Tutti i modi di essere Mille | Rolling Stone Italia
mica solo un numero

Tutti i modi di essere Mille

È uscito ‘Il tempo, le febbri, la sete’, singolo che anticipa il nuovo album della cantautrice. L’abbiamo incontrata per parlare di come si supera una delusione d’amore e di come rimanere fedeli a se stessi mentre tutto cambia

Mille

Mille

Foto press

Mille è tornata con un nuovo singolo: Il tempo, le febbri, la sete. Il brano uscito il 14 maggio è il primo passo verso Risorgimento, il disco in arrivo in autunno. Un viaggio sonoro che parte dal dolore e arriva alla rinascita: «Quando ho scritto questa canzone soffrivo per amore e ho avuto bisogno di tempo per elaborare il dolore, della febbre per scaricare l’emotività, e infine della sete, come moto del corpo che desidera abbeverarsi nuovamente».

Così ci ha raccontato, descrivendo la canzone come un punto di partenza per una fase rinnovata della sua vita. Il singolo anticipa un disco che, come suggerisce il titolo, non parla solo di trasformazione personale, ma di una visione collettiva. E sarà un percorso che proseguirà nei live. Milano e Roma saranno le prime fermate del Risorgimento Tour: l’11 novembre e il 12 rispettivamente. Intanto il 2025 della cantautrice è iniziato senza compromessi. Perché «la vita è troppo breve per essere sprecata con delle facce da cazzo».

Mille

Foto press

Ti seguo sui social e dopo Capodanno mi è rimasto in testa questo tuo post, con tanto di foto, dove spiegavi i buoni propositi per il 2025: «Baci, abbracci, vino rosso, spumante e gin tonic, Crystal Ball e soprattutto nemmeno una faccia da cazzo».
Questa è una promessa che mi sono fatta dopo essermi trasferita a Milano. Aggiungendo anche quella di non utilizzare più il tempo con delle facce da cazzo, nel senso che la vita è troppo breve e troppo bella per essere sprecata in maniera sbagliata. Questo è diventato una sorta di motto che mi accompagna perché bisogna farsi del bene. E io cerco di farmi del bene, è un po’ questo il mood…

Il trasferimento a Milano è finalizzato alla musica o anche a un cambio di vita?
Milano rappresenta per me un respiro nuovo. Mi sono trasferita con altre persone che avevano la necessità di venire qui per la musica. E poi, pur essendo una città grande, è ancora a misura d’uomo. Puoi muoverti in bicicletta, fare camminate, incontrare tante persone da tutta Italia e anche dall’estero. Per me è più un cambio di vita che un semplice passo verso la musica, anche se, ovviamente, la musica è parte di questo cambiamento.

Un cambiamento testimoniato da Il tempo, le febbri, la sete, il singolo che anticipa il nuovo album. Un brano nato da una delusione d’amore.
Purtroppo sì. Quella canzone è nata in un momento molto personale, cioè mentre piangevo con indosso una bellissima camicia da notte bianca e imbracciavo la mia chitarra elettrica rosa. Ero in casa, nello studio di fronte a un pianoforte, e la canzone è uscita di getto. Sentivo proprio il bisogno del tempo per elaborare il dolore, della febbre che permette di buttare fuori le sofferenze, e della sete che è il mezzo fisico, del corpo, che ti spinge a tornare ad abbeverarti. Quei tre elementi sono stati fondamentali per la mia rinascita interiore.

«Se devo piangere preferisco farlo sul sedile posteriore di una Rolls Royce piuttosto che su quelli di un vagone del metrò», ha detto Marilyn Monroe.
Esatto, ma nel mio caso meglio suonando una bellissima chitarra rosa in camicia da notte.

Un brano dove, com’è nel tuo stile, riesci a tenere insieme con equilibrio sonorità del passato, racconti inseriti nel presente e immagini futuribili, come quando canti “il sabato balliamo, un computer grida che è finita”. Un viaggio nel tempo?
Sono esattamente così. Mi piace farmi attraversare dalle cose. Sono presente a me stessa con uno sguardo al futuro, ma anche legata a una tradizione che mi tengo stretta. Non a caso il titolo dell’album ha a che fare con un certo passato, il risorgimento, un termine che contiene dimensioni temporali differenti: dal passaggio attraverso un periodo decadente, al presente per avere uno sguardo futuro.

Mi ha colpito anche la tua voce, che utilizzi in modo più profondo del solito. In questa canzone ha delle sfumature basse che mi sembrano inedite.
Sicuramente sì. Ma non c’è stato solo un lavoro tecnico, c’entra anche con l’accettazione di me stessa. La mia voce è il mio corpo, le mie corde vocali, la mia cassa di risonanza. Quindi, quando canto, cerco di rimanere fedele a quella che ero quando ho scritto la canzone. In studio perfezioniamo il tutto, ma l’obiettivo è sempre quello di mantenere la stessa sincerità vocale che avevo quando scrivevo. Anche se il lavoro in studio affina il tutto.

Le tue canzoni nascono sempre in modo istintivo, o anche in momenti più ragionati?
Direi che è un mix di entrambi gli atteggiamenti. La parte più istintiva è sicuramente presente, ma c’è anche un lavoro di semina durante il giorno che è continuo. Io sono una che si appunta spesso le cose che sento in giro, che vedo, che mi colpiscono. E poi, quando arriva il momento giusto, mi ritrovo con la chitarra o al piano, e la melodia o il testo arrivano spontaneamente. Però è un lavoro che non si ferma mai, è in movimento. A volte scrivo a cappella e fisso le idee con il registratore del cellulare e poi aggiungo gli strumenti.

