Le migliori entrance song nella storia del wrestling | Rolling Stone Italia
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Le migliori entrance song nella storia del wrestling

Da Hulk Hogan a John Cena, passando per “Stone Cold” Steve Austin e The Rock. Tutti i colossi dello sport più amato e discusso d’America hanno avuto la loro canzone per salire sul ring. Ecco il best of

Le migliori entrance song nella storia del wrestling

Hulk Hogan nel 2009

Foto:Matt Jelonek/WireImage via Getty Images

La prima volta in cui ho visto dei miei amici maschi piangere, la notizia della morte di Eddie Guerrero era cosa freschissima. Correva l’anno 2005, il WWE SmackDown veniva trasmesso su Italia 1 da un paio d’anni – e sarebbe continuato ancora fino al 2007, chiudendo poi i battenti dopo l’omicidio/suicidio di Chris Benoit –, e se c’era una cosa su cui eravamo tutti d’accordo, era che quel “don’t try this at home” che anticipava ogni incontro (e che ci ricordavano sempre i commentatori Giacomo Valenti e Christian Recalcati) ormai valeva come il rimprovero della mamma di turno che assisteva a una Batista Bomb eseguita dai figli sul divano di casa: zero al quoto.

Il fatto è che il wrestling era una cosa americana (anzi: americanissima), ma quei wrestler raccontavano storie di faide o alleanze, tradimenti o unioni, che avevano la capacità di parlare anche a noialtri. Ovvero, a quel pubblico universale che oltretutto vedeva nei personaggi così ben caratterizzati per vizi o virtù, lo schema con cui si costruiscono i buoni e i cattivi nei cartoni animati (muscoli talvolta inclusi). Tanto che ci bastava conoscere un po’ quegli Eddie Guerrero, John Cena, Rey Mysterio, Triple H, The Undertaker e via dicendo, per decidere se fare il tifo per loro, o se urlare anche noi quel “you suck!” del pubblico in arena; se limitarci ad attaccare il loro poster in camera, o fare pericolosamente le loro mosse sul divano di casa. Il tutto mettendo a volume altissimo la musica che accompagnava ogni loro ingresso, e che già da quel momento li rappresentava. E faceva gasare noi. Tantissimo.

Real American
Hulk Hogan

C’è qualcosa di più americano della Statua della Libertà? Sì: Hulk Hogan. Classe 1953, sebbene le origini di Terrence Gene Bollea portino da queste parti, dal 1977 il wrestler dal baffo biondo platino è stato (e forse è tuttora) la massima rappresentazione dello sport degli americani, fatto dagli americani. Non a caso, la canzone che accompagna dal 1985 il suo ingresso sul ring è Real American (composta da Rick Derringer) che è diventata, sì, una delle theme song più famose della storia del wrestling, ma anche un inno al patriottismo americano che è ormai storia. Tanto che è stato pure realizzato un video dove le immagini del guerriero in mutanda gialla che picchia duro e guida la Harley Davidson si alternano a quelle di personaggi come George Washington e Abraham Lincoln. Come si dice? God bless America. E preservi un monumento nazionale come Hulk Hogan.

Pomp and Circumstances
Randy Savage

Prima regola: avere personalità. Un po’ come quella che Randy (Mario Poffo) Savage ha sempre portato sul ring, sin dal debutto nel 1985. Mantelle di paillettes, giacche colorate con frange lunghissime, cappelli da cowboy e occhiali da sole con scritte (o disegni) sulle lenti: Randy Savage è stato l’atleta che ha incarnato al massimo non solo lo spirito degli anni ’80; ma anche quello del perfetto wrestler che fa mosse pazzesche con in testa fascette fluo e ingressi trionfali con archi e tamburi d’orchestra. E cosa c’è di più trionfale di quella Pomp and Circumstance – op. 39, marcia n.1 – di Sir Edward Elgar? Composta nel 1901, la marcia è diventata celeberrima anche grazie a quel “macho man”, che se la cucì addosso fino al ritiro nel 1994. Proprio come una delle sue (tante) canotte animalier.

