La musica ha un problema di queerbaiting? | Rolling Stone Italia
Musica

La musica ha un problema di queerbaiting?

Billie Eilish, Nick Jonas, Ariana Grande, Madonna e altri artisti sono stati accusati di sfruttare l'immaginario queer per ottenere visibilità. È davvero così? E cosa significa?

La musica ha un problema di queerbaiting?

Illustrazione di Rolling Stone US

Foto: Jerritt Clark/Getty Images; Jeff Kravitz/FilmMagic; Jordan Strauss/Invision/AP

Lo scorso giugno, Billie Eilish ha pubblicato il video del suo nuovo singolo Lost Cause. Nella clip, la cantante organizza uno sleepover con una manciata di amiche. Per lanciare il video, Eilish ha pubblicato una serie di foto backstage, accompagnate dalla didascalia: «Amo le ragazze». Poco dopo, i commenti al post erano pieni di fan che si domandavano se fosse un coming out.

Quelle fotografie hanno aggiunto Eilish alla lista di celebrità che negli ultimi anni sono state accusate di queerbaiting. Un utente Twitter ha riassunto perfettamente la questione: «La discussione sul queerbaiting è diventata molto confusionaria. Da un lato diciamo di non preoccuparci delle etichette. Dall’altro, se un artista fa qualcosa anche remotamente queer, lo interroghiamo sulla sua sessualità».

 

 
 
 
 
 
Visualizza questo post su Instagram
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

Un post condiviso da BILLIE EILISH (@billieeilish)

Cos’è il queerbaiting?

È un termine complesso, che il regista e attivista Leo Herrera riassume così: «Una celebrità o figura pubblica che fa leva sul sospetto che abbia una relazione con una persona dello stesso sesso per farsi pubblicità o guadagnare». Secondo Herrera, i media «giocano con la nostra mancanza di rappresentazione e i nostri desideri, così da convincerci a fruire di qualcosa».

Quando è uscito Luca, l’ultimo film Pixar, molti utenti sui social media l’hanno paragonato a Chiamami col tuo nome (Call Me By Your Name) e il New York Times ha pubblicato un articolo intitolato “Calamari By Your Name”. Lo studio è stato accusato di alludere a una relazione queer tra i due protagonisti e il regista ha smentito specificando che il film parla di amicizia.

L’Oxford English Dictionary ha riconosciuto il termine “queerbaiting” a marzo 2021, ma è utilizzato da decenni. Secondo Julia Himberg, regista e professoressa di Film and Media Studies all’Arizona State University, le origini risalgono ai primi giorni della rete, quando la rappresentazione LGBTQ+ in media, blog e forum era meno esplicita.

«L’aspetto interessante è che il termine è diventato più utilizzato proprio quando la rappresentazione LGBTQ+ è aumentata ed è stata accettata nel panorama della cultura pop», dice. «La ragione è che il queerbaiting è considerato una tattica dei produttori, di chi suggerisce storie queer che in realtà non si realizzano mai».

Secondo Himberg, la richiesta di maggiore rappresentazione nei media dipende dal fatto che «la visibilità è la moneta culturale che permette alle persone LGBTQ di essere riconosciute e considerate nella società».

Perché gli artisti sono accusati di queerbaiting?

Eilish non è la prima musicista, né sarà l’ultima a essere accusata di queerbaiting. Nel corso degli anni è successo a moltissimi artisti. Di recente è capitato a Normani, criticata perché nel video di Wild Side, il singolo con Cardi B, le due cantanti sono riprese nude e abbracciate.

Alcune accuse non hanno grandi conseguenze, altre sì. Nel 2016, Nick Jonas stava lanciando il suo album Last Year Was Complicated. Durante il tour promozionale ha visitato diversi gay bar e risposto in maniera evasiva a domande sulle sue esperienze sessuali con altri uomini, dicendo: «Non posso dire se l’ho fatto oppure no».

È successo anche ad Ariana Grande e Rita Ora. Nel 2018, Ora ha ricevuto accuse simili a quelle di Normani per il pezzo Girls, e Katy Perry ha ammesso alla fine che il suo singolo I Kissed a Girl era problematico. Nella sua canzone, Rita Ora diceva di essere “di mentalità aperta” e nel ritornello cantava di bere vino rosso e baciare altre ragazze. Il pezzo non ha fatto arrabbiare i fan, ma altre musiciste come Hayley Kiyoko e Kehlani, che hanno definito il testo pericoloso. Rita Ora si è scusata e ha rivelato di aver avuto relazioni sia con uomini che con donne.

Monopoly di Ariana Grande – con il featuring dell’amica e co-autrice Victoria Monet – è stata molto discussa nel 2019, a causa del verso “mi piacciono le donne e gli uomini”. Sui social la cantante è stata accusata di queerbaiting, ma lei ha risposto dicendo di non sentire il bisogno di etichettarsi.

