L’anno in cui i Motörhead sono diventati divinità del metal | Rolling Stone Italia
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L’anno in cui i Motörhead sono diventati divinità del metal

Un nuovo cofanetto raccoglie il meglio dell'anno più importante della band di Lemmy: il 1979, quando con ‘Overkill’ e ‘Bomber’ hanno ispirato intere generazioni di musicisti, dai Metallica ai Mudhoney, a superare ogni limite

L’anno in cui i Motörhead sono diventati divinità del metal

I Motörhead

Foto: Estate Of Keith Morris/Redferns/Getty Images

Nel 1979 i Motörhead erano l’unica band capace di mettere d’accordo punk e metallari. I due album che hanno pubblicato quell’anno, Overkill e Bomber, traboccavano di riff grintosi e imprevedibili, e il frontman Lemmy Kilmister suonava come se avesse sniffato macadam e lo stesse tossendo via un pezzo per volta. Erano il meglio di metal, punk e Rock’n’Roll con la R maiuscola, tutti tenuti insieme a martellate. I testi variavano dall’erotico (Damage Case) al ridicolo (Over The Top), ma allo stesso tempo Lemmy si dimostrava un vero maestro degli aforismi metal: “The only way to feel the noise is when it’s good and loud” (Overkill), “The only proof of what you are is in the way you see the truth” (Stay Clean), “Dead men tell no tales” (Dead Men Tell No Tales). In un altro tempo e un altro luogo, Lemmy sarebbe stato un eroe fuorilegge, una leggenda folk, ma nella Londra all’alba del Thatcherismo era un profeta heavy metal strafatto.

I momenti salienti dell’Anno del Pensiero Radicale dei Motörhead sono ora raccolti in un box set, 1979, un titolo perfetto considerando che Lemmy preferiva le cose semplici e rozze (quando gli hanno chiesto perché ha messo la dieresi sulla o di Motörhead, ha risposto: “Ci faceva sembrare crudeli”). Nel cofanetto c’è Overkill, uscito nel marzo ’79 e che, con quell’atmosfera gloriosa da teste di legno, è tuttora l’album più bello del gruppo, e la sua sorellina più lenta, Bomber, uscito nel mese di ottobre per dimostrare a tutti che i tre musicisti potevano suonare con la stessa intensità di band con una formazione ben più numerosa. Poi ci sono due dischi dal vivo, dove potrete ascoltare la line-up che i fan chiamano Three Amigos – Ian “Lemmy” Kilmister a voce e basso, “Fast” Eddie Clark alla chitarra, Phil “Philthy Animal” Taylor alla batteria – nel suo habitat naturale, cioè il palco, in due momenti decisivi di quell’annata. Non è una visione a 360° della band nel 1979 (mancano la Peel Session a Parigi e i video), ma il cofanetto è sufficientemente completo e mostra perché i Motörhead sono diventati uno dei gruppi più importanti dell’hard rock, ispirando Metallica, Ramones, Mudhoney e il gruppo black metal Immortal, insieme a moltissimi altri.

Nonostante Overkill fosse il secondo album ufficiale della loro discografia, quando l’hanno registrato i membri del gruppo erano già professionisti stagionati. Come dice Lemmy in Capricorn, una ballata acida che ha dedicato a se stesso, “When I was young, I was already old”. Kilmister è cresciuto come un classico fan dell’hard rock (il suo eroe è sempre stato Little Richard) e, a fine anni ’60, faceva il roadie per Jimi Hendrix ed era membro del gruppo mascherato The Rockin’ Vickers. Poi, nel ’71, si è unito alla band space rock Hawkwind, ma nel ’75 è stato cacciato perché beccato con addosso delle anfetamine. “Mi facevo della droga sbagliata”, ha scritto nella sua autobiografia (che, per la cronaca, è una lettura essenziale). “Se mi avessero beccato con l’acido, quei tizi mi avrebbero difeso a spada tratta”. Alla fine dell’anno fonderà i Motörhead, e poco dopo sostituirà la line-up originale con Clarke e Taylor. L’idea era di formare un quintetto, ma alla fine Lemmy si accontenterà di un trio.

Taylor e Clarke si conoscevano già da tempo, e, stando a quanto dice Lemmy, litigavano di continuo come se fossero fratelli. Taylor aveva studiato batteria al College of Music di Leeds, e Clarke aveva suonato negli Zeus con Curtis Knight, un collega di Jimi Hendrix. Dopo un po’ di prove e le registrazioni di un album poi cancellato, On Parole (anche questo uscito nel 1979, quando l’etichetta voleva capitalizzare), il gruppo pubblicò il suo vero debutto, Motörhead, nel 1977. Nel frattempo, Lemmy cercò di insegnare il basso a Sid Vicious prima che entrasse nei Sex Pistols, ma come ha detto una volta Johnny Rotten, “Sid non era affatto portato per la musica”. I Motörhead suonarono qualche concerto, il disco non vendette bene, ma alla fine nel ’78 la band conquistò la prima hit, una cover di Louie, Louie, ottenne un nuovo contratto discografico e iniziò a lavorare ai due album fondamentali della loro carriera.

