La sindone del rock: storia del giubbotto col leopardo di Iggy Pop | Rolling Stone Italia
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La sindone del rock: storia del giubbotto col leopardo di Iggy Pop

Il cantante lo indossava nel periodo di ‘Raw Power’ degli Stooges. Ecco come il capo è passato di mano in mano, diventando una reliquia rock’n’roll. C'entrano la droga, la moda, il collezionismo

La sindone del rock: storia del giubbotto col leopardo di Iggy Pop

La giacca oggi è nelle mani di Long Gone John dell’etichetta Sympathy for the Record Industry

Foto: Long Gone John

Il collezionismo legato alla musica non si ferma certo al campo dei supporti – vinile, CD, cassette, Stereo8 e chi più ne ha, ne metta – ma si estende anche al mondo dei memorabilia, gli oggetti legati ad artisti o avvenimenti particolari. Strumenti, poster, plettri, merchandise, pass, capi d’abbigliamento, oggetti immortalati su copertine o foto promo, a volte anche frammenti di materiale edile (le piastrelle della piscina dove annegò Brian Jones sono state vendute una a una, anni fa): potenzialmente il raggio d’azione è ampissimo e l’ambiente pericoloso, in quanto avere la certezza provata dell’autenticità della mercanzia non è cosa semplice.

Una delle storie più divertenti legate proprio ai cacciatori di memorabilia è quella della giacca col leopardo che Iggy Pop indossa nella foto di Mick Rock piazzata sul retro di Raw Power. Un oggetto che i collezionisti di materiale legato all’Iguana e alla storia del punk hanno definito – magari con un po’ di enfasi di troppo, ma perdonabile – “la sacra sindone del rock’n’roll”.

Si tratta di un giubbotto che Iggy Pop si procura all’inizio dell’avventura degli Stooges “Mark II” (alias Iggy & The Stooges), tra il marzo e l’aprile del 1972, quando ancora lui e James Williamson stanno tentando di mettere insieme una nuova versione del gruppo, sotto l’egida della MainMan, l’agenzia di Tony DeFries che si occupava anche e principalmente del management di David Bowie.

Proto punk prêt-à-porter
Dopo l’implosione degli Stooges dell’estate 1971, Iggy e i suoi compari sono allo sbando. L’Iguana conosce però David Bowie e dietro suo invito, l’anno dopo, vola in Inghilterra con Williamson. Durante la permanenza londinese compra il giubbottino da Paradise Garage, una bottega specializzata in pelletteria al 430 di King’s Road, Chelsea. Qualche anno dopo, al medesimo indirizzo, Malcolm McLaren avrebbe creato la sua boutique di design Let It Rock (poi Sex) insieme a Vivienne Westwood, rilevando i locali di Paradise Garage.

Il giubbotto acquistato da Iggy è un capo prodotto dal giovane, ma già quotato (soprattutto nel giro dei musicisti rock) Wonder Workshop, un laboratorio gestito da un ragazzo e una ragazza – John Dove e Molly White – in Cambridge Road, a Paddington. Il disegno del leopardo fa parte di un concept ideato dai due, che era il fil rouge della linea di capi battezzata Wild Thing, costituita principalmente da t-shirt: l’animale, negli intenti dei due creativi, doveva essere un omaggio a Jimi Hendrix – non è ben chiaro il legame fra il grande felino e il chitarrista – che a Monterey aveva suonato una versione di Wild Thing dei Troggs da molti considerata definitiva.

Il disegno deriva direttamente da uno schizzo del 1968 che ritrae una pantera, ma solo nel 1970 viene rielaborato nella sua forma definitiva e utilizzato per la stampa su magliette. Per i primi tempi il leopardo viene serigrafato sul tessuto senza alcuna scritta d’accompagnamento, ma a partire dal 1972 all’immagine si aggiunge la dicitura “Wild Thing”. È un soggetto che piace molto alla clientela, tanto da essere persino bootlegato da altri venditori di magliette e gadget. Proprio pensando al grande appeal del disegno nasce anche l’idea di provare a stamparlo su una giacca.

John Dove del Wonder Workshop racconta in una vecchia intervista: «Volevamo creare un giubbotto da rocker utilizzando i materiali tipici dei prodotti più economici venduti nelle bancarelle (plastica, nylon e pelliccia artificiale), ma che mantenesse una certa credibilità rock’n’roll». In poche parole, non un capo che gli Hell’s Angel avrebbero indossato, ma pensato per qualcuno che si identificava con la loro attitudine ribelle e il loro senso della moda.

Dove descrive così la giacca: «Era fatta con scampoli presi da una partita di avanzi in similpelle degli anni ’50, scovata in un vecchio magazzino di Belsize Park. Molly e io esaminammo l’intero stock per trovare il rotolo con più rughe e pieghettature, con pezzi della copertura di finta pelle che si staccavano dal supporto: era perfetto! Poi usammo della finta pelliccia di leopardo, comprata al mercato di Shepherd Bush, per le strisce applicate sulle maniche e davanti. Per la fodera interna prendemmo del nylon verde smeraldo stampato […]. In due esemplari piazzammo anche degli inserti di borchie». Un assemblaggio di avanzi di magazzino, comprati per poche sterline, ma destinati a entrare nella storia.

