A un certo punto durante la liturgia sonora messa in piedi dagli Spiritualized, che hanno chiuso la serata di sabato del Barezzi Festival, la stratificazione di noise, shoegaze, soul e psichedelia trasforma il suono in qualcosa di così tangibile e fisico da pensare che Jason Pierce voglia davvero buttare giù a colpi di chitarra elettrica il Teatro Regio di Parma. Una sensazione che non sentivo da tempo e che di sicuro ha portato tutto il pubblico della serata da un’altra parte se è vero, come dice Kevin Shields dei My Bloody Valentine, che a un certo volume e a una certa frequenza le onde sonore entrano in contatto con le onde cerebrali e ne modificano la modulazione. Un orizzonte che ti fa passare sopra il fatto che non abbiano fatto Come Together e soprattutto Ladies and Gentlemen We’re Floating in Space.
Ma prima ancora, un’altra artista ha cercato di rivoltare dalle fondamenta quel Teatro. Anja Franziska Plaschg, in arte Soap&Skin, della quale colpevolmente ammetto di aver perso le tracce, costruisce un’altra liturgia, questa volta “in negativo”, che non vuole elevarti verso l’assoluto ma portarti nella dimensione dell’inquieto oscuro. Un concerto in cui convivono assalti sonori rumoristi e citazioni di musica classica (la suggestione per cui più che gli Einstürzende Neubauten si sta assistendo a uno strano ma avvincente omaggio a Penderecki insieme al Giuseppe Verdi del Dies Irae in quel di Parma rende tutto ancora più affascinante), decostruzioni della storia della musica pop – un set che spazia con le cover di Doors e Nina Simone, Sufjan Stevens, David Bowie e Velvet Underground, Tom Waits e Lana Del Rey – e un lavoro innovativo e non consolatorio sulla voce (tra la Nico di Desertshore e la Diamanda Galás di The Litanies of Satan, non a caso due dei dischi più spaventosi del Novecento) dove l’ambizione molto alta è comunque al servizio della musica e delle canzoni, dimostrando che il barocco, l’eccesso e la sperimentazione possono convivere in modo convincente e affascinante.
Molto curioso e bello che tutto questo non stia succedendo a Londra, a Barcellona o ad Amsterdam, ma a Parma. Quando parliamo di preservare e rilanciare la “biodiversità” musicale si parla anche di questo. Il Barezzi Festival si svolge da 19 anni e nasce per far incontrare stili e generi musicali con un occhio al locale (le giornate si sviluppano anche attraverso una serie di concerti nei bar e nei ristoranti in cui artisti della città trovano spazio) ma con un orizzonte internazionale — con un pubblico, dicono gli organizzatori, sempre meno stanziale, che raggiunge la città da tutta Italia e con un pubblico europeo in crescita — portando in un posto solitamente estraneo ai grandi giri artisti di primo piano, esclusive e situazioni per cui la gente si sente spinta a prenotare treni, alberghi e macchine per venire a vedere. Di ’sti tempi mica poco.

King Hannah. Foto: Andrea Amadasi
La dimensione del boutique festival è forse quella che merita di più la nostra attenzione in un periodo in cui il gigantismo — tra stadi e superfestival — rischia di mangiarsi quel poco di attenzione e soldi che ci rimane. Una risposta concreta a un problema che tutti sanno indicare ma non sempre si sa come risolvere. La situazione ideale, e me lo ha detto anche Tom Smith degli Editors — qui presente per presentare in esclusiva italiana il suo disco solista There Is Nothing in the Dark That Isn’t There in the Light in uscita il 5 dicembre, in una chiacchierata che leggerete fra qualche giorno sempre qui su Rolling Stone — è proprio ritornare in quei posti e valorizzare quelle situazioni in cui alla fine artista e pubblico in qualche modo riescono a entrare in contatto, guardarsi, parlarsi e scambiarsi spazio e tempo vitale. Un po’ un ritorno all’essenza e alle radici dei motivi per cui gli artisti hanno preso in mano gli strumenti e il pubblico che ha riempito il Teatro Regio di Parma (1100 posti circa) negli anni ha deciso di investire tempo e risorse in una incredibile passione a perdere come la musica. Ecco perché situazioni come il Barezzi rappresentano un patrimonio da preservare anche se magari qualcuno pensa che immediatamente non abbia ritorno (non solo economico, considerando il ruolo non secondario delle amministrazioni pubbliche in questo tipo di manifestazioni) e da far conoscere sempre di più.
Ma se del sabato abbiamo già detto, la prima serata – sempre a Teatro – ha visto King Hannah portare il miglior regalo di compleanno possibile per gli 80 anni di Neil Young in una situazione in cui un suono ricco e secco, teso tra echi West Coast e staffilate post punk, esce con una potenza inedita e finalmente convincente. Alla terza volta che li vedo, sono finalmente convinto di essere davanti a una grande band capace di sintetizzare tutta la musica che amo (dire Neil Young è riduttivo ma rende l’idea, perché nella proposta dei King Hannah ci sono anche il Paisley Underground di Rainy Day e Opal, il dream pop di Mazzy Star, il chitarrismo essenziale ma ambizioso di Tom Verlaine, la voglia di intrecci vocali tra Fleetwood Mac e CSNY) in una formula che al giorno d’oggi non fa praticamente nessuno – forse solo loro, i Wednesday e MJ Lenderman…
Dicevo di Tom Smith. Il cantante degli Editors ha sentito il bisogno di staccare da un universo complesso come quello di una band di successo per tornare alle basi e ai fondamentali. L’anteprima di questo suo disco solista presentato al Barezzi ci mette davanti a un songwriter fatto e finito. Un artista con una sua personalità e una sua volontà di imporsi come autore a tutto tondo. Del resto stiamo parlando del tizio che ha scritto Smokers Outside the Hospital Doors (qui proposta a chiusura del set in una dolente versione per chitarre acustiche). Il pubblico di Parma lo capisce e risponde con un calore gigantesco tributando applausi non solo per i pezzi della band — ad esempio Papillon, Munich, An End Has a Start in versione unplugged — ma anche alle canzoni che ancora non conosce e che saranno parte del disco come Lights of New York City, Leave, Life Is For Living e Broken Time. La voce di Smith, una delle più potenti e particolari d’Europa, si presta benissimo a toccare tutte le sfumature di un disco che spazia tra vari stadi di emotività, non scavalcando mai la dimensione intima che è propria di un concerto sostanzialmente voce e chitarra.

Tom Smith. Foto: Andrea Amadasi
Fuori dal teatro, nel piccolo spazio di Borgo Santa Brigida, a chiudere il venerdì, il concerto di Mille, che sta portando in giro per l’Italia il suo ultimo disco Risorgimento in una sequenza di sold out confermati da concerti energici e carismatici, in cui Elisa Pucci dimostra di avere talento e presenza. Mi piace lo spudorato caleidoscopio di pop italiano di cui riesce a fare buona sintesi e mi piace il suo essere totalmente spudorata nel non nasconderlo, creando una connessione col pubblico effettivamente rara, che canta tutte le canzoni, conosce i pezzi a memoria e sembra essere partecipe di testi che parlano di precariato e incertezza, malinconia urbana e paura del futuro, con un taglio da “estate italiana” che rende tutto molto bello, ironico senza essere distaccato e teatrale senza essere artefatto.
Visto che gli Spiritualized hanno fallito nel buttare giù il teatro a colpi di feedback, sappiamo che Barezzi Festival tornerà sperando che la dimensione boutique continui a migliorare senza perdere la vocazione all’eccellenza con nomi sempre più interessanti.