All’inizio del ’79 Lemmy aveva 34 anni e, a quel punto, era una sorta di mago-consigliere di tutti i giovani musicisti metal e punk; Clarke e Taylor erano più giovani, ma suonavano come cani randagi macilenti. Forse era tutto merito della droga, oppure era l’accoppiata con il produttore Jimmy Miller – che ha nel curriculum dischi come Sticky Fingers e Exile on Main St. degli Stones e il debutto dei Blind Faith –, ma non c’è dubbio che quando registrò Overkill la band funzionava a un altro livello.

Motörhead – Overkill (Official Video)

Il disco inizia con una raffica di colpi sulla batteria di Taylor. Lemmy si aggiunge con una grossa linea di basso rockabilly – che con tutta la distorsione che ha usato sembra suonata da una chitarra –, e la chitarra di Clarke sovrasta il mix come una tempesta. Tutto per accompagnare la prima massima di Lemmy: “The only way to feel the noise is when it’s good and loud”. La canzone è talmente mostruosa che la band ricomincia da capo altre due volte prima di gettare la spugna. Quando nel 2011 i Metallica hanno organizzato allo Yankee Stadium il concerto dei Big Four con Megadeth, Slayer e Anthrax, la canzone che hanno suonato insieme era proprio Overkill, un inno perfetto che tutte le band conoscevano bene e in cui potevano riconoscersi.

«Non avevo mai sentito nulla che suonasse così», ha detto una volta Ulrich della batteria di Overkill. «Mi ha mandato fuori di testa. E quell’energia continuava… era così rozzo. Non avevo sentito nessuno cantare come Lemmy, era una fusione tra il punk, il rock e il metal, era assurdo. Aggiungeva energia a tutto, era tutto esagerato con quei testi quasi da cartone animato».

Il resto dell’album metteva in mostra la profondità artistica di quel periodo dei Motörhead. Stay Clean ha uno dei testi più filosofici di Lemmy (“In the end, you’re on your own / And there is no one that can stop you being alone”), incollato su un riff elastic rock. I Won’t Pay Your Price è una cavalcata rock che dimostra quanto Lemmy padroneggiasse la “Vocale Rock” (“You know I won’t pay your price-a”), I’ll Be Your Sister è l’antenato sinistro di If I Was Your Girlfriend di Prince, una canzone che Lemmy avrebbe voluto far cantare a Tina Turner, No Class uno straordinario miglioramento di Tush degli ZZ Top, e Metropolis è rock nonsense che suona divinamente a prescindere dalla velocità di riproduzione. Poi c’è un trio di canzoni da rimorchio in perfetto stile Lemmy: Tear Ya Down, Limb From Limb e Damage Case. Nessuna di queste sembra molto attraente per una donna, ma Lemmy – eternamente stregato, frastornato e ferito – non era d’accordo. “There ain’t no shame in my bed at night”, canta in Limb from Limb.

Quando Rolling Stone ha intervistato Lemmy, poco prima che morisse, per un episodio della rubrica My Life in Songs (in quel caso rinominata My Life in 15 Snarls), il frontman ha scelto Overkill e Stay Clean. «So che parecchie band hanno fatto cover di Overkill, ma non mi preoccupo molto della nostra influenza», ha detto. «Siamo solo più vecchi. È bello ricevere un tributo, ma non è la fine del mondo. Stiamo scrivendo cose nuove». E su Stay Clean: «Non parla di droga o alcol, ma solo di “restare puliti”. Volevo copiare Mel Tormé, qualcosa come I’m Comin’ Home Baby, ma la canzone non è venuta fuori proprio così». L’assolo di chitarra, ha spiegato, era semplicemente il modo con cui “Fast” Eddie si preparava a suonare, ma a quanto pare Jimmy Miller era stato troppo veloce a premere REC, e non gliel’ha lasciato registrare un’altra volta.

Poco più di sei mesi dopo, i Motörhead sono tornati con Bomber, un album che in qualche modo suonava ancora più heavy di Overkill. Le prime parole pronunciate da Lemmy sul disco sono “This is it!”, nel brano anti-eroina Dead Men Tell No Tales. Gli assolo della chitarra di Clarke suonano come se ci fosse una tempesta di fuoco e i ritmi di Taylor sbandano dappertutto. Lawman è una lenta accusa ai poliziotti violenti, Sweet Revenge suona incredibilmente dolce con quel riff di basso blues e la sorprendente Poison ci regala un altro aforisma di Lemmy: “I poisoned my life… It’s better than marrying my wife”. Stone Dead Forever è un brano rabbioso che i Metallica hanno suonato al 50esimo compleanno di Lemmy, un concerto con una scaletta composta per due terzi da canzoni pubblicate nel 1979.

Motörhead – Bomber (Live in ‘79)

All the Aces anticipava la più grande hit del gruppo, Ace of Spades, che uscirà l’anno successivo. Ma, come spesso è successo nella grande tradizione Motörhead, la migliore canzone di Bomber è quella che dà titolo al disco. Stranamente, il gruppo escluse dalla scaletta una delle loro migliori canzoni, Over the Top (verrà pubblicata come B side del singolo Bomber), una cavalcata rock che avrebbe reso l’album perfetto tanto quanto quello che l’ha preceduto.

