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Il 27 dicembre 1978, una band post punk di Manchester suonava per la prima volta a Londra. La location era l’Hope and Anchor, un pub in Islington Upper Street famoso per ospitare concerti di piccole band emergenti rock e punk. Era un luogo di culto, e la band di cui stiamo parlando erano i Joy Division. Tra le 30 persone presenti quella sera c’era anche Jonathan Crabb, che qualche settimana fa ha pubblicato alcune foto che aveva scattato al concerto e che non aveva mai visto nessuno. Le ha ritrovate durante il lockdown per il coronavirus, disperse in uno dei tanti scatoloni di negativi che ha iniziato a digitalizzare per passare il tempo, e ha autorizzato Rolling Stone a pubblicarle. Ne abbiamo approfittato per farci raccontare com’è andata.
Foto: Jonathan Crabb
«Tutte le settimane andavo nello stesso negozio di dischi, Small Wonder Records, e un tizio che lavorava lì mi faceva ascoltare tutte le nuove uscite», racconta Crabb. «All’epoca si parlava molto di An Ideal for Living, un 12’’ dei Joy Division, e quando ho scoperto che avrebbero suonato per la prima volta a Londra ero davvero emozionato».
Foto: Jonathan Crabb
«Andavo all’Hope and Anchor già nel 1976, quando i Damned hanno suonato il loro primo singolo New Rose. Era un locale accogliente in cui entravano più o meno 150 persone», continua Crabb. «Di solito era pieno di gente e finivo schiacciato sui monitor, quindi era impossibile scattare fotografie. Per i Joy Division, invece, non c’era quasi nessuno e avevo spazio per muovermi e scattare con l’Instamatic che portavo sempre in tasca».
Foto: Jonathan Crabb
Il concerto, in realtà, fu tutto meno che memorabile: secondo il racconto di JoyDiv.org, Bernard Sumner aveva la febbre e gli incassi in biglietteria non bastarono neanche per ripagare la benzina. Nel viaggio di ritorno in macchina, poi, Ian Curtis ha avuto la sua prima crisi epilettica e la band ha dovuto portarlo in ospedale. Sul palco, il cantante era affascinante e allo stesso tempo inquietante. «Spiccava rispetto al resto della band, i movimenti del braccio e il modo in cui girava indietro gli occhi era spaventoso. La band aveva un suono tetro e usava i pad per la batteria elettronica, all’epoca era una cosa piuttosto unica. Insomma, sapevo che ero di fronte a qualcosa di speciale», dice Crabb.
Foto: Jonathan Crabb
La band è tornata all’Hope and Anchor qualche mese dopo, ma per Crabb quel primo concerto resterà anche l’ultimo. «A poco più di un anno di distanza, e dopo uno dei dischi più affascinanti della storia della musica, Ian Curtis si è suicidato e la storia dei Joy Division è finita. Per me, in quel momento è successa la stessa cosa al post punk».
Foto: Jonathan Crabb
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