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Ho visto i Metallica lasciare commossi il palco di Firenze Rocks

Alla fine del concertone di ieri sera James Hetfield aveva gli occhi lucidi. Prima dei Metallica, Blind Monkeys, Jerry Cantrell e i Greta Van Fleet, che dal vivo spaccano anche se sembrano i Led Zeppelin

Foto: Giuseppe Craca

Ho appena visto i Metallica lasciare commossi il palco di Firenze. Chiedetemi se sono felice.

Ora, sinceramente: potrei mettermi qui a fare l’elenco di tutto quello che è stato o non è stato suonato, di com’era quel riff o quell’attacco di batteria, ma sarebbe tutto molto evanescente, superfluo. Fuori fuoco.

Il punto è un altro: i quattro di San Francisco hanno calato la maschera di fronte al proprio pubblico. Quella maschera che si portano dietro da oltre 40 anni, che li ha sempre definiti come divi del rock, primedonne del metal, star egomaniache all’ennesima potenza (se vi servisse un reminder, in questo senso, guardatevi Some Kind of Monster e poi ne riparliamo), gli avidi cattivoni che fanno causa ai poveri utenti per bloccare Napster, così da poter continuare a speculare sull’amore e la passione dei propri fan (ah, a proposito: 20 anni più tardi, possiamo dire che forse non avevano tutti i torti!?). E in particolare loro due, James e Lars, lo ying e lo yang della band, i padri/padroni di questa milionaria macchina da soldi. Ecco, non me ne vogliate, di concerti ne ho fatti parecchi, ma vedere due così, visibilmente commossi al termine di uno show, non è proprio roba da tutti i giorni.

Foto: Giuseppe Craca

«We missed you a lot!», grida un emozionato Hetfield al proprio pubblico. Credimi James, ci siete mancati anche voi. Questi due anni di pandemia non hanno abbattuto solamente le certezze di chi va ai concerti, ma pure quelle di coloro che ne sono i protagonisti. Non c’è più niente di scontato, non c’è più niente di assoluto. Si naviga a vista e così ogni occasione diventa un tributo alla vita, che del doman non v’è certezza, come disse un certo Lorenzo, particolarmente celebre da queste parti.

E allora abbandoniamo ogni indugio e prendiamo quel che viene: e quel che viene, ieri sera, è stato un signor concerto. Praticamente tutti i pezzi in scaletta sono presi dai primi cinque classici album dei Metallica: l’iniziale Whiplash, pescata dal debutto Kill ‘Em All, lascia subito intendere che questa sarà una serata speciale. È Ride the Lightning il disco più omaggiato, album capolavoro dal quale vengono estratte Fade to Black (con annesso appello contro il suicidio da parte di Hetfield), Creeping Death, Trapped Under Ice e For Whom the Bell Tolls.

Il palco è diverso dalle sere precedenti: c’è una pedana che tracima nel pit, proiettando di fatto la band in mezzo al proprio pubblico. Bellissimo. Ampio spazio viene dato anche al Black Album, il disco col quale milioni di persone hanno iniziato ad ascoltare i Metallica ed allo stesso tempo l’album colpevole di aver alienato la parte più hardcore e intransigente della fanbase del quartetto. Trujillo è il solito tarantolato, Hetfield è il capobranco, Lars è sul pezzo e Kirk conferma il proprio storico amore per l’horror sfoggiando prima una chitarra con La mummia di Boris Karloff e poi un’altra decorata tipo tavola oujia.

Foto: Giuseppe Craca

Protagonisti prima di loro i lanciatissimi Greta Van Fleet, tanto bravi quanto derivativi. Spaccano? Sì. Sembrano i Led Zeppelin? Assolutamente sì. Questo è quanto, prendere o lasciare. Sembrano usciti da un’altra epoca, per costumi e atteggiamenti («L’assolo di batteria è una roba d’altri tempi», dice non a torto un mio amico) e questo è il loro bello, ma anche il loro limite. Detto questo, sono in forma, tengono il palco benissimo e fanno un gran concerto. Il pubblico, per loro, si spella le mani.

Incurante della calura, Jerry Cantrell, fondatore e autore per una delle formazioni fondamentali del rock anni ’90, gli Alice in Chains, si presenta sul palco elegantissimo con camicia e gilet. Oltre ai brani del suo ultimo album solista Brighten, infila un poker di pura nostalgia difficilmente ripetibile: No Excuses, Man in the Box, l’ipnotica e suggestiva Rooster e la conclusiva Would?. Layne Stailey, ahimè, non c’è più e non sarà più con noi, ma oggi la sua assenza si è sentita un po’ di meno. Ai milanesi Blind Monkeys, invece, il compito rompere il ghiaccio col pubblico per la conclusiva giornata del Firenze Rocks.

Il concerto dei Metallica è stato, molto semplicemente, una cosa bella. Una cosa bella dopo due anni di merda. Per noi e per loro. Grazie ragazzi.

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