«Bomber è la prima canzone sulla guerra che ho scritto», ha detto Lemmy nell’intervista per My Life in Songs. «Quando l’ho scritta leggevo il libro di Len Deighton, Bomber. Parla di un raid in Germania, quando gli inglesi attaccarono la città sbagliata. Il libro racconta quello che è successo in entrambi gli schieramenti sia sul campo di battaglia che in cielo. È un libro molto buono. Dovresti leggerlo». In quanto a Over the Top, secondo Lemmy è una delle migliori canzoni del gruppo: «Parla di follia… cosa so io sul tema? Ho preso acidi per otto anni. So cosa significa andare fuori di testa».

Folle è proprio l’aggettivo giusto per definire il suono dei Motörhead nei due live contenuti nel cofanetto. La qualità audio non è granché in nessuno dei due, ma i rumori rendono tutto più autentico. Il primo, Good ’n’ Loud, è registrato al Friars di Aylesbury, un locale a un’ora da Londra. È stato registrato il 31 marzo 1979. Prima di Keep Us on the Road, Lemmy incoraggia il pubblico a rubare il primo album del gruppo. Dice scherzando che Metropolis è la loro “imitazione dei Pink Floyd” e che “è comunque meglio dei Pink Floyd di oggi” (ricordate che mancava poco all’uscita di The Wall). Poi dedica Born to Lose ai motociclisti nel pubblico: ma quando tutti urlano di gioia, risponde: “vaffanculo, non potete essere tutti motociclisti”. Quando la band torna sul palco per il bis, Lemmy dirà: “Non vedrete mai gli Hawkwind fare due bis. Noi siamo i…” e la band attacca Motörhead.

Il secondo live, Sharpshooter, è stato registrato durante la data del tour di Bomber a Le Mans, a qualche ora da Parigi, il 3 novembre 1979. Ascoltarlo fa capire com’era cambiata la band dopo sette mesi di concerti. La voce di Lemmy è ancora più rauca. Taylor inizia Overkill un po’ più veloce del normale, poi Lemmy aggiunge il basso e aumenta ancora il ritmo, guidando la carica fino al limite. A metà del brano, Lemmy si lascia andare a uno “shut up!”, in un certo senso la sua frase simbolo, ma il gruppo regge il ritmo, probabilmente perché sopra di loro c’era un pezzo di aeroplano, parte della scenografia, che pende come una spada di Damocle. L’aereo pesava talmente tanto che non riuscirono a portarlo negli Stati Uniti. Durante il concerto, Lemmy parla al pubblico con il peggior accento francese mai registrato su disco. A un certo punto convince tutti a gridare “bollocks”, poi dice: “Ecco, adesso sapete l’inglese”. È assurdo ed eccitante, ed è così che immaginavamo suonassero i Motörhead dal vivo nel 1979.

Motörhead – No Class (Official Video)

Poco meno di un anno dopo, i Three Amigos torneranno in studio per registrare l’album che li porterà davvero al successo, Ace of Spades. Quella line-up inciderà ancora un disco, Iron Fist (1982), poi Clarke lascerà la band, e Philthy Animal lo seguirà un album più tardi. A differenza di Clarke, Taylor tornerà nel gruppo alla fine degli anni ’80. Successivamente, Lemmy costruirà nuove line-up per registrare altri classici come Killed by Death, e un nuovo album ogni due anni, fino alla sua morte.

Nonostante il catalogo dei Motörhead sia ricco di album essenziali (Bastards merita di essere riscoperto, se non lo ascoltate da un po’), il gruppo divenne leggendario nel nel 1979. E ora potrebbero entrare nella Rock and Roll Hall of Fame. Ma la vera ragione per cui i Motörhead sono stati così influenti è che Lemmy è esploso lentamente: quando la band pubblicò Overkill, il frontman era in giro da anni e aveva capito quello che la gente voleva da una band come la sua.

Insieme ad altre chicche (spartiti, una replica del programma del tour di Bomber, spille), il cofanetto contiene anche una fanzine a tema Motörhead intitolata Melödy Breaker, perfetta per raccontare l’attitudine irriverente della band. Contiene interviste con tutti quelli che hanno passato del tempo con il gruppo, dall’ex bassista dei Joy Division Peter Hook fino al fonico. Quello che manca, però, sono nuove interviste con i membri della band: una vera tristezza perché sono tutti morti e, come cantava Lemmy, “dead men tell no tales”.

Nel cofanetto c’è anche un articolo di giornale dell’epoca, un’intervista che racconta perfettamente la visione del mondo di Lemmy: “Se riesci a far divertire i ragazzi, non serve altro”, ha detto. “Dimenticate l’arte e tutto il resto – sono stronzate. Se riuscite a far venire i brividi lungo la schiena a un ragazzino, allora non serve altro. Il resto sono solo stronzate”.

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