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Elisa spacca anche sull’acqua

Siamo stati a Tramonti a Nord Est, la tre giorni ideata dalla musicista con concerti in barca e sui moli. Oltre a lei anche Tananai, Gemitaiz, Samuel, Shablo, Emma, Dardust. Il racconto

Elisa spacca anche sull’acqua

Elisa e Tananai insieme per Tramonti a Nord Est

Foto: press

Che cosa rappresenta un tramonto? C’è chi, idealmente, sostiene che si tratti di «un fenomeno intellettuale», come Fernando Pessoa. E chi invece, più pragmaticamente, ne rimane colpito perché «mi emoziona sempre er sole che more», come Franco Califano. Fatto sta che è difficile, nonostante tutto, rimanerne indifferenti. Figuriamoci se, di fronte a un tale spettacolo naturale, aggiungiamo alcuni artisti che si esibiscono mentre fluttuano sulle acque del mare e le luci del giorno si infrangono tra le onde. L’effetto è di essere catapultati in uno scenario estatico fra cielo e terra, sole e luna, luce e buio, realtà e sogno. Tutto questo è Tramonti a Nord Est, il primo floating festival – cioè festival galleggiante – del Friuli Venezia Giulia, ideato dalle sorelle Elisa ed Elena Toffoli, sostenuto dalla Regione e organizzato da Friends & Partners.

Noi ci abbiamo trascorso tre giorni, l’intera durata dell’evento, e vi raccontiamo perché, nonostante sembri di tornare ai primi anni del 2000, questo non sia per niente negativo. In particolare visto cosa sono diventati i concerti nel 2025. In fondo lo ha ammesso anche Elisa durante la conferenza stampa del primo giorno che il progetto era nato molto tempo fa: «Con mia sorella ne parliamo da sempre. All’inizio pensavamo a un tour su una barca, che si fermasse in tutti i porti per approdare e fare un concerto e poi ripartire. Veniamo da una famiglia molto legata al mare, nostro nonno lavorava nei cantieri e costruiva le navi, papà faceva il sommozzatore della Marina, aveva anche un ristorante di pesce e ci ha messo in mare fin da piccolissime. Siamo cresciute con questo elemento e il rapporto con il mare è un sentire comune per chi vive nel golfo».

Le difficoltà, però, non mancano. «In una produzione sull’acqua tutti devono adattarsi, dagli artisti ai tecnici. Però la magia che si crea tra gente e barche è unica. Poesia e magia enormi». Aveva ragione. È stato un crescendo in tre serate, una più emozionante dell’altra, che si sono svolte tra la magnifica Piazza Unità d’Italia di Trieste, con il palco allestito di fronte alla storica nave della Marina Militare Palinuro, nel golfo di Panzano davanti a Monfalcone, con allestimento direttamente su un caicco, e infine nella laguna di Grado sul molo dell’isola Fiuri de tapo.

Foto: press

Nel primo live, in Piazza Unità d’Italia, ci pensa Tananai a riscaldare il clima già infuocato dai 30 gradi all’ombra. Ha prima empatizzato con la piazza, cercando spesso il sostegno e l’interazione con il pubblico, oltre 10 mila persone presenti, poi la porta nel suo mondo in un abbraccio collettivo al tramonto. Attinge dai brani più noti del suo repertorio, da Booster a Veleno, passando per Baby Goddamn, la recente Bella Madonnina e l’immancabile Tango cantata da tutti i presenti con smartphone spianati. Il momento clou, però, è il duetto con Elisa in Ragni. A seguire Gemitaiz con alcuni dei suoi brani più forti ed evocativi, da Davide a Senza di me sa Oro e Argento a Bene, perfetto staffettista per passare il testimone a Mace che con la sua miscela di elettronica lisergica e visionaria ci conduce al traguardo, ma non prima di essere stati coinvolti anche fisicamente. Compresa Elisa, che di fronte al palco non si risparmia ballando con collaboratori e amici fino allo sfinimento.

Per il secondo concerto si passa dall’affaccio sul mare all’acqua del golfo di Panzano, di fronte a Monfalcone, dove un’area di 40 mila metri quadri con un centinaio di barche presenti è coperta da un impianto audio posizionato su un barcone, mentre a bordo del caicco Tango, poco distante, i musicisti si alternano sul palco. Noi giornalisti ci arriviamo in gommone, per poi stazionare su un traghetto dal quale è visibile una suggestiva panoramica a 360 gradi. Così, più del palco in sé, a rubare la scena è il pubblico che, in piccoli gruppi e ognuno su una propria imbarcazione diversa, partecipa a ogni esibizione cantando, ballando e interagendo con gli artisti, andando a creare una sorta di curioso happening marittimo. Sarà l’esclusività della situazione (chiaramente a numero chiuso), l’intimità che dona ogni barca (c’è anche chi, durante i live, fa il bagno) o l’incantevole tramonto vissuto da tutti a sfioro sul mare, ma la sensazione è quella di ritrovarsi a un enorme raduno piratesco nel quale qualsiasi libertà è concessa.