Devon ha anche spiegato che la giacca di Iggy fa parte di un’edizione decisamente limitata: «Facemmo solo cinque giubbotti, in tutto. Io mi presi il primo, due furono venduti da Paradise Garage a Iggy e Zoot Money [il noto cantante, tastierista e agitatore della scena soul/R&B, nda]. Uno fu mandato a L’Uomo Vogue per una session fotografica e non ci venne mai restituito. L’ultimo – che non era nemmeno terminato, in realtà – lo regalammo come campione al nostro rappresentante a Parigi, Jacques Neville».

Il retro di ‘Raw Power’ con la foto di Mick Rock di Iggy con la giacca

Cuore al napalm
Iggy, dicevamo, si procura il giubbotto durante le prime settimane di permanenza a Londra. Lui e James hanno molto tempo libero, visto che sono tenuti in stand-by dalla MainMan, in attesa di sviluppi: loro dovrebbero cercare attivamente una nuova sezione ritmica, ma in realtà si godono – almeno all’inizio – la sistemazione in un albergo con tutti i comfort e lo shopping a spese del nuovo management. Per dirla tutta, è la prima volta, anche se la pacchia è destinata a durare molto poco, che si sentono delle star o qualcosa del genere

Iggy Pop, ricordando quei momenti, ha raccontato nel suo stile sempre molto colorito: «Giravo per la città con questo giubbotto di pelle – veramente era maculato, con un grosso leopardo sul retro – e tutti i vecchi di Londra mi si avvicinavano in macchina, tentando di abbordarmi. Eppure tutto quello che mi andava di fare era camminare per strada col cuore pieno di napalm» (da Open Up and Bleed, la biografia di Iggy scritta da Paul Trynka). Con questa immagine Pop lascia intendere che il design della giacca abbia avuto un ruolo non marginale nella stesura del verso d’apertura di Search and Destroy che recita “I’m a streetwalking cheetah with a heart full of napalm”. Non è dato sapere se sia vero, ma non è un’ipotesi inverosimile. L’affezione di Iggy al suo leopardo disegnato, del resto, è testimoniata da una serie di scatti catturati da Mick Rock durante la permanenza londinese della band (raccolte nel libro fotografico Raw Power – Iggy & The Stooges, Omnibus Press): praticamente la giacca è una presenza costante.

Giubbotto conto droga
A Londra Iggy e Williamson vengono raggiunti dai fratelli Ron (“declassato” al basso) e Scott Asheton (batteria). Qui il nucleo della band viene tenuto “in salamoia” per alcuni mesi di prove e una manciata di registrazioni (cassate dalla MainMan per l’eccessiva ruvidità). All’inizio di settembre la band viene mandata ai CBS Studios dove, in poco meno di 30 giorni, vedono la luce le tracce base di Raw Power. Poi arriva una sorta di benservito, cagionato dalla profonda insoddisfazione del management per il materiale presentato: vengono tutti rispediti negli Stati Uniti, per l’ultimo tragico segmento della loro esistenza. Una fase buia, di cui esistono pochi documenti ufficiali o facilmente reperibili, in cui gli Stooges cercano di non soccombere ai propri demoni e all’allontanamento (fino al licenziamento in tronco) da parte della propria casa discografica.

Durante tutto questo lasso di tempo il giubbotto è ancora in possesso di Iggy, che lo porta con sé a Los Angeles. È proprio qui che la giacca cambia proprietario in circostanze decisamente poco edificanti. Lo racconta in Open Up and Bleed Annie Apple, oggi una signora, ma all’epoca una ragazzina innamorata della scena rock’n’roll, con diverse amicizie in comune con la band: «Vivevo in questo stabile a Hollywood, un posto che tutti chiamavano Coronet. Iggy era infognato di brutto con l’eroina, all’epoca, e una notte arrivò da me chiedendomi 25 dollari in prestito (oggigiorno non sembra molto, ma allora il salario medio era un dollaro e 65 all’ora, quindi fate le proporzioni: una segretaria prendeva 50-60 dollari a settimana, nda). Voleva lasciarmi la sua giacca col leopardo in pegno, per il prestito; con lui c’erano Max – un famoso spacciatore di Hollywood – e Stan Lee, che poi entrò nei Dickies. Stan lo conoscevo dalle superiori. Quando Max si rese conto che Iggy voleva darmi quel giubbotto così famoso […] solo per farsi una pera […] si intromise, mi diede indietro i miei soldi e portò gli altri due fuori da casa mia. Alla fine la giacca la ebbe Stan, che la indossò finché non iniziò a cadere a pezzi».

