«Trovare un modo per organizzare concerti è diventata la mia ossessione» | Rolling Stone Italia
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«Trovare un modo per organizzare concerti è diventata la mia ossessione»


Lo dice Peter Shapiro, uno dei promoter più esperti della scena live americana, al lavoro per riportare la musica dal vivo tra la gente. «C’è una sola soluzione: test rapidi all’ingresso»


«Trovare un modo per organizzare concerti è diventata la mia ossessione»

Peter Shapiro

Foto: Victor Llorente per Rolling Stone USA

Nei 25 anni in cui ha gestito il Wetlands, il paradiso per le jam band newyorkesi degli anni ’90, Peter Shapiro si è fatto un nome per la capcità di portare a termine imprese apparentemente impossibili. Una volta si è presentato nel backstage di Robert Plant con una valigetta marrone contenente 50 mila dollari in contanti. Voleva convincerlo a suonare un concerto a mezzanotte nel suo piccolo locale, il Brooklyn Bowl. Plant ha accettato. Nel 2015, Shapiro ha aiutato a mettere da parte decenni di sangue amaro tra i vari membri dei Grateful Dead, contribuendo alla reunion della band per i concerti del Fare Thee Well Tour.

Ora è alle prese con la sfida più grande della sua carriera: superare la chiusura causa pandemia dei locali che ha aperto a Las Vegas e New York. «Nessuno sa che cosa fare», dice Shapiro. «Penso ossessivamente al futuro, dobbiamo essere pronti a percorrere strade nuove».

Dopo la cancellazione dei grandi eventi che aveva organizzato per il mese di marzo, come il concerto per l’80esimo compleanno di Phil Lesh e l’apertura di un altro Brooklyn Bowl a Nashville, Shapiro ha cambiato obiettivo e sta cercando di pagare i suoi dipendenti, trovare nuove date per gli eventi e metterne in piedi altri in streaming. Per esempio: una serie di concerti per bambini chiamata Rock and Roll Playhouse, in onda ogni giorno alle 3 del pomeriggio, e un concerto a porte chiuse di Jason Isbell. «Ti devi muovere su più fronti contemporaneamente», dice.

Secondo Shapiro, c’è solo un modo per riaprire i locali in sicurezza: test rapidi. «Quella è la chiave», dice. «Fai il test prima di entrare». Sta immaginando un sistema per il Brooklyn Bowl: il locale aprirebbe prima del solito e con capacità ridotta. «Adesso apriamo alle 6, ma potremmo anticipare alle 5 così da non creare troppa fila. Entri prima e ti diamo da mangiare». Secondo Shapiro è un’alternativa più attraente degli stadi e delle arene: «Chi ha davvero voglia di mettersi in coda alle 5 del pomeriggio e restare lì fino all’inizio del concerto?».

Shapiro è convinto che il sistema dei test rapidi sia applicabile anche al Lock’n, il festival dedicato alle jam band a cui hanno partecipato membri dei Dead, Allman Brothers, String Cheese Incident e altri. Per ora il festival è rimandato da giugno a ottobre. «Non mi sono ancora arreso», dice. «Credo che si possa fare solo con i test all’ingresso. Sono in grado di amministrarli a chiunque partecipi a un festival di tre o quattro giorni? Sì. Ci potrebbero essere ore di attesa e l’uso della mascherina potrebbe essere obbligatorio. Dovremo ridurre la capacità, prevedere più aree per il campeggio. Capiremo come fare».

Shapiro dice che la pandemia ha cambiato la sua vita in modi che non avrebbe mai immaginato. Adesso passa le giornate a giocare a hockey sul tetto con i figli. Non ha mai passato tanto tempo senza vedere un concerto da quando aveva 16 anni. «Non è tanto male», dice. «Ma c’è anche lo stress derivante dalla necessità di capire come far funzionare le cose. Stiamo rimandando un sacco di concerti». Sta anche pensando a come rendere gli eventi digitali un’esperienza più condivisa. «Stiamo studiando la tecnologia, vorremmo inserire cose come l’home dancing. Se balli a casa tua, ti mettiamo nel flusso dello stream. I concerti acustici sono carini, ma quelli di una band in un club sono un’altra cosa».

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