Zollo vuole mettere d’accordo i fan dei Calibro 35 e quelli di Ketama126 | Rolling Stone Italia
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Zollo vuole mettere d’accordo i fan dei Calibro 35 e quelli di Ketama126

Nei suoi singoli il fonico della band di ‘Momentum’ sfida la divisione fra generi, anzi fra caste musicali. «In fondo, i musicisti più esperti che oggi criticano i trapper da giovani erano come loro»

Zollo vuole mettere d’accordo i fan dei Calibro 35 e quelli di Ketama126

Zollo

Se dovessimo immaginare le due tipologie umane e musicali per eccellenza agli antipodi, sui due fronti opposti troveremmo senz’altro i seguaci della musica alt rock, prog e strumentale italiana (fan di band come i Winstons, i Calibro 35, gli Afterhours o i Verdena, per intenderci) e gli amanti della trap italiana (tifosi dei vari Ketama126, Dark Polo Gang, Tauro Boys, Side Baby e via dicendo). Di solito passano gran parte del tempo a schifarsi a vicenda, e/o a prendersi a male parole. Per verificarlo basta buttare un occhio alla sezione commenti dei social di Rolling Stone, ad esempio: difficile trovare un solo argomento, o un solo artista, su cui siano d’accordo.

Eppure i punti in comune tra i due schieramenti esistono, secondo alcuni, e c’è chi ha addirittura osato sfidare questa rigida divisione in caste per avvicinarli. Questo temerario pioniere è Carlo Zollo, in arte Zollo, di professione fonico e produttore. Ha 32 anni, viene dalla provincia campana, suona la chitarra ma ha imparato a mettere le mani un po’ su tutti gli strumenti che gli capitano a tiro. È il tecnico del suono di fiducia di gente come i Calibro 35 e i Winstons, ma ha imparato ad amare anche la trap italiana – sì, gente, è possibile: rassegnatevi. Qualche settimana fa ha lanciato il progetto Spermatozollo, una collana di singoli ispirati allo spirito delle library anni ’60 e ’70 che facevano da colonne sonore ai vari film. La vera differenza sta nel fatto che non si tratta di musica puramente strumentale, o cantata da qualche fine conoscitore del repertorio dell’epoca: ad animare le varie tracce è gente come Joe Sacchi, la Garage Gang, Ketama126, Lil Jolie e Pretty Solero. L’ultimo singolo, Trust Me, a molti suonerà addirittura blasfemo, perché vede protagonisti i Tauro Boys ed Enrico Gabrielli, una squadra che quasi nessuno avrebbe mai pensato di vedere riunita per una canzone.

Per capire com’è nata l’idea di Spermatozollo – la cui “fase 1” si è chiusa proprio con Trust Me, ma che prevede ancora molte sorprese in arrivo – abbiamo parlato con il diretto interessato.

TRUST ME (feat. Tauro Boys)

Come sei arrivato all’idea di unire due mondi così diversi e apparentemente inconciliabili?
Per spiegarlo, devo partire da molto lontano. Vengo da un paesino della provincia di appena 500 abitanti e quando ho iniziato ad andare alle superiori a Benevento ho scoperto dell’esistenza di un centro sociale occupato. Mi sono unito a loro perché adoravo l’idea di condivisione e lo spirito di iniziativa che portavano avanti, occupandomi in particolare dei concerti e della gestione della sala prove, dando una mano alle band con le loro esigenze tecniche. Lì ho capito la mia strada e mi sono lanciato nella carriera di fonico. Ho iniziato a studiare, e soprattutto a propormi ai gruppi che passavano in Campania come ragazzo di bottega: mandavo mail a tutti e chiedevo se avevano bisogno di una mano, specificando che in cambio non volevo soldi, ma solo fare esperienza.

