Billie Eilish è un plebiscito | Rolling Stone Italia
tra cameretta e realtà

Billie Eilish è un plebiscito

Niente corpo di ballo, niente movimenti d'anca, tanta sincerità e, certo, l'immancabile karaoke. Ieri sera, all'Unipol Arena di Bologna, il pubblico l'ha incoronata. E lei, con i suoi occhi languidi, è stata al nostro gioco

Billie Eilish

Billie Eilish in concerto a Bologna

Foto: Henry Hwu

Le persone urlano che pare una manifestazione. In Italia oggi e ieri è referendum, la stagione dei concerti e delle spiagge è sdoganata e i meme, sui social, circolavano da qualche giorno: vai a sentire Billie Eilish, certo, ma prima passa in cabina elettorale. Non so quanti degli aventi diritto al voto presenti la sera dell’8 giugno all’Unipol Arena di Bologna avessero timbrato la scheda, prima di arrivare lì, ma la votazione era d’un solo pezzo e un solo cuore: Billie, Billie, Billie.

La venue è sold out per l’unica data italiana di una delle maggiori popstar al mondo. Ancora fa strano, usare questa definizione per una ragazza classe 2001 (si dirà ’01, adesso?) che ha cominciato in cameretta, che canta soprattutto testi tristi o comunque venati di oscurità, che per lo show porta una grande produzione, certo, ma non una grande coreografia, non un grande corpo di ballo, e manco si cambia d’outfit. Non puoi dire che è l’età, pensa a Sabrina (Carpenter) e alle child star prima di lei. Non puoi dire “è la musica”, perché Billie Eilish Pirate Baird O’Connell, con suo fratello Finneas, non ha mai fatto altro: pop. Contemporaneo, va bene, però pop.

Fuori dai cancelli, una manciata di secondi prima dell’inizio si accalcano ancora al botteghino: Billie, Billie, Billie. Cinque sì? Chi lo sa. Tre Billie di sicuro. Li dissipano, non c’è posto, lasciate stare. Era dall’infortunio alla caviglia sul palco di Milano che Billie non passava di qua, dovranno aspettare ancora. La sera prima, agli I-Days di Milano, Dua Lipa aveva addirittura cantato in italiano, omaggiando Raffaella Carrà e la musica italiana. La ragazza venuta d’America no: non un ciao, non pronuncia mai la parola Bologna, né tantomeno Italia. Dirà che è felice di essere a suonare nella nostra country. Dove siamo? Chi siamo?

Il pubblico in effetti è eterogeneo. Ci sono le conosciute “ragazzine che urlano”, oh yes. Sono tante e appassionate, le cantano tutte ed ecco che ritorna l’effetto-karaoke dei grandi concerti dei grandi nomi. Per che cosa pago fior fior di biglietto, se sentirò solo l’adolescente in bandana di fianco a me? Che magari una volta è Billie Eilish davvero, ma di norma… Non sono le sole, però. Non si nascondono nemmeno: ci sono, i maschi, in veste di fratelli, fidanzati, papà, però pure ascoltatori sinceri, un po’ di tutte le età. Quella media, comunque, non sembra sollevarsi troppo. Anche perché, avete presente quelli che “brava Billie Eilish, eh, ma proprio non è il mio, forse sono vecchio”? Il gap generazionale è reale. Anche perché di solito il commento si accompagna a un: «eE poi è troppo triste».

Billie Eilish

Billie Eilish. Foto: Henry Hwu

Non che le canzoni felici abbiano mai fatto la storia della musica. La frase però è notevole: negli outfit si vedono borchie, pantaloni più o meno a vita bassa ma sempre tagliati tra il ginocchio e la caviglia, qualche trucco pesante e io ritorno ai miei sedici anni, ribellione & Avril Lavigne. Può Billie Eilish essere the new emo? O meglio: la nuova faccia di un genere esistenziale prima ancora che musicale, che dimostra di non staccarsi di dosso?

Lascio aperta la questione, perché qui intanto si suona. Billie esce da un cubo ricoperto di led e comincia Chihiro: tutto salta per aria. Sopra il suddetto cubo, uno stuolo di schermi contorna il palco-piattaforma centrale. In mezzo, la “buca dell’orchestra”, leggasi, la band che l’accompagna sta al livello inferiore. La base manco servirebbe, ci pensa questo pubblico. Billie canta, bene e precisa. Ha la tenuta sportiva a cui ci ha abituato, Billionaire Boys Club, team Eilish. E da come si muove sul palco è questo che sembra: una sportsperson, un giocatore fortissimo al giro della vittoria. Corre, salta, finisce a librarsi in aria. Balla, si infila sotto il palco e porta con sé una videocamera per riprendersi in POV. Gli schermi ci tengono aggiornati di tutto, molto forte, incredibilmente vicino. Billie gira ormai tutti i videoclip delle sue canzoni, l’immagine le piace e si vede. Chissà che, dopo aver vinto il mondo nella musica, non decida di fare un saltino dalle parti dei set cinematografici.