In molti stanno anche riesaminando momenti storici della cultura pop, domandandosi se fossero davvero esempi di rappresentazione queer. Quando Lil Nas X ha baciato uno dei suoi ballerini durante l’esibizione ai BET Awards del 2021, in molti hanno paragonato il gesto al bacio del 2003 tra Madonna, Britney Spears e Christina Aguilera.

Lil Nas X Performs A Royal Rendition Of ‘Montero (Call Me By Your Name)’ | BET Awards 2021

Madonna ha pubblicato su Instagram un collage dei due baci, accompagnato dall’hashtag #DidItFirst, l’ho fatto prima io. È stata subito accusata dall’account Diet Prada, che ha detto che il suo bacio non era «neanche lontanamente rivoluzionario come quello di uomini neri queer. I bianchi eterosessuali hanno sempre avuto la possibilità di fare quel che vogliono… queerbaiting compreso».

L’omofobia e il Lavender Scare

Se guardiamo ancora più indietro, il termine queerbaiting è stato utilizzato per descrivere «pratiche omofobe in politica e giurisprudenza», spiega Himberg. Durante gli anni ’50, nell’era di Joseph McCarthy, si parlava del Lavender Scare (da non confondersi con Red Scare). Si tratta di una politica basata sull’idea che «i gay e le lesbiche non dichiarati fossero un pericolo per la sicurezza nazionale, perché esposti a ricatti e moralmente deboli», come ha detto lo storico David K. Johnson al Time.

Nel 2009 la storica Nadine Hubbs ha curato uno studio per l’Università del Nebraska in cui sosteneva che, in questa accezione, il queerbaiting veniva utilizzato dalla polizia come «tattica per ottenere informazioni» e ingannare chi era sospettato di far parte della comunità LGBTQ. Himberg dice che la strategia dell’era McCarthy era «scoprire gli “omosessuali sospetti” utilizzando varie tattiche tra cui induzioni al reato, ricatti, affiliazioni con organizzazioni e tradizioni artistiche».

Non c’è voluto molto prima che il “gay panic” venisse utilizzato come difesa legale contro “avance indecenti”. Per questo, il fatto che i giovani corteggino il pubblico LGBTQ+ con performance esplicitamente queer è visto da molti come uno sviluppo positivo. Il tema fa parte di un campo sempre più esteso di studi sociali, come spiega Judith Fathallah nel suo saggio pubblicato nel Journal of Popular Music Studies. Fathallah sostiene che «una nozione restrittiva di “verità” nella discussione sul queerbaiting» rischia di limitare «le possibilità di trasformazione della sessualità». Nel suo saggio analizza le band emo in quanto «caso di studio naturale», perché il genere era un prodotto dell’hardcore e del punk che «cercava di distaccarsi dall’egemonia della mascolinità che dominava quei generi nella musica, nei testi e nelle performance degli artisti».

Perché le accuse infondate di queerbaiting sono pericolose

​Nell’era dei social media, però, a volte il pubblico esagera con le accuse, com’è successo con Eilish e Normani. Jesus G. Smith, professore di studi etnici all’Università di Lawrence, ha detto a Rolling Stone US che le accuse false o prive di pensiero critico sono pericolose per ogni movimento online. «La gente deve decifrare la differenza tra chi si esibisce per l’occhio eterosessuale e il queerbaiting, perché sono due cose diverse».

Smith dice che fare queste discussioni online ha i suoi pro e contro. Da un lato, scrivere aiuta ad articolare punti specifici. Dall’altro, può «creare ogni tipo di confusione. La rete può davvero danneggiare queste discussioni. Dipende tutto da come le persone usano e manipolano la tecnologia».

Al netto di tutto ciò, la comunità LGBTQ+ chiede di essere riconosciuta nei ruoli e nelle storie scritte da queer per i queer. L’attivista Leo Herrera, per esempio, parla con i suoi follower con dei messaggi pubblicati sul suo account Instagram in cui condivide opinioni e pensieri su quello che accade nella comunità queer.

A dicembre 2020, ha pubblicato un post intitolato “Scraps” (avanzi, ndt), in cui diceva di essere stanco degli “avanzi” lasciati alla comunità, sia nella rappresentazione dei media che in altri campi, come la sanità pubblica, mentre sui giornali si dà ampio spazio agli uomini etero che si vestono da donna. «Sono stanco di questi avanzi vecchi decenni rimaneggiati per darci “visibilità”», ha detto. «Gli avanzi sono per le carestie. Ma non è il nostro caso. Le persone queer fanno banchetti. Tenetevi i vostri avanzi del cazzo».

Questo articolo è stato tradotto da Rolling Stone US.