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A Bologna le Sardine hanno festeggiato il loro Primo Maggio

Quello con Afterhours, Subsonica, Marracash è stato un po’ concertone dei sindacati e un po’ MTV Day. ‘Bella ciao’, battute su Salvini e Borgonzoni, la benedizione da lontano di Guccini: il (vecchio) rock italiano ha preso posizione

Foto: Michele Piazza

“Fammi far qualcosa che serva”, urla Manuel Agnelli di fronte ai 40 mila di Bologna. E quell’imperativo – che undici anni fa piombò su Sanremo – nella piazza delle Sardine sembra trovare per la prima volta il proprio significato completo. Musica e politica sono tornate a braccetto nel capoluogo emiliano-romagnolo, in un ‘concertone’ che ha restituito un’atmosfera a metà tra un 1° Maggio anni ’90 e un MTV Day di inizio 2000. Un po’ per i nomi (Afterhours, appunto, ma anche Subsonica, Modena City Ramblers, Marlene Kuntz e Bandabardò), ma anche per il messaggio: contrastare l’avanzata del populismo a una settimana da un voto cruciale per il futuro dell’Emilia-Romagna e non solo. Con un’intenzione in più: “Metterci finalmente la faccia”, come arringa ancora Manuel, capopopolo che sembra essere sempre al passo con i tempi, perché – citando ancora Il paese è reale – “è anche per te, se il paese è una merda”.

Ad ascoltare c’erano almeno tre generazioni: dai cinquanta-sessantenni eterni compagni, a quelli che l’inventore degli umarells Danilo Masotti chiama adultoscenti, che si fanno trascinare come una volta dalle icone di vent’anni fa, fino ai giovani di oggi scatenati davanti a Marracash, che in un quarto d’ora ha condensato un set rapido quanto strepitoso. Il palco è in piazza VIII Agosto, grande tre volte Piazza Maggiore, dove due mesi fa le Sardine si rivelarono all’Italia con un pienone inaspettato per contrastare l’arrivo in città di Matteo Salvini. Un concerto organizzato in crowdfunding: 70 mila euro raccolti in pochi giorni. “Siamo 40 mila, abbiamo già vinto”, esulta la sardina numero uno Mattia Santori, dopo neanche un’ora di musica. La cifra è forse azzardata (a novembre le Sardine si sottostimarono, ma si sa che l’esperienza insegna), ma il colpo d’occhio dall’alto è imponente. È solo musica, dirà qualcuno, ma mai come in questa campagna è stata importante. Alcuni rapidi esempi: Matteo Salvini ha citato J-Ax e Fedez (“comunisti col Rolex”) per attaccare i suoi nemici politici e ieri ha cavalcato la polemica sulla presenza di Junior Cally al Festival. Stefano Bonaccini, il candidato del centrosinistra, ha voluto sul suo palco Alberto Bertoli e Raoul Casadei, senza dimenticare l’appoggio di Francesco Guccini, che dall’esilio di Pavana non ha mancato di pungere Lucia Borgonzoni, “una che non la vota nemmeno suo padre”.

L’apertura è stata affidata a MaLaVoglia, giovane cantautore ravennate, che ha composto 6000 (siamo una voce), brano diventato presto l’inno delle Sardine: “Siamo l’Italia che si sta rialzando, spargete voce stiamo arrivando”. La prima scossa con gli Skiantos, che trasformano per l’occasione uno dei loro inni in Ci piaccion le Sardine. Bologna si gode lo spettacolo e si prepara al trittico ‘resistente’ Casa del Vento-Bandabardò-Modena City Ramblers, che culmina in una Bella ciao cantata a 40 mila voci. Una seconda versione è affidata ai Marlene Kuntz: ritmo diverso, ma medesimo messaggio per una canzone – dice Cristiano Godano – “che oggi è divisiva, ma è un dispiacere, perché nasce per celebrare la libertà”. Pif mette all’asta una felpa ‘Emilia-Romagna Padania’ (ricaverà quasi 200 euro, da donare a una Ong: “Matteo, pensaci: così i 49 milioni li recuperi subito”), mentre Vasco Brondi canta la sua Emilia paranoica tra Zavattini e Luigi Ghirri.

Tocca ai big. Gli Afterhours attaccano con Non è per sempre (e Bonaccini forse farebbe gli scongiuri), poi Manuel legge le parole del nazista Hermann Göring al processo di Norimberga: “Per far scoppiare una guerra, basta spaventare la gente, imbottirla di paura finché non scoppia il fegato come un’oca, finché non si trasforma in odio irrazionale e sguaiato: io ci trovo qualche analogia, voi no?”. I Subsonica scelgono un set d’altri tempi: Discoteca labirinto, Aurora sogna, Depre, Liberi tutti e Tutti i miei sbagli, con Max Casacci che chiede a Bologna “di risvegliarsi e risvegliare tutti quanti”. Chiude Marracash: “Il sonno della ragione vota Lega”, ripete, prima di chiudere con Greta Thunberg, un manifesto di politica contemporanea a bpm accelerati: “La mia razza si estingue, i ricchi andranno su Marte, ai poveri non cambierebbe più di tanto”.

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