C’è una coincidenza che ha reso il concerto di Lucio Corsi all’Ippodromo di Milano più di un semplice live: l’ultima data del tour post-Sanremo in concomitanza con un’eclissi totale che ha colorato la Luna di rosso. Un segno cosmico per chiudere un viaggio lungo 30 concerti, ma che il cantautore ha voluto subito riaprire: «Stare in tour è diventato come stare a casa», dice dal palco. «Voglio stare in tournée perennemente come Dylan».
Comunque andrà, non poteva esserci cornice migliore per il capitolo finale di questa storia. La scenografia è la stessa vista a San Galgano, anche se all’interno di un palco e di impianti enormemente più grandi: un gigantesco stereo, con le casse rivolte verso la platea e il batterista sospeso al centro come un sacerdote del ritmo. Il pubblico non poteva essere più trasversale, con una concentrazione particolare di bambini. Segno che il suo immaginario favolistico è in grado di parlare a tutti, in particolare ai giovanissimi. E, come una sorta di novello Piccolo Principe, ci ricorda che l’essenziale sarebbe sempre alzare lo sguardo.
La scaletta ha disegnato l’intero arco della sua carriera. Dal 2017 di Bestiario musicale con La lepre in versione acustica si è passati al 2020 di Cosa faremo da grandi? con Freccia bianca, Trieste, Amico vola via, La ragazza trasparente con l’armonica a bocca, Senza titolo sempre chitarra e voce, fino alla title track che lo fece scoprire alla critica e agli ascoltatori più attenti. Sono i momenti intimi, che restituiscono la sua vena narrativa primigenia. Poi ci sono stati stati il 2023 di La gente che sogna e il 2025 di Volevo essere un duro dove alza i toni con La bocca della verità, Danza classica, Radio Mayday, Orme, Magia nera. È la parte più teatrale: tra un costume di pelle nera e un frack con cappello bianco, cambia i costumi di scena sul palco o dietro le quinte ripreso da una telecamera, come a voler rompere la quarta parete tra lui e le migliaia di persone che ha di fronte. E, come ne La favola mia di Renato Zero, pare voler sottolineare che “mi vesto di sogno per darti se vuoi l’illusione di un bimbo che gioca agli eroi”. In Francis Delacroix, il fotografo-amico alla quale è dedicata si presenta con un busto per due vertebre rotte, segno che le scorribande raccontate non sono lontane dalla realtà. E Lucio cammina in equilibrio sulle transenne della prima fila dimenticandosi del cambio set: «Mi stavo divertendo troppo».
Foto: Francesco Prandoni
Si arriva così al presente, il 2025 di Volevo essere un duro: Sigarette, Il re del rave, Situazione complicata (dove anche una breve impasse musicale diventa occasione per mostrare mestiere), Tu sei il mattino, Questa vita, Nel cuore della notte (solo piano e voce). E naturalmente il brano sanremese Volevo essere un duro, che lo ha consacrato fenomeno mediatico e simbolo del nuovo cantautorato italiano. Nel mezzo, la cover in italiano di La gente bassa di Randy Newman e un testo senza musica sui parchi, un intermezzo recitato senza accompagnamento musicale che trasforma l’Ippodromo in un reading di slam poetry surreale: “È vero che gli alberi sanno scappare, in fin dei conti tutti lo sanno. Per questo i giardini sono recintati e chiudono a chiave i cancelli del parco. Ulivi costretti a marciare sul posto muovendo col vento soltanto le fronde. Gli alberi scappano meglio di notte senza portarsi dietro le ombre. Questa cosa che i parchi vengono chiusi di notte non mi torna. Secondo me qualcuno al Comune sa qualcosa che non ci vuole dire”.
Accanto a lui, la band storica che lo accompagna da quando erano adolescenti ha allargato la formazione per l’occasione: i fidati Iacopo Nieri (pianoforte, cori), Giulio Grillo (tastiere, cori), Filippo Scandroglio (chitarra), Marco Ronconi (batteria), Filippo Caretti (basso, cori) e Carlo Maria Toller (polistrumentista, cori), con le coriste Hiroko Hacci e Caterina Yuka Sforza, i fiati di Gregorio Cappelli, Enrico Gabrielli, Paolo Malacarne e Francesco Bucci e il percussionista Alex Pacho Rossi. Immancabile l’alter ego artistico e “fratello acquisito” Tommaso Ottomano a chiudere questa famiglia allargata.
Foto: Francesco Prandoni
Il finale è scritto nel cielo: prima di Altalena Boy e Astronave Giradisco, sopra Milano si conclude anche l’eclissi lunare e Lucio Corsi la osserva e annuncia: «Ci vediamo nei palasport, in quei coleotteri di cemento, e vedremo come suonano». Perché il viaggio non finisce qui. Dopo 30 date estive, lo ritroveremo infatti nel tour europeo 2026 nei club (da Lugano a Parigi, passando per Berlino e Londra) e il debutto nei palazzetti italiani con le prime tre date a Firenze, Roma e Milano.
Set list
Freccia bianca
La bocca della verità
Danza classica
Amico vola via
Radio Mayday
Questa vita
Trieste
Sigarette
La gente bassa
Il re del rave
Orme
La ragazza trasparente
La lepre
Senza titolo
Volevo essere un duro (con Tommaso Ottomano)
Situazione complicata (con Tommaso Ottomano)
Francis Delacroix (con Tommaso Ottomano)
Magia nera con Tommaso Ottomanoo)
Let There Be Rocko
Nel cuore della notte
Cosa faremo da grandi
Tu sei il mattino (con Tommaso Ottomano)
Astronave Giradisco
Altalena Boy
Francis Delacroix (con Tommaso Ottomano)