Comincia un’ora e mezza di live che darà spazio anche a qualche pausa. Nessun discorso grande, però, solo amore verso il pubblico e la promessa che «quando ne avremo bisogno, lei sarà la nostra voce». Fuori dal cantato parla con una vocina buffa, Billie, quasi una seconda persona in senso latino a frapporsi tra il suo corpo e i presenti. Ha gli occhi più tristi del mondo, oceano. Magari è legittimo, per una giovanissima che è abituata all’essere giudicata, più che all’essere riconosciuta, dagli altri (così direbbe la mia psicologa).

Le hanno detto che era grassa, che non era femminile, che risultava persino antipatica. Nel documentario disponibile su Apple TV+, Billie Eilish: The World’s a Little Blurry, la strada che l’ha condotta alla presa di coscienza in due atti di Happier Than Ever e Hit Me Hard and Soft si spiega tutta: un rapporto complicato con le amicizie, l’istruzione impartita a casa, essere diventata troppo grande, molto presto. E poi, arrivando in tempi più recenti, l’outing sulla sua sessualità, la pressione a intestarsi cause e bandiere, il bisogno di risposte da parte della gente. Ma risposte de che? Ma guardatela qui, sul palco, quella tra cameretta e realtà, e piantatela.

Perché in quella cameretta un po’ ci riporta insieme a lei: si sdraia sul palco, si siede per terra a gambe incrociate, vive quello spazio come fosse suo per sempre davvero, non solo per un pugno di ore. Forse non serve salutare Bologna perché una camera è uno spazio-tempo, ovunque uguale a se stesso. “Parlare a tutti” si dice, no? Billie lo fa anche dal palco, ci chiede come va, lo copre tutto come un’atleta, si ostina persino a cantare e nello stesso tempo incita a liberarsi, a fare più casino possibile. Si gode la festa a modo suo, senza risparmiarsi. Ammicca rinunciando a essere sexy, o meglio, essendolo a modo suo. Niente colpi d’anca, ma tanta vibe. È chill. Non è la popstar che ci aspettavamo, ma quella di cui avevamo bisogno.

Le ragazzine che urlano l’hanno capito meglio di voi: arrivano i suoi primi (e primissimi) piani sugli schermi, gli occhi languidano come Scarlett Johansson e non se lo tengono dentro, come Marilyn. «Bona!», «sei bellissima», qualcuno potrebbe svenire. La serenata proprio parte, a un certo punto, tra lo sgomento di un’artista che forse, quest’accoglienza all’italiana, non se l’aspettava nemmeno. Seiiiii bellissimaaaaa intonano tutti. Lei che l’unico centimetro di pelle che lascia scoperto, sono i polpacci.

Ed è vero, e Billie Eilish non è figa ma è proprio bella. Un piccolo magnete molto sicuro di sé sul palco, d’altronde è del Sagittario e forse è il tempo passato davanti a uno specchio, seduta sul letto con le cuffie, che rende tanto sicuri dell’immagine che si proietta. Le mamme che accompagnano le figlie si dovrebbero baciare i gomiti: che esempio, questo esempio, per le ragazze. Che nuovo modello a cui aspirare.

Billie Eilish

Billie Eilish a Bologna: Foto: Henry Hwu

Nel mentre si continua tra brani nuovi e greatest hits, poco cambia perché tutte, tutte le sanno. Lunch, NDA, i telefoni brillano come accendini sopra Wildflower. Bury a Friend incendia il palco, I wanna, I wanna end me, non respiri nemmeno ed ecco le luci verdi, è proprio il feat. con Charli XCX, Guess, peccato che l’amica non sia comparsa sul palco. Prima di far continuare la festa, un piccolo medley di Lovely, Blue e Ocean Eyes. Billie si siede a suonare. La vorrei per me, per essere sua amica. Come si dice l’impossibile? Con una canzone. Vorrei saper scrivere canzoni.

Vabbè. Che inizi la festa. L’Amour de Ma Vie dà il colpo di grazia e fino alla fine è solo un crescendo. Un canestro dopo l’altro. Sono i Mondiali, le Olimpiadi, siamo tutti campioni. Mi viene da cantare? Per nulla. L’energia attorno rompe il fiato. Chissà se lei si diverte. Chissà se è persino troppo facile, stare in una piazza che non può essere in disaccordo con te.

Ieri sera, a Bologna, è stato un plebiscito. Never let us go, Billie. Tienici stretti sempre.

La set list del concerto
Chihiro
Lunch
NDA
Therefore I Am
Wildflower
When The Party’s Over
The Diner
Ilomilo
Bad Guy
The Greatest
Your Power
Skinny
Fix You
Bittersuite
Bury A Friend
Oxytocin
Guess
Everything I Wanted
Lovely / Blue / Ocean Eyes
L’amour De Ma Vie
What Was I Made For?
Happier Than Ever
Birds Of A Feather
Blue

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