E così, tra i tanti gruppi, hai conosciuto i Calibro 35…
Esatto. Dopo un paio di giorni in tour con loro, si sono trovati così bene che hanno deciso di tenermi per sempre. Mi si è aperto un mondo, perché sono dei musicisti pazzeschi e ciascuno di loro ha dei progetti collaterali, in cui poi mi hanno regolarmente coinvolto. Così a 21 anni mi sono ritrovato a vivere tre anni a Roma per progettare tutta la produzione tecnico/artistica dell’Angelo Mai, a seguire le registrazioni dei Winston di Enrico Gabrielli e a lavorare con band underground, ensemble africani, cantautori… Seguivo anche duecento concerti all’anno. Otto anni fa mi sono trasferito a Milano: l’underground ormai si era in parte trasformato in mainstream, così ho cominciato a occuparmi dei primi tour importanti di artisti come Calcutta e Cosmo, e parallelamente lavoravo come produttore tecnico ai Red Bull Studio Mobile. Lì mi è capitato di conoscere molti artisti della scena hip hop e urban, e ho realizzato che se volevo davvero entrare in sintonia con loro dovevo capire come lavoravano, assorbendo il loro suono e imparando a usare gli stessi strumenti che utilizzavano loro. Ho ricominciato a studiare, in pratica.

E com’è andata a finire?
Che mi divertivo un sacco! Ero abituato a una situazione di studio professionale, in cui mi ritrovavo a lavorare con musicisti molto più grandi di me anche in termini di età. I rapper e i trapper, invece, sono quasi sempre miei coetanei, e finivamo per diventare subito amici. Ho uno studio casalingo e le session diventano un mix di cazzeggio e musica, con Pretty Solero che mollava le strofe a metà e si metteva a cucinare la carbonara per tutti.

Anche il nome del progetto, Spermatozollo, è molto scherzoso…
Mi piace attingere a tanti mondi diversi, anche da ascoltatore: non ho un genere musicale preferito, amo i dischi che mi trasmettono qualcosa. Una sera ero a Roma, sul terrazzo del mio manager, Il Sergente (lo stesso di Pretty Solero, Ketama126, Lil Jolie e tanti altri, nda), e stavamo facendo brainstorming per trovare un nome che esprimesse questa varietà. Un po’ per scherzo, se n’è uscito con questo nome: Spermatozollo! Un seme che feconda e crea, e che esprime anche il nostro senso dell’umorismo un po’ cazzaro.

Da una parte lavori con i musicisti più amati dagli audiofili italiani, come i Calibro 35 e i Winstons, che curano maniacalmente il loro suono. Dall’altra ti accompagni a rapper e trapper della nuova generazione, che sono considerati musicisti da cameretta e non sempre si preoccupano di lavorare con strumenti professionali. Come vivi questa dicotomia?
Dal mio punto di vista non c’è così tanta differenza, a livello di feeling, tra Enrico Gabrielli e Ketama126. Certo, il primo fa una costruzione iper-complessa della sua musica e il secondo invece va quasi solo a istinto, ma l’impegno e la concentrazione che ci mettono sono davvero molto simili. Cerco spesso di far capire ai musicisti più esperti e navigati che dovrebbero conoscere meglio il mondo dell’urban italiano, prima di giudicarlo. Anche perché molti di loro, quando li ho conosciuti da giovani, come erano uguali a quelli che oggi criticano.

Secondo te chi ascolterà le canzoni di Spermatozollo? I fan di Gabrielli o quelli dei Tauro Boys?
Immagino più i fan dei Tauro Boys, ma spero che anche quelli di Gabrielli, forse per lo shock, finiranno per avvicinarsi. Secondo me sono due mondi che potrebbero e dovrebbero convivere, anche perché è dalla contaminazione che nascono cose nuove, creative e originali. Penso che tutti dovrebbero andare orgogliosi di essere parte di questo tipo di incontro e situazione.

A proposito di incontri e situazioni, il tuo è uno dei mestieri più imprevedibili e ricchi di aneddoti. Qual è la cosa più assurda che ti è mai capitata durante un concerto o una session in studio?
Sarebbero troppe per ricordarle tutte, ma sicuramente una delle più divertenti è capitata all’Angelo Mai, durante una data di Dellera. Il locale era alimentato da un gruppo elettrogeno molto potente, che però a metà concerto si è ingolfato, lasciandoci completamente al buio. Ci siamo attivati al volo per cercare di risolvere la situazione, e l’unico modo per cavarcela era un allaccio pirata a un palo della luce lì fuori. Però non bastava a sostenere sia l’illuminazione che gli strumenti sul palco, così abbiamo spento del tutto le luci e abbiamo acceso un migliaio di candele, quelle che di solito mettevamo sui tavolini, consumando in una sola sera tutta la fornitura della stagione. Alla fine è stato un evento indimenticabile.