Ieri sera Morrissey ci ha ricordato perché lo amiamo: la recensione del concerto a Gardone Riviera | Rolling Stone Italia
Di nuovo in Italia

Ieri sera Morrissey ci ha ricordato perché lo amiamo

In guerra col mondo armato delle sue canzoni (spoiler: “solo” cinque degli Smiths). Al Vittoriale di Gardone Riviera si è visto un artista dedito a costruire la propria storia invece di limitarsi a raccontarla stancamente

Ieri sera Morrissey ci ha ricordato perché lo amiamo

Morrissey al Vittoriale

Foto: Davide Mombelli

Altro che mai più in Italia. Altro che date annullate e casini a via Del Corso. Ieri sera al Vittoriale di Gardone Riviera (BS) è andata in scena la prima tappa del tour italiano di Morrissey e le cose sono cominciate molto, molto bene. Prima dell’inizio del concerto, sul grande schermo dietro al palco scorrono filmati che ripercorrono il pantheon dell’ex cantante degli Smiths, da Massimo Ranieri che canta Pietà per chi ti ama (siamo pur sempre in Italia) ai New York Dolls alla tv tedesca. L’Anfiteatro del Vittoriale è bello e raccolto, il cielo grigio sembra essere lì ad aspettare che Morrissey salga sul palco. Quando avviene è subito Shoplifters of the World Unite, è subito il ricordo degli Smiths. «È un grande onore essere di nuovo in Italia».

Peccato, sia detto a proposito di un’organizzazione altrimenti perfetta, per un equivoco non infrequente nel nostro Paese: quello di piazzare posti a sedere numerati davanti al palco dei concerti rock. I biglietti vengono venduti a prezzi spesso non popolari, ma poi in tanti si alzano in piedi anche per avvicinarsi al palco, e chi rimane seduto al proprio posto non vede niente e si lamenta con quelli davanti. Ieri abbiamo visto persone litigare, ed è difficile che poi si siano godute il concerto.

Cosa che invece è avvenuta per tutti gli altri, perché Morrissey ci ha messo poco a fugare i dubbi della vigilia, dovuti soprattutto alle non poche date cancellate di recente. «Chi viene trascurato sessualmente può produrre la migliore poesia del mondo», considera prima di lanciarsi in How Soon Is Now?, la cui chitarra ispirata a Bo Diddley porta e porterà per sempre la firma di Johnny Marr, che la esegue anch’egli nei propri concerti. A proposito, piazziamo qui un bello spoiler di cui avvertiamo chi sarà a Lucca (26 luglio), Roma (28, tutto esaurito), Catania (31) e Ostuni (3 agosto, tutto esaurito): ieri sera i pezzi Smiths sono stati soltanto cinque, i due già citati più tre ballad, forse proprio le più famose.

Morrissey, jeans Levi’s blu scuro e camicia in tinta aperta sul petto, non ha perso l’abitudine di presentare alcuni dei suoi pezzi con parole che non c’entrano molto con il pezzo stesso. O almeno così sembra, poi magari nella sua testa la connessione c’è eccome. «Non vi interessa, ma in Inghilterra la libertà di parola è stata bandita. Ma non siamo in Inghilterra» per All You Need Is Me. Oppure «tutte le canzoni sono una richiesta d’amore tranne questa» per The Loop, uno dei pezzi per soli fan certificati che Morrissey si diverte a inserire in scaletta. Lui è in gran spolvero, con una band (due chitarre, basso, batteria e tastiere) fatta su misura per riprodurre abbastanza fedelmente le versioni in studio dei pezzi, senza caratterizzarli con il proprio suono. Pare essere una scelta utile anche a lasciare in primo piano la voce del cantante, in ottima forma (la voce, lui è bello tondeggiante, questo va detto).

Foto: Davide Mombelli

Sono puro Morrissey anche i botta e risposta col pubblico. «Ti amiamo!» gli grida qualcuno. «Molto strano» risponde lui. Oppure «Sposami!», «Quando? Perché?». Il tutto avviene sotto lo sguardo un po’ severo di Lou Von Salomé, che torna spessissimo sul maxischermo. Si tratta dell’affascinante donna russa che fu la probabile ispiratrice di Così parlò Zarathustra di Nietzsche. Una delle prime donne a praticare la psicoanalisi, tanto da frequentare le lezioni di Freud, di cui fu amica.

«La guerra è vecchia, l’arte è giovane» c’è scritto sulla batteria. Morrissey però non rinuncia a ricordarci che da tempo immemorabile è in guerra con il mondo. Prima del primo bis, che poi sarà anche l’ultimo, fa un po’ la vittima. «Per i pensieri che mi sono passati per la testa ho pagato caro, e le cose non migliorano. Ma voi me le rendete più facili, e per questo vi amo» dice. Poi però durante Last Night I Dreamt That Somebody Loved Me un problema tecnico gli fa saltare la mosca al naso. Niente Irish Blood, English Heart, allora: il concerto finisce così, e con l’immagine disturbante, anche se è un trucco cinematografico d’epoca, di un uomo che si fa saltare le cervella con una pistola.

Non sono molti gli artisti che hanno esordito tra gli ultimissimi anni ’70 e i primissimi ’80 e che durante i loro live del 2025 danno l’idea di essere ancora dediti a costruire la propria storia, invece di limitarsi a raccontarla più o meno stancamente. Viene in mente Nick Cave, forse l’esempio più eclatante. Alla stessa categoria appartiene anche Morrissey che, dopo undici anni di assenza dall’Italia, ieri ci ha fatto ricordare perché lo amiamo.

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