A godersi i concerti c’è anche Piero Pelù sul traghetto condiviso da artisti e giornalisti, tanto che, a un certo punto, abbiamo pensato sarebbe salito anche lui sul palco. Non è accaduto, ma dà l’idea del clima familiare con il quale ha voluto impostare questo progetto la direttrice artistica. Seguono Samuel dei Subsonica (anche direttore artistico dell’Eolie Music Fest), che trasforma il golfo in un enorme club, e Shablo con special guest Joshua e Rkomi. Quest’ultimo interpreta versioni inedite di Il ritmo delle cose e Dirti no, dall’ultimo disco Decrescendo, scarnificate dalla salsedine, e un duetto con Elisa in Blu Part II, prima che lei commuova il centinaio di barche presenti con A modo tuo.

Foto press

Il terzo e ultimo spettacolo di questa rassegna è, probabilmente, il più intenso. Anche perché l’unione fra Elisa, Emma, Dardust e un tramonto davvero mozzafiato, nel bel mezzo di una bassa marea, ha reso l’intera esibizione un piccolo gioiello. A Grado, su un palco montato sopra al molo dell’isola Fiuri de tapo, apre Dardust non convincendo però subito gli spettatori, divisi sulla sessantina di barche ammesse allo spettacolo (devono rispettare anche determinate caratteristiche tecniche), i quali hanno lanciato qualche mugugno all’indirizzo del molo. Ma procedendo, e complice l’abbassamento del caldo e l’immersione nel mood di una riserva naturale (questo il motivo del volume leggermente inferiore), l’intro musicale di Dardust al pianoforte, supportato da un quartetto d’archi, conquista i presenti e li accompagna verso l’ingresso di Emma, a quanto pare attesissima dai molti fan presenti. La cantante riperre alcuni dei suoi successi, da Amami a Quando le canzoni finiranno, fino ad Apnea, per poi lasciare spazio a Elisa, che nella performance finale si supera: canta quasi una ventina di canzoni, chiama a gran voce la partecipazione della sua gente (persino promettendo di pagare la cena a chi fa il miglior balletto sulla barca), dà lezioni di vocalità sia in brani più struggenti che in altri più rockeggianti e arricchiti da acuti memorabili, fino alla chiusura con Emma nell’omaggio alla sua terra, che ha risposto con tanto calore all’iniziativa, con una straziante Luce (Tramonti a nord est) proprio di fronte a uno di quei meravigliosi tramonti.

In definitiva, che cosa ci rimane dopo tre serate come quelle trascorse a questo festival? Sicuramente tre esperienze totalizzanti, nelle quali la forza e la bellezza della natura si sono fuse con la musica. Un evento ancora imperfetto sotto diversi punti di vista, ma che ha proprio in queste imperfezioni alcuni dei suoi pregi, con quel ritorno a un’era a cavallo tra analogico e digitale (i famosi anni 2000). La tecnologia c’è, ma non riesce a cannibalizzare gli spettacoli. I cellulari possono riprendere tanto, ma non riescono a restituire esattamente cosa è accaduto. Il numero chiuso, che potrebbe sembrare un limite, diventa un valore aggiunto e un freno alla massificazione in atto altrove. L’apparente scomodità di certe location – ma con particolare attenzione all’accessibilità per le persone disabili, con tanto di audiodescrizione sui monitor per i non vedenti e i sottotitoli in tempo reale per persone sorde – si trasforma in una esperienza che, ormai abituati ad avere qualsiasi cosa di fronte a uno schermo, torna a donarci una vitalità spesso dimenticata. Insomma, se le sorelle Toffoli volevano restituirci ciò che per loro hanno rappresentato il mare e la musica, oltre ai paesaggi del Friuli Venezia Giulia, ci sono riuscite.

Ora, però, c’è una domanda che dovrebbe riecheggiare in tutti coloro che hanno partecipato e che si può parafrasare in ciò che cantava Elisa: avremo cura di tutto quello che ci hanno dato?

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