Metallica, il report del concerto di Torino | Rolling Stone Italia
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I Metallica si piegano ma non si spezzano

Mentre va in scena la finale di Sanremo, i Metallica incasellano la prima data italiana del loro tour, tra un omaggio a Morricone e una cover di Vasco. Hetfield e soci vanno avanti di mestiere, ma sul palco sono ancora delle macchine da guerra.

I Metallica al PalaAlpitour di Torino. Foto IPA

I Metallica al PalaAlpitour di Torino. Foto IPA

Dopo aver attraversato tre decadi tra successi epici e qualche battaglia contro i mulini a vento, i quattro cavalieri del metal non sembrano affatto domi. A dimostrarlo ci sono: un esercito di fan devoti, delle nuovi canzoni che sembrano animate dalla grinta di un tempo e un tour europeo sold out praticamente ovunque (le prossime date nel Belpaese sono entrambe a Bologna, il 12 e il 14 febbraio).

Nel warm up del concerto, uno striscione sugli spalti detta la prima suggestione delle serata. Oggi è il 10 febbraio: il ritorno dei Metallica a Torino coincide casualmente col giorno del compleanno del compianto Cliff Burton; e arriva proprio nell’anno in cui i fan della prima ora della band (ma non solo) hanno ufficialmente lanciato una petizione online per istituire il “Cliff Burton Day”, in memoria della storico primo bassista della formazione losangelina, morto in un tragico incidente stradale, secondo i più nel corso dell’apogeo creativo dei Metallica.

La ricorrenza diventa un modo, volendo romantico, per salutare il nuovo corso che i Metallica sembrano voler inaugurare, dopo ben 8 anni di assenza, con il loro ultimo disco Hardwired… To Self-Destruct. Un lavoro che sembra voler unire i puntini della carriera dei quattro metalhead — dalle schegge thrash degli esordi alle suite heavy della consacrazione; così come il monumentale concerto sabaudo ha coniugato passato e presente provando a mettere d’accordo tutti, dal fan duro e puro del “suonare veloce” all’ascoltatore-medio di inni rock radiofonici.

Ciò che risulta evidente dopo aver assistito ad uno show antologico e curato nei minimi dettagli è che i Metallica di oggi puntino più di ogni altra cosa alla dimensione live: vogliono portare la gente nel loro habitat naturale, ovvero nella bolgia dei palazzetti. Al netto dei passi falsi in carriera o d’un più o meno fisiologico calo di ispirazione, infatti, la truppa d’assalto guidata da capitan Hetfield si conferma una inarrestabile macchina da concerto.

La cavalcata dei Four Horsemen nella motorcity si apre rievocando le atmosfere del western all’italiana sulle note di Ennio Morricone e, in circa due ore, una scaletta sorniona quanto basta alterna i pezzi di Hardwired… To Self-Destruct (la doppietta iniziale, giusto per scaldarsi) ai cavalli di battaglia della band (il trittico immediatamente successivo – formato da Seek & Destroy, Leper Messiah e Welcome Home – che inizia a far salire il termometro dell’arena).

“The Metallica’s Family is here” ruggisce in un moto d’orgoglio quel vecchio leone di James Hetfiled, sottolineando poi come il culto heavy metal comprenda e unisca ormai più generazioni: “È fantastico vedere ad uno show dei Metallica anche bambini e bambine!”.

Oltre a sorprendere, però, lascia anche un tantino sbigottiti la cover piazzata a metà set: nientemeno che una versione sotto steroidi di C’è chi dice no di Vasco Rossi, cantata per di più da un improbabile Robert Trujillo. Preferiamo decisamente la cover di Am I Evil? dei Diamond Head ma prendiamo questo omaggio al Blasco come un divertissement… anche se c’è da scommettere andrà sicuramente a polarizzare le opinioni all’interno della già variegata fanbase dei Metallica!

Tra gli assoli di un Hammett mai sopra le righe e le ormai proverbiali imprecisioni di Lars Ulrich alla batteria, i quattro “old men” (come scherzerà lo stesso Hetfield) giocano sul velluto con capolavori come Sad but True, One e Master of Puppets, per poi piazzare il colpo del K.O. con la combo Nothing Else Matters ed Enter Sandman.

Avvolti in una scenografia è a dir poco spettacolare – con il palco piazzato come di consueto al centro del palazzetto e sormontato da cubi semoventi sui quali venivano proiettate foto d’archivio della band, visual o semplici giochi di luce – i Metallica ci mettono il cuore, ma anche tutti i trucchi del mestiere.

Diciamo che James, Lars, Kirk e Bob danno l’impressione di essere degli ultra-quarantenni che si divertono a “fare i Metallica”, ma portano a termine in maniera granitica e pressoché impeccabile uno show un po’ didascalico ma in parte anche coraggioso, con la giusta dose di nostalgia e soprattutto con il piglio dei fuoriclasse assoluti.

Per essere dei “rocker bolliti”, come li etichettano gli haters, la pensione sembra ancora lontana. Perché Sanremo è sempre Sanremo, ma i Metallica sono ancora i Metallica.

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