Il concerto di Fibra è l’alternativa che ci meritiamo al fighettismo della Fashion Week | Rolling Stone Italia
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Il concerto di Fibra è l’alternativa che ci meritiamo al fighettismo della Fashion Week

Il pubblico che lo ha raggiunto a Sesto San Giovanni è, soprattutto, quello che è cresciuto con lui, che si è ritrovato quasi per caso a diventare portavoce di una generazione disillusa e sgangherata

Il concerto di Fibra è l’alternativa che ci meritiamo al fighettismo della Fashion Week

Foto di Sergione Infuso/Corbis via Getty Images

A Milano è tempo di fashion week: la città è invasa da outfit coordinatissimi, look improbabili, accostamenti audaci e visionari. Per contro, il Carroponte è una piccola oasi di rinfrancante ordinarietà. Se non sapessimo chi sta per salire sul palco, si direbbe un raduno normcore: felpe col cappuccio dai colori spenti, jeans né troppo attillati né troppo larghi, cappellini senza loghi o brand visibili, sneakers che non temono di impolverarsi. Soprattutto, c’è un’impressionante quantità di t-shirt targate Fabri Fibra: almeno una persona su dieci, tra quelle che incrociamo, ne indossa fieramente una (menzione d’onore alla ragazza mooolto incinta che sfoggia sul pancione la frase-simbolo “Io odio FF”). Il pubblico accorso fino a Sesto San Giovanni è orgoglioso della sua apparente banalità, si fregia della sua fandom come una bandiera e non ha intenzione di fingersi ciò che non è. Lontano anni luce dalla ribalta fighetta e un po’ menefreghista del rap di oggi, è figlio di quell’Italia provinciale e periferica, finanche noiosa e stantia, che il rapper ha sempre raccontato come nessun altro sa fare. È un pubblico cresciuto con lui, senza grilli per la testa o manie di protagonismo, ma con un sano spirito di ribellione e una grande dose di autoironia. Proprio come Fabri, che si è ritrovato quasi per caso a diventare portavoce di una generazione disillusa e sgangherata.

Per la patria adottiva di Fibra, che si è trasferito a Milano ormai quasi vent’anni fa, il cast annunciato è quello delle grandi occasioni: Madame, Lazza, Grido, Colapesce e Dimartino, Maurizio Carucci, sono solo alcuni tra coloro che incroceranno il microfono con lui. Gli effetti speciali, però, finiscono qui. Ad accompagnare Fabri sul palco, infatti, ci sono solo il suo storico e iper-virtuoso dj Double S e un light design minimale e d’impatto: scelta più che azzeccata, perché per Fabri il live è e resta una faccenda hip hop, e assomiglia tuttora a quello che portava in scena a fine anni ’90, quando sotto il palco c’erano solo una manciata di persone. Sa da dove arriva ciò che fa e ci tiene a trasmetterlo, tant’è che non manca mai di ringraziare i produttori che hanno firmato i beat dei vari brani – vedi alla voce Zef, Big Fish, 2nd Roof, Strage e tanti altri.

Non per questo si tratta di uno show nostalgico: i primi quattro brani, all’insegna della contemporaneità, sono le prime quattro tracce dell’ultimo album Caos (nello specifico Intro/cielo, Goodfellas, Brutto figlio di e Sulla Giostra). Man mano che la scaletta prosegue, è un alternarsi costante di grandi classici (La pula bussò, Applausi per Fibra, Rap in vena, Bugiardo, Vip in trip, Non fare la puttana), nuove hit (Fotografia, Pamplona, Calipso, Propaganda, Stelle) e chicche assortite. Non più tardi di qualche mese fa, nell’intervista che abbiamo realizzato con lui, ci raccontava che spesso sceglie di inserire nei suoi album alcuni pezzi perché sa che avrà voglia di farli dal vivo: dopo aver assistito a un suo concerto, è ancora più facile capire ciò che intendeva. Potrebbe fare scelte più opportunistiche, ad esempio suonare i suoi maggiori successi come In Italia anziché lasciare spazio a produzioni tutto sommato meno gettonate, ma è evidente che ci tiene a divertirsi, prima ancora che a divertire. E il risultato è che alla fine si divertono tutti.

L’affetto che Fabri Fibra porta nei confronti del suo passato, e soprattutto dei suoi fan della prima ora, è quasi commovente e testimoniato non tanto dalle parole, quanto da fatti e azioni concrete. Come la scelta di inserire in momenti cardine dello show brani senz’altro meno conosciuti rispetto ai suoi grandi successi, ma densi di ricordi, sia per lui che per chi li ascolta. Nello specifico, pezzi come Verso altri lidi, il piccolo grande capolavoro del 1999 che conclude l’album degli Uomini di Mare, Sindrome di Fine Millennio. O ancora, Luna Piena del 2002, uno dei brani più intimi e sentiti dell’allora misconosciuto e indipendente Turbe Giovanili. Il momento che però fa esultare come se fossimo allo stadio la piccola curva di rappusi incalliti in cui mi trovo, però, è l’arrivo di Deda sul palco, e l’annuncio che segue: Fabri ha realizzato un pezzo con strofa e ritornello di Neffa e beat di Deda, si intitola Universo e stiamo per ascoltarlo in anteprima. Per capire il perché siamo così gasati bisogna tornare al 1998, anno in cui Neffa, Deda e Al Castellana (altro collaboratore di lunga data di Fabri) realizzano insieme il prodigioso album 107 Elementi, forse il vero grande capolavoro dell’hip hop italiano. L’idea di rivivere quel momento storico è elettrizzante, e il beat di Deda sembra essere uscito proprio da quell’epoca: la vibrazione e le atmosfere ci riportano direttamente a perle come Nella luce delle 06:00. Per un attimo ci illudiamo perfino che Neffa, il cui contributo è pre-registrato, rapperà, ma naturalmente si tratta solo di una pia speranza: la sua strofa è cantata, così come il ritornello. Pazienza, resta un gran pezzo, assolutamente all’altezza del talento dei suoi creatori.

Il tempo è tiranno, e il concerto volge verso la sua naturale conclusione. Dopo La soluzione, Panico, Stavo pensando a te e la già citata Luna piena, Fabri esce brevemente di scena per poi tornare a grande richiesta con un bis che rappresenta il meglio delle sue due anime, la rapstar in grado di sbancare l’airplay radiofonico e il talento underground cesellato con maestria. Prima si lancia in quello che probabilmente è il suo più grande successo finora, Tranne te; poi, quasi a spiazzare e confondere le acque, attacca con Dalla A alla Z, la traccia più tecnica, complessa e ricercata dell’autoproduzione Turbe giovanili. La gente canta indifferentemente sia l’una che l’altra, a dimostrazione del fatto che le due facce della medaglia si integrano e completano alla perfezione. E, cosa ancora più strana di questi tempi, è talmente impegnata a cantare che buona parte dei presenti si dimentica di filmare il momento a uso e consumo dei social: i cellulari alzati sono davvero pochissimi. La FOMO e i momenti instagrammabili li lasciamo senza rimpianti ai frequentatori della fashion week.

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