Una ricca puttana
La giacca sparisce dai radar per diverso tempo. Ricompare nel 1978, tra le pagine del numero 5 della leggendaria punkzine Search & Destroy, immortalata col nuovo proprietario. In un servizio sui Dickies, infatti, si vede una foto del gruppo in cui Stan Lee la indossa e cerca anche di imitare la posa di Iggy sul retro di Raw Power.

V. Vale, l’intervistatore e co-fondatore del magazine, riconosce il giubbotto, quindi domanda se sia davvero quello che sembra e Lee risponde: «Sì è proprio la giacca di Iggy – l’ho avuta anni fa scambiandola con della droga. Iggy era al verde, così ho preso questa. Per un sacco di tempo non è stato in grado di riaverla perché non aveva mai i soldi da restituirmi. Adesso però è diventato una puttana ricca e ha anche cercato di ricomprarmi il giubbotto… ma io gli ho detto di no!».

Nonostante la storia travagliata dei Dickies – erano un vero branco di tossici impenitenti – Stan riesce a restare in possesso del prezioso manufatto per parecchi anni, resistendo alla tentazione di venderlo per cifre interessanti al collezionista di turno. A un certo punto – verso la metà dei ’90 – in seguito a un articolo pubblicato sulla fanzine (e bibbia mondiale del punk) Maximum Rock’n’Roll si diffonde una voce secondo cui Lee avrebbe perso il giubbotto durante una nottata di poker e stravizi, passandolo a un componente della band di garage rock spagnola (di Bilbao) La Secta. Ma tutto ciò si rivela una semplice leggenda metropolitana. Solo verso la fine del decennio Stan Lee cede alle lusinghe del denaro facile e vende la giacca a Long Gone John, guru dell’etichetta Sympathy for the Record Industry, nonché ossessivo collezionista di arte, memorabilia e cianfrusaglie legate alla musica e a ogni forma di curioso modernariato.

Foto promozionale scattata da Mick Rock in cui Iggy indossa la giacca

Da 5000 a 2000 dollari
Il boss della Sympathy ha raccontato online la propria versione dei fatti, con dovizia di particolari: «Circa cinque anni prima che io comprassi il giubbotto, un mio amico – Tim Warren dell’etichetta Crypt, che viveva in Germania – venne a Los Angeles e, oltre alle faccende che doveva sbrigare, aveva in mente una cosa in particolare: comprare la giacca da Stan per regalarla alla sua carinissima fidanzata. Tim gli offrì 5000 dollari, che sembrava una cifra esagerata… però Stan all’epoca se la passava piuttosto bene e non aveva particolari casini con la droga – cosa che spesso gli succedeva, invece – così rifiutò la proposta. La ragazza di Tim ci rimase molto male, ma continuò comunque a essere molto carina».

«Non ho pensato a quel giubbotto per molto tempo, finché un giorno un amico non mi ha chiamato dicendo che Stan voleva venderlo e chiedeva se ero interessato a comprarlo per 3000 dollari… pensai che era molto importante e che un giorno sarebbe finito in un museo, così decisi che valeva senza dubbio quei soldi. Andai a trovare Stan nel garage in cui viveva: la giacca era piuttosto malconcia, ma era chiaro che era fatta di finta pelle da quattro soldi e non si poteva pretendere troppo; la testa di leopardo sulla schiena era un po’ sbiadita, ma pensai che dopo tanti anni era inevitabile e gli donava un’aria più autentica, considerando che all’epoca aveva più di 25 anni… se non mi sbaglio era il 1998. Da bravo mercante gli offrii 2000 dollari e lui, dopo aver fatto un po’ di scene, accettò. La giacca era veramente piccola, anche perché Iggy ha un fisico minuto ed è basso: non mi andava, ma non mi interessava indossarla… per me era un’icona, la sacra sindone del rock’n’roll. […] Sono onoratissimo di possederla e ne proteggerò l’eredità finché non troverò il prossimo custode designato».

Arrivano le reissue
La storia della giacca col leopardo sembrerebbe quindi terminata così, con un collezionista appassionato che la custodisce e che – forse – prima o poi deciderà cosa farne. Eppure non è proprio così, perché la febbre delle reissue è arrivata anche in questo ambito: infatti nel 2013 – in occasione dei 40 anni di Raw Power – i creatori del capo originale hanno realizzato per la Paul Stolper Gallery di Londra una riedizione fedele nel design, ma non nei materiali (la nuova tiratura è in vera pelle). Sono stati assemblati 26 esemplari del giubbotto e uno è ovviamente stato donato a Iggy, che lo ha sfoggiato sul palco. L’originale, però, a oggi resta custodito nella casa museo di Long Gone John… per cui Iggy si è dovuto accontentare di una “ristampa”. La reissue della giacca è stata anche oggetto, sempre nel 2013, di un’installazione/esposizione organizzata dal brand giapponese Comme des Garçons.

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