I Won’t Do What You Tell Me
“Stone Cold” Steve Austin

Vetri che si rompono, riff di chitarra e una promessa che è nel titolo: I Won’t Do What You Tell Me. La canzone del compositore di wrestling hit Jim Johnston sprigiona rock, un tot di cazzimma e la voglia di alzare il dito medio al mondo. In pratica: di essere come “Stone Cold” Steve Austin, il wrestler classe 1964 che ha sempre voluto mettere in chiaro (fin dal suo ingresso) di essere uno spaccaculi che non deve niente a nessuno. Come altri, anche Steve Austin nel corso della sua carriera ha usato altre theme song, ma questa rimane una delle più belle della storia del wrestling, nonché quella che descrive al meglio il personaggio. Un consiglio: è perfetta da riprodurre in macchina, o mentre si tracanna una pinta di birra alla goccia.

Break the Walls Down
Chris Jericho

A proposito di riff di chitarra e voglia di spaccare tutto (ma a suon di metal): ecco a voi Chris Jericho (all’anagrafe: Christopher Keith Irvine) con la sua Break The Walls Down. Anche se oggi molti preferiscono Judas, la canzone per antonomasia di Jericho rimane quella scritta da Adam Morenoff e (di nuovo) Jim Johnston; nonché quella che dal debutto nel 1999 a oggi si associa al wrestler che a Vengeance 2001 è riuscito a entrare nella storia battendo (nella stessa serata) sia The Rock sia “Stone Cold” Steve Austin, portandosi a casa il doppio titolo di campione WWE e WCW. D’altronde, quando oltre a essere un wrestler fortissimo sei anche il frontman di una band heavy metal (vedi: i Fozzy), non puoi che vincere tutto dalla prima nota.

Medals
Kurt Angle

Oggi ci sono gli Avengers, ma prima c’era Kurt Steven Angle: campione del mondo di lotta libera nel 1997, e campione alle Olimpiadi di Atlanta del 1996. Sul collo (taurino) ci sono le medaglie; nella sua theme song da wrestler pure. Corre l’anno 1999, Medals (non a caso) è l’ennesimo prodotto di quel Jim Johnston, e Kurt Angle la dimostrazione che pure nel wrestling si può avere credibilità da vendere, se dalla tua hai anche la tecnica. Mettiamoci poi che Medals diventa una delle più famose e amate canzoni del giro, e il gioco è fatto. Peccato per quell’intro di tastiera – poi tagliata dalla WWE nel 2006 – che si presta così bene a quel “you suck!” che intona il pubblico…

No Chance in Hell
Mr. McMahon

Come si dice? Quelli in giacca e cravatta hanno rovinato il mondo. Chissà cosa ne pensa Vincent Kennedy McMahon, il businessman e co-fondatore della WWE – World Wrestling Entertainment – che dal 1999 si è anche messo sul ring nei panni dell’irascibile, avido Mr. McMahon. Personaggio estremamente iconico e perfettamente rappresentato (per l’appunto) in giacca e cravatta, Mr. McMahon è sempre stato il brutto e cattivissimo del wrestling, che compare sulle note di No Chance in Hell (di Peter Bursuker) e se ne va con una promessa: “You’re fired!” (sei licenziato!). Vi ricorda qualcuno? Forse proprio quel Donald Trump che nel 2007 lo sfidò, lasciandolo senza soldi e senza capelli.

The Game
Triple H

Prendi i Motörhead e il loro heavy metal. E poi Triple H (all’anagrafe: Paul Michael Levesque), e regalagli un pezzo come The Game. Il risultato sarà una bomba che fa letteralmente esplodere il pubblico, e una delle entrate più epiche di tutta la storia del wrestling. Diventata l’entrance song di HHH dal 2001, The Game è la dimostrazione che la musica è una parte fondamentale di questo sport-spettacolo; e che l’industria musicale e gli artisti stessi questo aspetto lo tengono in considerazione. Se così non fosse, chi mai comporrebbe una canzone per un wrestler? Di certo, non i Motörhead. E neppure se si sta parlando del genero di quel pezzo grosso di Mr. McMahon.

