La storia di "Dark Side of The Moon", traccia per traccia | Rolling Stone Italia
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La storia di “Dark Side of The Moon”, traccia per traccia

Dallo speciale di Rolling Stone sui Pink Floyd, i racconti di David Gilmour, Roger Waters e Richard Wright sulla produzione di uno degli album fondamentali della storia della musica

Pink Floyd - The Dark Side Of The Moon

Pink Floyd - The Dark Side Of The Moon

«Penso che ogni nostro album sia stato un passo verso Dark Side of the Moon», ha detto Wright. «Continuavamo a migliorare tecniche di registrazione e scrittura». In Dark Side l’esplorazione dello spazio interiore avviata nei primi anni ’70 giunge al culmine. Ma nonostante il suo respiro cosmico, è anche un’opera profondamente personale, che articola le riflessioni di Waters sulla follia della vita quotidiana con precisione melodica (Breathe, Us and Them) e splendore spettacolare (l’aria cantata da Clare Torry in The Great Gig in the Sky). È uno degli album rock meglio prodotti di sempre, e Money è forse l’unica hit da Top 20 in 7/4.

Dark Side, con cui i Floyd escono definitivamente dall’ombra di Barrett, resta tuttora il concept album definitivo degli anni ’70, un lavoro di enorme portata, ma abbastanza accattivante da occupare le onde delle radio rock per anni, pieno di trame sonore ampie e spaziose senza mai risultare compiaciuto o dispersivo, un album caustico e cupo, ma anche lenitivo ed estasiante. Dark Side ha tutto quello che si può desiderare in un’opera prog-rock: melodie grandiose, esperimenti al sintetizzatore e collage sonori che infrangono i nessi logici, complessità musicale, sonorità e produzione d’avanguardia e infine testi che sembrano usciti da un incontro tra John Lennon e Thom Yorke, come: “Il matto è sull’erba / ricorda i giochi e le ghirlande di margherite e ride / bisogna tenere i pazzi sulla retta via”. Dark Side è una terrificante descrizione della malattia mentale e degli eccessi del capitalismo, ed esprime un giudizio raggelante sul classismo della società britannica. Tuttavia è riuscito a rimanere nella classifica di Billboard per 741 settimane: un record tuttora imbattuto.

[HD] Pink Floyd - The Great Gig In The Sky

Waters considera questo album «praticamente impeccabile», e non a torto: qualche felice imprevisto ha favorito il risultato – l’aria di The Great Gig in the Sky con l’improvvisato virtuosismo di Clare Torry, o il nastro su cui Alan Parsons, l’ingegnere del suono, aveva già registrato i trilli e i rintocchi degli orologi in un negozio – ma il fatto è che Dark Side ha una perfezione adamantina del tutto insolita negli album rock. Potrebbe essere definito il prodotto artigianale più impressionante dell’era analogica: un album che scorre come un’unica canzone.

«Puoi trovare a posteriori una concezione unitaria in Sgt. Pepper o in Pet Sounds, ma in realtà non c’è», dice un estimatore dei Floyd, Billy Corgan degli Smashing Pumpkins. «Dark Side ha una concezione unitaria. Ha un tema narrativo, un inizio, uno sviluppo e una fine. Non c’è nulla di superfluo. Quella perfezione non si crea: è una questione di sincronicità».

Il gruppo pensava che il disco andasse ascoltato con molta attenzione, meglio se al buio, in uno stato mentale alterato. «La capacità di attenzione è cambiata», dice Gilmour. «L’idea di andare a casa di amici e sedersi in una stanza con un buon sistema hi-fi e ascoltare un album, e poi conversare per qualche minuto, e poi magari mettere un altro album… chi fa più queste cose oggi?». La fluidità ininterrotta dell’album è più in linea con il lato B di Abbey Road che con qualunque produzione dei gruppi prog degli anni ’70. «Pensavamo che i Beatles fossero troppo bravi per poter competere con loro», dichiara Waters. «Sgt. Pepper è un altro album impeccabile, e forse ci ha stimolato perché ha alzato notevolmente i parametri».

Per Dark Side, il gruppo ha registrato tutti i 10 brani sulla stessa bobina di un registratore a 16 piste, un approccio decisamente insolito. «Il modo in cui ogni brano fluiva nell’altro era estremamente importante per l’atmosfera generale», spiega Parsons, che si è fatto una reputazione con quest’album prima di raggiungere il successo come musicista con l’Alan Parsons Project, «quindi abbiamo potuto lavorare sui passaggi durante il processo di registrazione, invece che al missaggio».

