo il più possibile» con la stessa tenerezza e cadenza di un ragazzino in vacanza a Ibiza) tra i fischi della folla delusa.

Foto: Christian Bertrand

Questi due episodi molto simili tra loro – oltre a una serie di piccole problematiche nella gestazione dei flussi migratori (in particolare l’errore di sottostimare la folla di Tokisha bloccando in maniera claustrofobica l’entrata e uscita dal suo palco) – ci spiegano due cose: un costante problema del Primavera con le questioni audio (l’errore con Rosalía è da matita rossa) e – soprattutto – che questa nuova wave di giovani artiste è qui con il coltello tra i denti pronta a non lasciare mezzo centimetro di spazio a possibili detrattori. Se il Primavera era stato uno dei primi festival a puntare sulle line up 50-50 (percentuale tra artisti uomini e donne), l’ultimo giorno dell’edizione 2023 di Barcellona grida girl power. Non solo la già citata Rosalía come headliner ultima del festival, ma una schiera di artiste intriganti come St. Vincent, Caroline Polachek, Laurie Anderson, Sevdaliza, Nia Archives, Kelela, Charlotte de Witte, Arlo Parks. Dall’altro lato invece War On Drugs, Calvin Harris, i Voidz con Julian Casablancas (avrà fatto pace con il pubblico del Primavera dopo il pacco dello scorso anno con gli Strokes?) e un improbabile Eliaj Wood (sì, proprio Frodo de Il Signore degli anelli) in dj set.

Foto: Eric Pamies

Ma essendo il terzo e ultimo giorno del Primavera significa che siamo arrivati alla fine ed è il momento di tirare le somme. Sicuramente – come cartellone – questo non è stato il miglior Primavera di sempre (ma lo sapevamo dall’annuncio della line up), ma rispetto alle problematiche organizzative della scorsa edizione, quest’anno tutto è andato nella direzione giusta, escluso il rischio incendio sul palco di Skrillex e i problemi audio sopra citati. Cosa ci lascia quindi questo Primavera?

Foto: Clara Orozco

Sicuramente il segnale evidente che è in atto un certo coachellamento dei festival europei. E non solo per la quantità di influencer portati dai brand e la ricerca quasi maniacale del pubblico del più strambo look-da-festival (categoria ampiamente sdoganata sui siti web dei negozi di vestiti), ma anche per il cambiamento che la Gen Z sta apportando all’esperienza in sé del festival, oggi sempre più lontana dall’attenzione sacrale verso musica e artisti (e forse per questo che i recuperi nostalgici non hanno funzionato come previsto) a favore di un più fluido e, perché no, meno dogmatico approccio alla manifestazione. Questo Primavera ha inoltre sottolineato come la musica di oggi si rivolga sempre di più al corpo e al ballo con un’edizione dominata da ritmi latini (reggaeton, latin rap, neo-perreo), hip-hop (trap, rap, drill) e UK sound (breakbeat, jungle, drum and bass). E cos’è il ballare se non una celebrazione manifesta del presente? E il Primavera Sound 2023 in fondo è stato questo: un reel della Gen Z che balla sulla fine del mondo.