Metalingus
Edge

“Un’altra opportunità per inseguire un sogno. Un’altra opportunità per sentire, un’opportunità per sentirsi vivi”. Se chiedete a un qualunque fan del wrestling, vi dirà che Metalingus degli Alter Bridge è una delle theme song da non scordare nell’elenco. Il wrestler Edge (nome d’arte del canadese Adam Joseph Copeland) l’ha usata dal novembre 2004 fino al marzo dell’anno scorso, quando la WWE l’ha fatta sostituire con The Other Side (sempre degli Alter Bridge). Il motivo che ci sta dietro è molto semplice: Metalingus era diventata troppo amata dal pubblico. Con quella canzone, al suo ingresso nessuno fischiava più il ragazzone biondo.

My Time Is Now
John Cena

Situazione tipo: il tuo compagno di classe che durante la lezione si gira, e ti fa la mossetta della mano davanti alla faccia, à la John Cena. Perché l’ha fatto? Perché il rap (e quel look T-shirt e cappellino) ha sempre fatto presa sui ragazzini. E poi perché nel 2005 l’allora ventottenne John Cena che entra sulle note di My Time Is Now (feat. Trademarc) è qualcosa di così iconico che non si può non amarlo. O detestarlo: magari cantando su quelle note il “John Cena sucks” che ricalca tanto quello di Kurt Angle (vedi sopra). Ma chi se ne frega degli haters: nella precedente Basic Thuganomics, Cena si era già detto intoccabile.

Booyaka 619
Rey Mysterio

E mentre il compagno di classe di cui sopra si atteggiava alla John Cena, ecco che arrivava l’altro urlando: “Booyaka! Booyaka!“. No, il nostro amico non aveva troppi zuccheri in corpo: è che il suo prediletto era il wrestler mascherato Rey Mysterio. Ovvero quell’Óscar Gutiérrez Rubio che in tutta la sua carriera ha rivestito il proprio personaggio di un’aura da supereroe, ma con quel tot di tatuaggi e richiami latini che piacevano un po’ a tutti. Non da ultimi ai P.O.D. (Payable On Death), la band nu metal che per il kickass di origini messicane finisce pure per realizzare una propria versione della sua entrance song. Il titolo? Booyaka 619, per l’appunto.

Some Bodies Gonna Get It
Mark Henry

Quesito mai risolto nemmeno a Harvard: cos’hanno in comune le modelle di Victoria’s Secret e il wrestler (nonché ex campione di powerlifting) Mark Henry? Risposta: il fatto che le une e l’altro hanno fatto il loro ingresso in scena accompagnate da un artista che si esibisce live. Nel caso di Mark Henry, però, nessun ingellato Adam Levine o sexy Rihanna all’orizzonte; bensì i Three Six Mafia, che nel 2006 rappano quella Some Bodies Gonna Get It che proprio a partire da quell’anno (e fino al 2018) è la theme song del wrestler. Lasciate perdere i pizzi: qui ci sono solo rime dure e cattiveria in formato XXL.

Electrifying
The Rock

Il compositore di super hit del wrestling Jim Johnston che si unisce al carismatico e pompatissimo The Rock: nemmeno in Dragonball si era vista una fusione in grado di scatenare tanta energia. Quando parte la chitarra di Electrifying e si palesa sul palco il campione (e produttore, attore, cantante, forse un domani pure Presidente degli Stati Uniti) Dwayne Johnson, non è poi tanto remota la possibilità di un blackout totale. Ma una cosa è certa: dalla prima volta nel 2011 a oggi, il pubblico è sempre in visibilio. E non è forse anche questo il bello del wrestling? Che quando la musica fa da colonna sonora alla personalità, noialtri finiamo per gasarci tantissimo.

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