Tutti concordano nel dire che la concezione di Dark Side ha preso forma durante un incontro a casa di Mason nel 1971, anche se alcuni dettagli restano poco chiari. Waters ricorda che a un certo punto ha pensato di scrivere una serie organica di brani che avessero per tema le pressioni che gravano sull’esistenza dal punto di vista dei musicisti; Mason pensa che l’idea sia nata collettivamente. In ogni caso, Waters prendeva appunti mentre gli altri sviluppavano gli argomenti per i testi incentrati sulle fonti di stress. Hanno assemblato un compendio di problematiche: la mortalità, gli spostamenti, il denaro, la follia. È il primo album in cui i testi sono scritti interamente da Waters, e da quel momento il compito è sempre spettato a lui. «Non ho mai avuto risultati eccellenti nella stesura dei testi», spiega Gilmour, «e Roger voleva farlo. Penso sia stato un sollievo che volesse occuparsene. Allo stesso tempo, il fatto che fosse l’autore dei testi e avesse un ruolo maggiore nel processo creativo non significava che avesse anche il pieno controllo dell’aspetto musicale. Perciò abbiamo sempre avuto qualche tensione».

In una strana, insostenibile dinamica che avrebbe creato problemi alla band, il ruolo di Gilmour come cantante e chitarra solista lo ha reso la figura dominante nell’esecuzione di Dark Side, anche se il suo contributo alla composizione è relativamente ridotto. Wright, invece, si è messo in luce scrivendo le musiche elegiache e armonicamente ricche di The Great Gig in the Sky e Us and Them (in origine la melodia di quest’ultima era stata concepita per Zabriskie Point).

«Si è sempre parlato delle tensioni tra me e Roger», dice Gilmour, «quindi Rick non ha avuto il riconoscimento che gli spetta». La voce più idiosincratica di Waters finirà per dominare gli album successivi dei Floyd, ma in Dark Side canta solo negli ultimi due pezzi. «Ricordo che mi punzecchiavano per mettermi in difficoltà», rivela Waters ridendo. «Si davano un gran da fare per sottolineare che non sapevo cantare, che ero stonato, e poi gira questa balla che Rick doveva accordarmi il basso».

I Floyd cominciano a suonare dal vivo le prime versioni di Dark Side nel 1972, e gran parte del disco era già impostata. La differenza più sostanziale era l’assenza di On the Run e delle sue evasioni elettroniche, perché al suo posto c’era The Travel Sequence, tutta basata sulla chitarra. Ma appena Gilmour e Waters mettono le mani su un EMS Synthi A, un nuovissimo sintetizzatore portatile, ammazzano The Travel Sequence. «Quel piccolo strumento offriva infinite possibilità interessanti», dice Gilmour. «Ci siamo sempre considerati un po’ elettronici. Avevo l’ossessione di trovare suoni che avessero una resa tridimensionale. Quando ci sono gli altoparlanti e una band che suona rock a palla, è come se tutto avvenisse in questo piano, mentre io ho sempre voluto creare qualcosa che sembrasse distante, che suonasse lontano». A parte i toni caustici di Money e Time, Dark Side è uno degli album meno viscerali e più cerebrali del rock, con trame sonore fluttuanti e un incedere sinuoso. «Il mio medico ha detto di non suonare mai a un ritmo superiore a quello delle pulsazioni», ha dichiarato Mason. Ma la chitarra incandescente di Gilmour è un richiamo costante all’hard rock. «Un po’ di mordente, un po’ di chitarra rock», dice. «Sai, quando suoni la chitarra a tutto volume sul palco, tanto che puoi inclinarti all’indietro perché il volume ti impedisce di cadere, è come una droga da cui è difficile disintossicarsi».

A Dark Side mancava un finale, fino al giorno in cui Waters è arrivato con Eclipse, un brano breve, ma di immensa potenza, con l’andamento di una litania religiosa. «Ricordo di aver lavorato parecchio alla costruzione del pezzo, aggiungendo armonie che arricchiscono il brano man mano che si sviluppa», dice Gilmour. «Perché non c’è niente in quel pezzo, non c’è ritornello, non c’è un ponte, c’è solo un elenco. Quindi, ogni quattro versi facevamo qualcosa di diverso.

Insieme a quasi tutto quello che la band avrebbe fatto negli otto anni seguenti, Money è una hit (ha raggiunto la Top 20 negli Usa), mentre Dark Side cominciava a scalare la classifica in cui sarebbe rimasta per 741 settimane, e i concerti dei Pink Floyd negli States riempivano interi stadi. Waters, che era un socialista impegnato, vedeva tutto questo con un certo cinismo. In the Pink, un memoir rimasto a lungo inedito del suo amico Nick Sedgwick, mostra Waters che dice cose come: “Oh, devo solo scrivere un altro pezzo e fare qualche migliaio di sterline. Un brindisi ai barcaioli: compriamoci un’altra barca a motore”.

«Non vengo fuori molto bene da quel libro», dice Waters ripensandoci. «Ma adesso non me ne frega niente. Ognuno di noi è quel che è».

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