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Che goduria il concerto indecente di Cosmo

Musica contro il decoro. Canzoni riarrangiate, comunione e liberazione di corpi, lanci di pizze, bollini sulle fotocamere, capezzoli liberi. “Com’è che non riesci più a volare?”, chiedeva De André in una vecchia canzone. Ieri sera all’Alcatraz di Milano Marco ha dimostrato che si può ancora prendere il volo
Cosmo

Foto: Fabiana Amato

Fette di pizza che passano di mano in mano tra il pubblico, capezzoli al vento, banchetti di Greenpeace e Mediterranea, riferimenti alla Palestina e discorsi contro «gli assassini» che fanno morire la gente in mare, allusioni alle droghe e ai cavalli, simulazioni di penetrazioni anali. Non è il Pride e nemmeno una performance di teatro sperimentale in un centro sociale, è solo Cosmo che è tornato in città.

È tornato più precisamente all’Alcatraz di Milano, il luogo dove, come ha ricordato dal palco, tre anni fa ha messo in scena il primo concerto senza distanziamento sociale dall’inizio della pandemia e dello stop forzato alla musica dal vivo. Da quel 2021 Cosmo ha organizzato un festival di concerti e set in consolle dove ha annullato del tutto la distanza tra performer e pubblico, ha fatto dj set lunghi più di sei ore in giro per l’Italia, ha tenuto la sua prima tournée all’estero e ha infine intrapreso un viaggio introspettivo e “alieno” sulle ali di un cavallo bianco, che l’ha portato a comporre il suo album più intimo e diverso dai precedenti, al fianco dell’amico e produttore Not Waving.

Riatterrato sulla Terra, si è ritrovato – lo ha detto nella digital cover di Rolling Stone – con un hype vicino allo zero e poco propenso a cercare di recuperare la fetta di pubblico raccolta dopo il salto nel mainstream di Cosmotronic e subito persa con il successivo La terza estate dell’amore. Poco importa: se un artista è chi esplora nuove dimensioni, dove altri difficilmente potrebbero permettersi di addentrarsi, allora il Cosmo di questo tour a supporto di Sulle ali del cavallo bianco è un artista.

Da tempo cerca di abbattere le barriere nella fruizione della musica dal vivo, portando la corporeità del clubbing nella canzone; l’onda sensoriale dei free party nei concerti; la spontaneità di una festa tra amici con qualche buon disco nelle logiche discografiche (“è musica no fabbrica”, ve lo ricordate?). Il live all’Alcatraz è frutto di questo: più che un concerto è un fluire di energie dove i brani proposti, specie quelli dei dischi precedenti, vengono riarrangiati da cima a fondo. Cambiano le basi, a volte anche gli strumenti, la velocità, le tonalità, le aperture e le code. Sono pezzi totalmente diversi, solo le parole e la linea melodica sopravvivono: un concerto di Cosmo non è mai uguale a quello del tour precedente.

L’obiettivo è non perdere la connessione tra pulsazione e persone, a costo di dover mettere all’ingresso dei bollini adesivi sulle fotocamere dei telefoni del pubblico – vale per tutte le 14 date – perché foto e video non si frappongano fastidiosamente tra la musica e i corpi. Lo aveva anticipato negli scorsi mesi ma questo è il primo tour in cui lo mette in pratica. Dopo un paio di pezzi l’ex Drink to Me ci scherza pure: «Ho visto già qualche telefono alzato, le persone vicine possono cercare di intervenire per aiutarli a smettere». E garantisce: non si tornerà più indietro, gli smartphone non guasteranno mai più la magia della notte.

Cosmo è schiavo, in positivo, della sua visione artistica, ovvero sgretolare ogni possibile blocco energetico e, vedi Sulle ali del cavallo bianco e la collaborazione con Not Waving, rendere le canzoni sempre più melodiche e la produzione sempre più folle. Questo approccio informa non solo i pezzi dell’ultimo disco – proposto integralmente, nessuna canzone è stata lasciata indietro – ma anche tutte le altre, che sembrano arrivare dalla stessa dimensione onirica dell’album, che presta il suo immaginario anche estetico al palco e ai suoi abitanti: sullo sfondo campeggia un cavallo bianco alato, agli strumenti sono appesi drappi e piumaggi bianchi, tutti i performer sono vestiti in total white.

È assurdo come il disco più personale, per certi versi delicato e meno zarro del cantautore sia anche quello con la resa dal vivo più vorticante, quello in cui techno e trance si inseriscono con più potenza e armonia rispetto alle precedenti esibizioni. Per oltre due ore Cosmo si dimena nella sua discoteca, sfasciona e raffinatissima insieme, mentre mischia L’ultima festa a The Rhythm of the Night, si inserisce in ogni interstizio del singolo Troppo forte per tirarne fuori la hit da dancefloor che è, si esalta nel vedere che le persone non cantano solo Le cose più rare, Quando ho incontrato te, Le voci, Sei la mia città, Animali, Tristan Zarra o L’amore, ma anche tutti i nuovi brani, a neanche un mese di distanza dall’uscita dell’album.

Foto: Giorgio Perottino

C’è molta volgarità in questo live. È la volgarità di Animali: “La vita è volgare / Uomo o donna / È comunque animale”. Nel ringraziarla, insieme a tutte le altre persone che hanno partecipato alla realizzazione del live, Cosmo dice che durante il dj set che ha aperto il concerto Simona Beat ha infilato le mani nelle mutande a tutte e a tutti. «A me le ha infilate dappertutto, me le sono sentite ovunque». Prima ancora si accuccia per simulare, con un microfono retto da Pan Dan, una penetrazione anale. Pan Dan che, mano a mano che il live procede, scopre sempre più i seni fino a interpretare gli ultimi brani a seno nudo. Nelle canzoni poi i riferimenti al sesso, al piacere o al mondo animale come simbolo di carnalità sono moltissimi.

È una forma di volgarità, sempre che così si possa definire, che sembra chiedere costantemente: cosa è davvero volgare? Una performer che con il suo corpo porta il tema della sproporzione nella percezione di un corpo femminile e di uno maschile? Una messa in scena in cui Cosmo ribadisce tra le righe la libertà di orientamento sessuale? È sostanzialmente una volgarità etica la sua, accompagnata dalla cura di utilizzare sempre, ad esempio, anche la forma femminile nel rivolgersi a un gruppo che include uomini e donne. Rivolta contro l’indifferenza, rabbiosa verso chi approfitta del proprio potere per rendere la vita difficile a chi di potere non ne ha. Pronta a fare scandalo pur di veicolare un messaggio importante e collettivo.

Con un disco del genere era scontato che il tour sarebbe stato notevole. Ma un tale vortice di musica e significato, dove anche i brani più privati come Tutto un casino o Il messaggio diventano atti liberatori comunitari grazie all’intensità e alla capacità di connessione, rende quella di Cosmo un’esperienza musicale preziosa. Per la forma e per il contenuto. Altro che hype a zero, Cosmo non ha mai volato così in alto.

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