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I Ministri fanno tremare le sedie

Come scatenarsi in modo responsabile. Per far entrare tutti in tempi di norme anti-Covid, ieri hanno fatto due set a Milano, coi fan rincorsi dalla security e loro che facevano i matti, sì, ma con giudizio

I Ministri fanno tremare le sedie

I Ministri al Magnolia

Foto: Chiara Mirelli

Quando lo scorso inverno i Ministri hanno messo insieme le tracce che avrebbero segnato il loro ritorno di scena con l’EP Cronaca nera e musica leggera erano consapevoli che portare quei brani in tour non sarebbe stato facile. Un progetto così duro, «un panino di rock» come lo definisce il chitarrista e paroliere della band Federico Dragogna, ha subito sollevato le preoccupazioni dei promoter che intravedevano le difficoltà del proporre sul palco un set elettrico dirompente in un contesto, la seconda estate di musica dall’inizio della pandemia, che privilegia set acustici e atmosfere più rilassate. Il rischio era che il pubblico, sull’onda della potenza del rock, non si regolasse e fosse più incline a non rispettare le normative anti-Covid. Eppure, anche questa volta i Ministri hanno seguito la loro strada, che li ha portati fino a una delle ultime tappe del tour, il Circolo Magnolia, lo spazio a ridosso dell’Idroscalo che ha visto crescere il trio milanese. Qui i Ministri sono a casa e a casa, Coronavirus permettendo, le regole le decidi tu.

Nell’adeguarsi al decreto governativo che disciplina gli spettacoli dal vivo i Ministri, per non lasciare fuori nessuno, hanno disposto due concerti in fila, uno alle 20.20 e uno alle 22.30, ma sono diverse le persone che hanno acquistato un biglietto per entrambi i set. Per questo la band ha cercato di variare un po’ la scaletta dei due spettacoli e soprattutto di lasciare più spazio possibile alla spontaneità così da trasmettere l’unicità del qui e ora in tutti e due i live. E anche se, come racconta nel backstage il batterista Michele “Michelino” Esposito, centellinare le energie non fa per loro, il secondo set non perde un filo di potenza, anzi, complici anche i problemi tecnici che hanno segnato il primo e la presenza nella scaletta del secondo di un brano che sfonda il soffitto come Diritto al tetto, i Ministri fanno tremare le sedie, che a un loro concerto non si erano mai viste, anche e ancor più nel secondo spettacolo.

Cronaca nera e musica leggera viene suonato integralmente e proprio perché il progetto è a tinte forti il trio cerca di bilanciarlo con brani un po’ meno impetuosi. Spiega Davide Autelitano, Divi per i fan, voce e basso, un paio d’ore prima dell’inizio del concerto, quando i Ministri sono già vestiti in bianco e le bellissime giacche disegnate per loro dallo stylist Nicolò Cerioni in collaborazione con Francesca Cotton li aspettano in camerino: «Con il fatto che ci sono le sedute scegliendo le canzoni più vecchie volevamo che facessero un po’ da contraltare e che valorizzassero ancora di più quelle dell’EP». E così trovano spazio nella scaletta brani come Mentre fa giorno, Sabotaggi, Cronometrare la polvere, Gli alberi, Una palude. Contraltare si fa per dire: i fan si alzano di continuo, rincorsi dalla security, e chi non lo fa, aggrappato alla sedia, sembra un po’ un batterista heavy metal incatenato a garanzia della sicurezza dei presenti.

Clicca sull’immagine per guardare la fotostoria del concerto, di Chiara Mirelli:

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Un amico anni fa mi diceva che anche un concerto dei Rammstein se lo godeva di più stando fermo al suo posto, prestando la massima attenzione alla musica, ma i fan dei Ministri sembrano essere meno d’accordo dei Ministri stessi, che spiegano: «Anche noi in questo tipo di situazione abbiamo trovato alla fine una quadra e abbiamo recuperato il senso più puro del suonare, del piacere di suonare e spero che la gente possa approfittarne per recuperare invece il piacere di ascoltare la musica, uscendo un po’ dal cliché della situazione del concerto fatto in una certa maniera. Se c’è un aspetto positivo è questo, poi è ovvio che siamo ancora distanti anni luce da quella che è la forma perfetta per noi per fare questo mestiere e la gente lo sa».

Accompagnati da Marco Ulcigrai alla seconda chitarra e accompagnati allo stesso tempo, anche se non sul palco, dall’intera squadra che segue la band, ringraziata dal gruppo in un periodo in cui ricordare quante persone si muovono dietro alla musica è più importante che mai, i Ministri pestano sugli strumenti, grondano di sudore negli abiti bianchi, ricordano i drammatici fatti del G8 di Genova e invocano il diritto a un tetto per chiunque, corrono tra il pubblico, invitano i fan all’ossimoro di scatenarsi in modo responsabile. Nella speranza che il prossimo tour, sempre che le condizioni sanitarie permettano che di tour si possa parlare, possa essere diverso. Stando alle parole di Divi, questi live sono un purgatorio dopo essersi lasciati alle spalle l’inferno. Ora si punta al paradiso. Anche se l’aria che tira non sembra essere delle migliori. «Speriamo di tornare in tour a breve ma la situazione, come si sta profilando, non è ristorante. Comunque non subito, se ne parla da novembre in poi, sperando che possa essere un momento in cui anche la policy sui vaccini possa davvero aver dato i suoi frutti perché se no con i concerti al chiuso diventa impraticabile», spiega il trio.

Un’ora circa di live per set è poco per i Ministri che portano alta la bandiera dell’alternative rock con lo stesso approccio delle origini: «Sicuramente non facciamo canzoni come caramelle imbustate pronte per essere gustate», commenta Michelino. Non solo, il fatto che per gli artisti da tempo stia diventando ogni giorno più difficile vivere di musica per i Ministri è un problema solo fino a un certo punto: «Abbiamo le radici in anni dove la musica era davvero un discorso che si ambientava anche dentro situazioni di politica e problematica sociale e quella cosa lì ci ha dato un imprinting. Conserviamo quella stessa idea di fare musica nonostante tutti gli smottamenti e i cambiamenti sia culturali che del mercato musicale. Il profitto legato a questi temi, allora, era quasi un problema, quasi un’eresia. Trovateci una nuova e migliore sostenibilità, noi nel dubbio andiamo dritti». Magari sopra gli alberi, così in alto che nessuno se ne accorgerà.

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