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Tremate tremate, le Bambole di Pezza son tornate

A vent’anni dall'esordio, la band tutta al femminile è tornata con 'Favole (mi hai rotto il caxxo)' in una scena cambiata dal revival del punk-pop. «Conta quel che fai, non di che sesso sei»

Foto press

Le streghe son tornate e stavolta ancora più determinate. A 20 anni dagli esordi, le Bambole di Pezza si ripresentano sul mercato discografico con un brano, Favole (mi hai rotto il caxxo), che ripropone la stessa carica delle origini, ma con sonorità rinnovate. E anche la line-up è in larga parte cambiata: sono rimaste Morgana X e Dani Piccirillo alle chitarre, mentre si sono aggiunte Martina Cleo Ungarelli alla voce, Caterina Dolci al basso e Federica Xina Rossi alla batteria. Un nuovo inizio per la band milanese tutta al femminile, che nei primi anni del 2000 rappresentò una mosca bianca nell’ambiente proprio perché composta da sole donne.

Con all’attivo due dischi, Crash Me e Strike, possono vantare di essere delle pioniere in termini di lotta al sessismo e di promozione delle pari opportunità, senza però considerarsi femministe. Radicali, in pieno spirito punk, sono per una uguaglianza totale: «Conta la qualità di quello che fai, non di che sesso sei».

Dopo centinaia di concerti in giro per l’Italia, oltre a un tour insieme agli Ska-P, hanno deciso che era il tempo per una reunion, rigorosamente senza nostalgie. Il singolo, anche se parte da una storia personale (d’amore) della cantante, si sviluppa in una provocazione collettiva, quasi un urlo di insofferenza verso l’attuale momento storico. Passata (forse) una pandemia mondiale, mentre una guerra è in corso alle porte dell’Europa e ci apprestiamo a una estate senz’acqua e a un autunno senza grano, cosa c’è di più liberatorio di un un bel “mi hai rotto il cazzo” sparato in faccia a tutti i problemi che ci circondano?

Abbiamo incontrato una delle fondatrici, Morgana X, che ci ha raccontato il perché, dopo sette anni, era tempo di rompere il silenzio e che non si tratterà soltanto di un exploit isolato: «In autunno faremo uscire un altro singolo e più avanti un album con un bel po’ di inediti».

Morgana, le streghe son tornate per davvero.
Esatto, eccoci qui! C’era tanta voglia di riprendere a suonare e forse la pandemia ci ha aiutato. In giro ci sono tantissimi concerti ed eventi, mi sembra tornata tanta passione per la musica e per i live. Evidentemente, quando ti tolgono qualcosa, alla fine capisci che ti manca.

Rispetto al passato, avete abbandonato qualche cliché tipico del genere, a favore di sonorità un po’ più attuali.
Per tornare dovevamo farlo senza riproporre le stesse cose. Per questo abbiamo scelto di abbracciare sonorità moderne. Il singolo è partito da una idea melodica e da lì abbiamo lavorato molto bene, anche grazie al produttore Andrea Trix Tripodi, che è stato bravo a tirarci fuori quegli aspetti nuovi che cercavamo. E poi non sarebbe stato possibile rifarci soltanto al passato, tre-quinti delle componenti della band sono giovanissime e hanno ascolti decisamente eterogenei. Così come la nuova cantante ha uno stile che si discosta dalla scuola punk, ma con la grinta necessaria per spaccare. Siamo molto contente del risultato.

Il brano parte da una vicenda privata, una storia d’amore finita male, ma poi l’invettiva si allarga a livello universale.
Come sempre questi brani passano dalla vita vissuta e poi si ampliano. È stata l’occasione per identificare una determinata emozione percepita, che è stata amplificata dal Covid, dalla guerra in Ucraina, e da tante altre decisioni personali sbagliate che chiunque può compiere. Infatti, chiunque prima o poi nella vita sente di dire «hai rotto il cazzo» a qualcuno o verso qualcosa. In più porta avanti le nostre battaglie di sempre, in particolare per la parità dei sessi pur non essendo femministe. Perché ancora oggi è presente la difficoltà di essere femmina e di poter fare qualsiasi cosa come i maschi, anche la musica. È colpa del pregiudizio, per cui ci sta mandare affanculo chi lo perpetua. E poi oggi viviamo in un’epoca dove è molto importante il tema delle pari opportunità. Quindi è una canzone che presenta più piani di lettura.

Il vostro primo disco, Crash Me, è del 2002. Sono passati esattamente 20 anni, un bel salto generazionale.
Sì, è passato tantissimo tempo. Ma della formazione originaria siamo rimate solo in due, le altre sono molto più giovani. E ci è piaciuto evolvere, mantenendo sia la parte storica punk della band, che viene dagli anni 2000 dove abbiamo vissuto fortunatamente una scena pazzesca era era possibile suonare tantissimo in giro. Poi è calata, a scapito del rap e della trap, ma ora vediamo un ritorno forte della musica suonata con gli strumenti, sarà merito dei Måneskin? Può essere un a concomitanza di fattori. Fatto sta che anche a noi è tornata la voglia di imbracciare gli strumenti e di salire sul palco.

Immagino che per le ragazze di oggi sia più semplice, rispetto al passato, poter formare una band tutta al femminile e dribblare i pregiudizi.
Certo, allora era molto più difficile conquistarsi una credibilità essendo tutte ragazze. Anche perché i messaggi allora venivano veicolati solo attraverso i media, mentre oggi con i social è più facile raggiungere tante persone e soprattutto le nuove generazioni. Noi abbiamo precorso i tempi anche con il web, già dagli esordi avevamo un blog molto seguito e cercavamo di dialogare con i fan, ci tenevamo in contatto. Oggi però con i social abbiamo tutti a disposizione dei canali in più che se hai qualcosa da dire possono farti raggiungere molte più persone. E poi, probabilmente, vent’anni fa non avevamo la stessa sicurezza per far passare i nostri messaggi, non si combatteva fino in fondo. Oggi invece sì, crediamo maggiormente in noi stesse.

