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Weval, elettronica nostalgica da film di Wes Anderson

Il duo olandese produce un'elettronica cinematica «in continua crisi esistenziale», là tra la techno e il pop. In Italia arrivano il prossimo 9 agosto in Sicilia, al Mish Mash Festival a Milazzo

Foto: Dennis Branko

Da qualche parte tra la techno addolcita dei Moderat e l’evoluzione club che flirta col pop mescolando songwriting a beat lisergici, la progressione del progetto Weval è una delle più distintive degli ultimi anni. Da Amsterdam, Harm Coolen e Merijn Scholte Albers si incontrano nel 2010, coinvolti entrambi dalla passione per il cinema, il trip-hop e l’house con influenze jazz, quando Harm coinvolge Merijn per collaborare alla realizzazione di un video musicale per alcuni amici di una band. Nel 2013 il loro primo EP Half Hage cattura l’attenzione della tedesca Kompakt, etichetta-culto che da fine anni ‘80 è alla costante ricerca di linguaggi in grado di muoversi tra elettronica melodica e techno, che poco più tardi ne consacra l’ascesa con l’omonimo album di debutto.

«Il tempo ti sfugge costantemente e quando guardi indietro, i ricordi si distorcono. A volte negativamente, a volte falsi, a volte euforici e idealizzati», recita la nota stampa che introduce Remember, uscito su Technicolour (etichetta satellite dell’istituzione londinese Ninja Tune), terzo capitolo di un viaggio che, come ci raccontano, comincia a tirare le fila di un discorso che adesso sì, si è fatto davvero serio. Anticipato dai singoli Forever, Dont’t Lose Time e Everything Went Well, gli undici brani invitano a fermarsi per un attimo a guardare indietro in un mix che combina euforia e sincero stupore: «Dopo parecchi anni a produrre e portare la musica in tour ci siamo resi conto che avevamo bisogno di guardare indietro a ciò che avevamo fatto, partendo da vecchie demo che hanno reso possibile l’evoluzione del progetto», commentano. «La nostalgia è stata sempre in qualche modo insita nel nostro linguaggio, ed in questo caso l’abbiamo contestualizzata in un contenitore che ripercorre la strada fatta fino ad ora, da un piccolo villaggio fuori Amsterdam a tutto ciò che c’è stato dopo».

I campionamenti sono di fatto una maniera di riportare una memoria di nuovo in vita, per la musica elettronica, eppure in quella cinematica dei Weval trovano spazio lirica e beat delicati che allontanano l’abuso di un certo cut-paste famelico, premiando, contrariamente alla metafora su cui si poggia il racconto del disco, il futuro: «Credo l’elemento centrale sia la distorsione, che può suggerire l’immagine stessa del ricordo. Ma trovo ci sia anche molta progressione positiva: un invito all’euforia». spiega Harm. «È un po’ la sensazione che abbiamo provato rivivendo le tappe che ci hanno segnato, che qui collidono in un suono più evoluto, dopo dieci anni di carriera».

Eppure c’è anche un’incalzante sensazione di distopia, che spesso ha trovato spazio nel panorama elettronico recentemente, se pensiamo allo stesso ritorno dei Moderat con le scure traversate del loro MORE D4TA o ad un’inattesa esplosione dell’ambient e della musica che ferma il tempo, quasi a fotografare le reminiscenze pandemiche. «In realtà la nostra musica è sempre in un certo senso in preda a crisi esistenziali», spiega il duo. «Per Remember abbiamo persino rispolverato vecchi strumenti e attrezzature che avevamo lasciato in un angolo da tempo, ma contrariamente al darci un effetto di distopia ci ha restituito sensazioni stimolanti, ci ha permesso di sperimentare con noi stessi. E anche col nostro stesso passato, appunto».

Passato, quello recente, che nella lunga wave post-Covid sta cambiando anche il rapporto con i live, come dicono i due in relazione al tour che li vede in giro tra Europa, poi Stati Uniti e Canada, «in maniera molto forte: la gente vuole sentirsi ad un party, costantemente, e credo sia ok visto quanto ci siamo persi in due anni da soli in casa». E aggiungono: «E sì, per quanto la nostra musica combini elementi nostalgici a techno più sostanziosa, il live si sta adattando anche in relazione a questa vibe di ritorno alla festa, alla positività». Come in una pellicola surrealista, che però al surreale ci ha fatto abituare, l’invito al ricordo per i Weval sembra un antidoto a superarne l’angoscia. Ma che tipo di film sarebbe, allora, il loro album? «Barbie! No, scherzo (ride, ndr). Uno molto eclettico, credo. Immagina un thriller diretto da Wes Anderson: ecco, qualcosa del genere», risponde Harm. «O forse una commedia diretta da David Fincher» aggiunge Merijn.

Tanto importante il ricordo quanto il futuro: quello prossimo, per il duo, li vedrà debuttare in Sicilia, al Castello di Milazzo durante Mish Mash Festival (con in line-up anche Nu Genea, Todd Terje, Nabiha Iqbal, tra gli altri): «Siamo molto curiosi di vedere come andrà, è la nostra prima volta sull’isola e sarà in una location sicuramente particolare. Stiamo lavorando molto con una formazione full-band, e nel frattempo siamo alle prese con un nuovo EP che uscirà a Settembre». Nuova musica quindi, nonostante live e scrittura abbiano bisogno di quel tempo per ricordare, come suggerisce il racconto dell’album: «Il ritorno alla normalità ci ha spinti anche a bilanciare meglio questo aspetto, per la nostra carriera: viaggiare andando in tour ci da occasione di stare in mezzo alla gente, prendere ispirazione da ciò che succede. Poi però c’è anche bisogno di fare un reality check, per fermarti a capire dove stai andando e dove vuoi arrivare».

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