Linecheck: ‘Collaborazione’ è la parola-chiave per la musica in Europa | Rolling Stone Italia
news musica

Linecheck: ‘Collaborazione’ è la parola-chiave per la musica in Europa

«Ci troviamo in un momento difficile e meraviglioso allo stesso tempo per l'industria musicale». E, per navigarlo al meglio, bisogna instaurare un dialogo che comprenda tutti gli attori della scena europea

Linecheck: ‘Collaborazione’ è la parola-chiave per la musica in Europa

Foto: @linecheck_it

Quali sono i punti di forza dei talent (e delle imprese) europei del mondo della musica? Questa la domanda-guida che ha condotto il panel ‘Accelerate Tomorrow’s Talent’ ospitato a Linecheck (la principale conferenza e festival musicale in Italia) nella giornata del 23 novembre, e parte della serie di dialoghi Music Moves Europe, iniziativa guidata dall’Unione Europea che prevede lo svolgersi di serie di dieci appuntamenti distribuiti su quattro anni, coincidenti con le principali conferenze musicali di tutta Europa.

L’evento, tenutosi presso gli spazi di BASE Milano, ha avuto come speaker professionisti dell’industria musicale da tutta Europa ed è stato moderato da Robert Levine, Deputy Editorial Director di Billboard US. Sul palco insieme a lui Daniele Giliberto (Head of Product, Musixmatch Pro), Camila Anino (Head of Partnerships and Programming, Primavera Pro & Primavera Sound), Nur Al Habash (General Manager, Italia Music Lab), Alexander Richter (Managing Director, A&R Entertainment GMBH) ed Eleonora Bianchi (Head of Digital Services & Consumption, Universal Music Italia).

Ad aprire la conversazione sono state le considerazioni di Richter, che hanno preso il via da alcune esperienze localizzate sul mercato tedesco per scattare la fotografia dei rapporti tra mercato interno nazionale e internazionale nello spazio europeo. Prendendo esempi recenti come Tokyo Hotel o Annenmaykantereit, la riflessione si è condotta su che cosa voglia dire “avere successo”: per alcuni artisti potrebbe voler dire avere ottimi risultati nella propria nazione di appartenenza, per altri ricercare l’espansione in altri mercati. Quando fu il turno dei Tokyo Hotel, per esempio, scelsero l’inglese come lingua alternativa delle proprie canzoni così da avere maggiore presa internazionale. Per gli Annenmaykantereit, invece, cantare in inglese è un’alternativa divertente, spesso associata alle cover.

Al Habash si è unita alla riflessione partendo proprio dal ruolo centrale (o meno) dell’inglese nella strategia di crescita di un artista. «La “barriera linguistica” si sta sgretolando sempre di più, lo vediamo con gli artisti latinoamericani, asiatici, ma anche in Italia con i Måneskin o Sfera Ebbasta, capaci di conquistare le classifiche internazionali. Certo, i Måneskin cantano anche in inglese, ma credo sia più legato all’act rock che propongono. La musica europea non è più dominata dall’inglese, di un artista contano flow, immagine e valori. Lo si vede soprattutto nelle generazioni più giovani, che tendono a essere community, e non solo pubblico, per i propri beniamini. E community vuol dire che la musica veicola un messaggio comune, non solo intrattenimento. Questo si sposa con un’altra considerazione: spesso un artista sceglie di non tentare la strada dell’estero perché nel proprio paese ha già ottimi risultati. Il mercato interno europeo, da questo punto di vista, è molto forte, e se per emergere a tutti i costi sull’internazionale ci si snatura, meglio non farlo».

«È vero, il mercato interno ai singoli paesi sta crescendo sempre di più», conferma Eleonora Bianchi. «Questo è sia una sfida che un’opportunità per gli attori dell’ecosistema musicale, e naturalmente anche per le label. Si ascolta più musica “locale”, ma spesso le band che hanno un orizzonte nazionale sono più piccole. Questo significa più contratti, più effort da parte della squadra, e soprattutto più lavoro di scouting. Consideriamo infatti che, in Italia, l’85% circa delle classifiche è dominato da artisti locali. Ci troviamo in un momento difficile e meraviglioso allo stesso tempo per l’industria musicale, dove i dati diventano sempre più importanti. Parte del loro scopo è restituirci una fotografia di quanto sta accadendo nel panorama soprattutto a livello di trend e gusti del pubblico. La sfida è intercettare la finestra di potenzialità per legarsi all’audience prima che si chiuda».

Con Daniele Giliberto di Musixmatch Pro, la discussione tocca un altro punto fondamentale per il futuro dell’ecosistema musicale: il suo rapporto con gli strumenti sempre più precisi e versatili che la tecnologia può offrire. Musixmatch è la leading music data data company al mondo, il che significa che forniscono dati, strumenti e servizi per rendere l’esperienza musicale più fruibile e “allargata” per tutti gli attori in gioco, artisti in primis. «Quello che vogliamo fare è permettere a tutta l’Europa di integrare sempre di più il modo in cui si interagisce nel settore musicale. Vogliamo dare nuovi mezzi a chi lavora nel settore, per esempio permettendo a un artista di usare al meglio il prodotto del suo ingegno, a cavallo di diverse piattaforme».

Nel segno dell’integrazione si è mosso anche l’ultimo intervento, quello di Camila Anino. «Il Primavera Sound è da sempre un punto di incontro prezioso tra artisti, pubblico e industria, e questo vale anche per gli artisti emergenti. Ricordo sempre con piacere il fatto che il Primavera abbia ospitato Rosalía un anno prima del suo primo album di successo mondiale, e cioè nel 2017. Quindi di sicuro noi, come gli altri festival europei, abbiamo importanza fondamentale, in quanto forniamo agli artisti una possibilità di mostrarsi agli altri stakeholder del settore. Spesso però si sente parla di “competizione” per l’industria musicale. Visto che è solo una parola, trasformiamola come ci pare: io dico “collaborazione”. Abbiamo tutti lo stesso obiettivo, supportare gli artisti. Allora dobbiamo farlo insieme».

Altre notizie su:  Linecheck Milano Music Week