Rolling Stone Italia

I Gomma dal vivo si divertono di gusto

Si muovono e parlano il giusto e non se la menano manco per finta. Si divertono piuttosto, e se scappa un sorriso non c'è nessuna posa da fare passare per nasconderlo

Foto di Eliana Giacchieri

Ritorno a Schio dove avevo assistito tempo fa a un festival post-hardcore e trovo la stessa atmosfera incandescente, colma di gioia e partecipazione. Stasera però si esibiscono i Gomma nel loro Sacrosanto album. Studiati a tavolino, fake, ammanicati con non si sa chi, figli di papà o di mamma generosa, i quattro se ne sono sentiti dire (o scrivere, sui social ovviamente) praticamente d’ogni, rendendomeli istantaneamente due volte più simpatici. Insomma, bisognava indagare prima che una stupida prevenzione per un prodotto (comunque) di successo, in apparenza quasi a prescindere, mi riservasse la solita serata di zapping televisivo.

Un pubblico giovanissimo (ma non mancano i trentenni, e poi comunque ci sono qua io ad alzare la media) scalpita moderatamente e di certo non invoca l’uscita della “rockstar” di turno, attitudine dei bei tempi andati che fa sperare al meglio nell’attitudine dei presenti. Chi si attendeva, nel bene e nel male, una versione posticcia di un gruppo grunge, come da videoclip di Verme, probabilmente sarà rimasto deluso dal look total-black che azzera qualsiasi velleità di flanella a quadri. Il concerto neanche ha preso il via che Ilaria con i suoi fedeli inizia a guadagnar punti senza muovere un muscolo: dimostrando una genuina personalità che se ne infischia di tutte le aspettative che un video o una serie di coloratissime foto promozionale innescano in un ipotetico pubblico.

Luci sparate fisse: Fantasmi. Dall’impianto di amplificazione accatastato a bordo palco si spara un volume da far sembrare il festival post-hardcore di cui parlavo una roba per mammolette. Forse è eccessivo ma riesce ad accentuare il suono intramontabile del rock and roll. Questa sera declinato nelle sue varianti post-punk, alt-rock ed emo-core. Una splendida storia, sentita oramai centinaia di volte ma condita da altre parole, cantate in italiano, che ci catturano con la loro semplicità (Elefanti, Quarto Piano) e la loro efficacia (Balordi, Pessima Idea) ma soprattutto ci danno una vera boccata di ossigeno in un contesto contemporaneo in cui il senso del racconto e quello della frase sembrano essersi dissolti in un branco di autori dislessici e/o analfabetizzati. Non so di preciso quanti anni abbia Giovanni e non mi frega più di tanto saperlo (non sono Manuel Agnelli e i Gomma non sono certo i Maneskin), non so se il suo background comprenda June of 44 e Texas Is The Reason o si fermi a Massimo Volume, Fine Before You Came e ‘sticazzi, questa musica rimane la più esatta, la più giusta. Riassemblata, cotta bene, rimessa insieme con originalità un’altra volta in un contesto diverso – perché il mondo va avanti ed è giusto che sia così, senza macchinosi giochini a chi ce l’ha più lungo.

I Gomma dal vivo sono punk rock assemblato con una base ritmica monolitica, bassi, anzi un signor Rickenbacker da far rivoltare (in senso reale) lo stomaco. Si muovono e parlano il giusto e non se la menano manco per finta. Si divertono piuttosto, e se scappa un sorriso non c’è nessuna posa da fare passare per nasconderlo. Così nella brumosa Padania, nel bel mezzo del nulla, emerge un simulacro di vitale energia che racconta argute microstorie che non fanno sempre e soltanto della sfiga post-adolescenziale il filo rosso della narrazione – nonostante il disagio sia uno dei temi cardine della scaletta. Temevo follemente i comizi da terapia di gruppo che invece assolutamente non si sono ascoltati, evitando e per fortuna tutta quella noia ripetitiva da Top 10 della Sfiga che ha un po’ rotto.

La scaletta che ne viene fuori è varia e omogenea. Dove le picaresche voglie di rivalsa quotidiane di Vacanza, la stupenda Falò, all’insegna del adagio “Ti credi infame ma io sò più infame di te”, come le vorticose sarabande ebbre che da Alessandro a Foresteria, fan saltellare tutte le prime file senza stare a piangersi sempre addosso. Così passa in scioltezza questa serata, sempre sospesa tra ironia e malinconia, che vale più di tante lezioni di musica e di vita lette da qualche critico su Facebook.

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