Mille

Foto press

Decisamente più esplosivo il prossimo singolo, C’est fantastique, che ho potuto ascoltare in anteprima: passi dalla techno alla disco, dal rock al cantautorato e flirti anche con il punk in un ritornello martellante che rischia di diventare un tormentone.
È il brano più ribelle dell’album. Mi piace che sia presente una certa ribellione nella mia musica. E poi amo unire tutte le influenze che mi colpiscono, senza volermi limitare. Dentro quella canzone ho messo tutto quello che mi piace musicalmente, ma anche quello che sentivo di dover esprimere in quel momento. Il mio nome d’arte, Mille, rappresenta proprio questa moltiplicità, questa possibilità di essere continuamente senza confini, senza limiti.

Nella canzone scatti una fotografia impietosa della società che stiamo vivendo, nella quale “la gente è stanca, non scopa, non dorme, arriva scema al 27”. Senti anche tu, come altri artisti, che forse siamo arrivati a un punto di rottura?
Sicuramente c’è bisogno di un risorgimento, anche in questo senso. Quello che sto vivendo, compresa la musica, è una grandissima voglia di rinascita. Non si tratta solo della mia esperienza personale, ma di qualcosa che sta accadendo a livello globale. La gente sente la necessità di fermarsi, di riflettere, di vivere in modo più autentico, e io credo che la musica, insieme a tante altre forme artistiche, stia cercando di far emergere questa esigenza.

C’è una battaglia, più di altre, dalla quale partire per innescare un risorgimento?
La cosa importante è credere in ciò per cui si lotta. Non c’è una battaglia che sia più o meno importante di un’altra. Ogni persona ha le proprie. Ma è fondamentale essere sinceri con se stessi, rimanere fedeli a chi si è. La base di ogni battaglia dovrebbe essere quella sincerità, il rispetto di sé e degli altri.

Tra le regole dell’industria musicale, l’ansia degli stream o delle interazioni social, la velocità con cui ci arrivano le informazioni, cosa ti crea più disagi?
A me, sinceramente, dei numeri non è mai importato molto. Anche se mi chiamo Mille. Ci sono delle pressioni, è vero, ma ho imparato a non farmi influenzare troppo da queste circostanze. Vivo per ciò che mi fa stare bene, senza inseguire risultati. Penso che anche l’industria musicale stia cambiando in questo senso: c’è una crescente consapevolezza che l’ansia da prestazione, la corsa ai numeri può essere dannosa. Molti si stanno rendendo conto che se non si è fedeli a se stessi, non si può andare lontano.

Lucio Corsi è un artista che, da Sanremo all’Eurovision, può essere un esempio?
Sì, Lucio è un esempio per me e per tutti. Ho sempre ammirato la sua autenticità. Ha dimostrato che si può fare musica in modo sincero e autentico, senza snaturarsi, e arrivare a un pubblico ampio. La sua carriera prova che, se resti te stesso, arrivi dove vuoi arrivare.

Lo hai dimostrato anche tu, dopo la partecipazione a un talent come X Factor quando cantavi con i Moseek e ora con la tua carriera solista: c’è vita anche oltre la tv.
Non è stato facile, ma ho seguito la mia indole. Quando ho finito il tour con i Moseek avevo bisogno di esplorare nuovi mondi, anche musicalmente. Prima scrivevo solo in inglese, poi ho avuto il coraggio di mettermi alla prova in italiano. Ho abbattuto quella barriera che mi ero autoimposta e ho scritto canzoni che sento completamente mie. Quando ho cambiato nome e percorso è stato un modo per far evolvere la mia musica, per essere più autentica.

Hai mai pensato che potrebbe essere il momento per Sanremo?
Sanremo è un sogno che ho da quando ero bambina. Ho sempre seguito il Festival, registravo tutte le esibizioni, scrivevo le melodie sui testi delle canzoni che trovavo nei giornali. Quindi per me partecipare a Sanremo sarebbe la realizzazione di un sogno.

Sai che ormai è quasi un tormentone: quanto Auto-Tune ci sarà nel tuo album?
Abbiamo giocato con l’Auto-Tune in un momento specifico. In una delle canzoni dico proprio “voce di ragazza che ora annega nell’Auto-Tune”. È stato un esperimento divertente, ha avuto un senso in quel contesto. Ma non è certo l’elemento centrale del disco.

In generale senti in giro degli abusi, oppure è il suono di una generazione?
Per me vale questa regola: ognuno è libero di fare quello che vuole. L’Auto-Tune fa parte di un certo tipo di musica, e ci sono artisti che ci lavorano, per cui è giusto così. Io sono cresciuta con la chitarra e il pianoforte, ma non giudico chi usa strumenti diversi. È un mondo musicale ampio e variegato, e ciò che conta è la sincerità. La verità alla fine arriva sempre.

Una verità che hai sperimentato anche nel teatro, con il debutto ne La locandiera di Goldoni. Il cinema è un altro obiettivo che ti poni?
Mi piace sperimentare tutto ciò che mi diverte. Ho provato il teatro e mi sono divertita un sacco. Il cinema mi incuriosisce, ma non ho mai avuto occasione di approcciarmi a quel mondo. Però, se ne avessi l’opportunità, sarei davvero molto curiosa.

C’è un’immagine che ti rappresenta più di altre nel tuo percorso musicale fino a ora?
È quella di mia madre affacciata alla finestra della cucina, con la sua sigaretta dopo pranzo e i capelli rossi lunghi sciolti. Io la vedevo così, mentre cantava le canzoni di Gino Paoli. Non era una cantante, ma il suo modo sincero di cantare mi ha sempre ispirata. Per me rappresenta la verità e la sincerità, che sono alla base anche della musica.

A questo punto il cerchio va chiuso in un duetto con Gino Paoli.
Per me sarebbe un sogno, perché è un maestro. È nel mio cuore e nelle mie orecchie.

Altre notizie su:  Mille