Qual è l’esempio che pensate di portare oggi?
Di non lasciarsi scoraggiare, qualunque persona tu decida di essere. Non bisogna mai lasciare che nessuno ti influenzi negativamente, soprattutto se lavori nella musica.

Hai detto che non vi sentite femministe. Per caso trovate qualche distorsione nel movimento Me Too?
È un tema delicato. Forse cavalcando l’onda si è rischiato di passare oltre, invece ci vorrebbe più equilibrio. È anche vero che, come un’adolescente che cresce e si ribella, in certi casi sono utili anche le esagerazioni. Ci può stare storicamente un momento di ribellione e quindi di esondazione, con le parti che si ribaltano, ma subito dopo bisogna mantenere un equilibrio. Noi siamo per le pari opportunità in tutti i campi, a questo deve puntare una società. Bisogna avere rispetto degli altri e per ottenerlo è necessario puntare sulla qualità. Noi non vogliamo valere perché siamo donne, ma perché siamo brave in quello che facciamo. Il vero errore è avere dei pregiudizi. E noi donne dobbiamo essere le prime a non averne, ma è vero che a volte diventa troppo facile usare strumenti estetici invece delle nostre qualità.

Immagino che, magari proprio agli inizi, vi sia capitato qualche episodio spiacevole che oggi verrebbe stigmatizzato.
Altroché, non so quante volte sul palco sentivamo cori del genere: “Faccela vedè, faccela toccà”. Allora noi alzavamo i volumi e cercavamo di coprirli. Ma oggi sono atteggiamenti meno frequenti, mentre prima erano più generalizzati. Come il catcalling, allora appena vedevano una ragazza la fischiavano. Ora sono episodi molto limitati. Ma quello che ci faceva più soffrire era un certo pregiudizio da parte dei colleghi maschi, che poi nel tempo è sparito.

Ultimamente si è alzato un polverone per una fan di Blanco che, durante una sua esibizione, lo ha toccato nelle parti intime. È capitato anche a voi?
È capitato anche noi, figurati. Ma diciamo la verità, nel rock è sempre stata presente tanta sensualità. Basta ricordarsi di Iggy Pop quando si tirava giù i pantaloni, penso che il suo sia il membro più famoso del mondo. E c’erano anche donne musiciste che si spogliavano, si toglievano il reggiseno o che addirittura lanciavano gli assorbenti. Per cui non bisogna confondere certi atteggiamenti con la sensualità del rock. Gli stessi Måneskin giocano molto con la loro immagine. Non è sbagliato il contatto con il fan, diventa sbagliato nel momento in cui ti infastidisce. Come cantava Raffaella Carrà: “Com’è bello far l’amore da Trieste in giù, l’importante è farlo sempre con chi hai voglia tu”. Questa frase credo sintetizzi benissimo la questione.

Il punk si è mischiato con tanti altri generi, da ultimo la trap.
E ha portato a musiche molto interessanti. Stanno tornando le chitarre distorte ma associate a melodie nuove. Il caso più eclatante mi sembra quello di Machine Gun Kelly, passato dalla trap al punk. Anche in Italia sta nascendo una scena decisamente originale, da Naska a La Sad, che si stanno muovendo bene. Noi siamo contente, più torna il punk e più le Bambole di Ppezza si muovono in un ambiente in cui si sentono a loro agio. E poi vedo che piano piano riaprono i locali dal vivo, che erano un po’ spariti. Insomma, si sta muovendo qualcosa di importante.

Però non vi siete lasciate scappare l’occasione di lanciare un diss ai trapper. Nel singolo cantante: “E se mi tocchi fingo come l’AutoTune che usano quelli con cui esci…”.
Sì sì, certo. La nostra nuova cantante è specializzata nel dissing. È voluto, perché a noi piace essere molto vere, sia nella vita che sul palco. Anche perché, scusate, si studia una vita per stare sul palco, che senso avrebbe poi portare al pubblico qualcosa di falsificato? A noi non è mai piaciuto.

Qual è una follia che avete fatto con la band in passato e che, a vent’anni di distanza, ricordate ancora?
Ne abbiamo fatte tante, ma una è leggendaria. Una volta per liberarci da un altro impegno, per poter partecipare a un grande evento dove ci avevano invitate, siamo andate al pronto soccorso e la chitarrista ha finto di stare male con dolori di pancia estremi. Così, con il foglio del medico, ci siano svincolate. Ma poi tutte le situazioni post concerto erano folli, finivano immancabilmente in stato di ebbrezza. Sono tutti episodi che ricordiamo con grande divertimento, ma quelle situazioni è meglio viverle più che raccontarle.

Dopo questo singolo avete già qualcos’altro in cantiere?
L’intenzione è di far uscire un altro singolo in autunno e questo inverno un bel disco. Abbiamo tanti pezzi nuovi e stiamo cavalcando l’onda di queste sonorità più attuali. Arriveranno molte novità nei prossimi mesi, intanto siamo partite con i live e possiamo lanciare un messaggio ai tutti i fan delle Bambole di Pezza: stavolta non ci fermiamo più, promesso.

E come si possono definire le streghe del 2022?
Molto molto determinate, come le donne di oggi.

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