Tommy Toxxic racconta il mondo malato in cui viviamo | Rolling Stone Italia
Interviste Musica

Tommy Toxxic racconta il mondo malato in cui viviamo

Dal liceo Virgilio a ‘La danza delle streghe’, ecco la storia del rapper dark che si ispira a Goya. «Noi romani facciamo punk rinascimentale: ci influenza la decadenza dei monumenti che ci circondano»

Tommy Toxxic racconta il mondo malato in cui viviamo

Tommy Toxxic

«Il nome Tommy Toxxic non c’entra con la droga», spiega il diretto interessato al telefono, mentre in sottofondo risuonano le campane di una delle tante chiese della capitale. «La parola toxic è da leggere all’inglese, vuol dire più o meno “Tommaso che vive in un mondo tossico”. In un momento come questo, suona davvero perfetto». Anche la sua musica, un misto di poetica visionaria e suoni ruvidi, rotti e spigolosi, sembra adattarsi in pieno allo spirito dei tempi che corrono. Il suo album solista, La danza delle streghe, ha raggiunto un notevole hype prima ancora della sua uscita, venerdì scorso, anche grazie alle sue affiliazioni eccellenti. Non solo, infatti, con il suo gruppo Wing Klan è già un nome noto della nuova scena rap romana, quella che ha dato i natali a Carl Brave, Franco126, Ketama126, Side Baby, Tauro Boys e tanti altri suoi ex compagni di scuola al famoso liceo Virgilio, ma è anche prodotto dalla premiata ditta Crookers + Nic Sarno, la stessa che ha lanciato uno dei rapper più quotati e stimati degli ultimi anni, Massimo Pericolo. Il percorso che lo ha portato fino a loro, però, è stato lungo e tortuoso.

C’è chi pensa sia strano che molti dei personaggi più chiacchierati del rap romano di ultima generazione siano usciti dal Virgilio, che i non autoctoni sono abituati ad associare alla Roma bene e all’alta borghesia. «In realtà non è esattamente un liceo per privilegiati», ci tiene a sottolineare Tommy. «Anche se è in centro, è una scuola pubblica e molti studenti arrivano dalla periferia o da fuori città. Quando occupavamo, sembrava di stare dentro una scena de L’odio: gente che faceva grigliate sul tetto, o freestyle in un angolo, o fumava i bong in classe… Era un po’ uno zoo, in cui le varie sottoculture si incontravano e si contaminavano». Ad ogni modo, non lo frequenta a lungo: «Dopo i primi due anni sono stato spedito in collegio nel sud dell’Inghilterra, dove ho finito le superiori e mi sono diplomato», racconta, lasciando intendere che i suoi trascorsi scolastici non sono stati proprio brillantissimi.

Dopo la fine del collegio, lo aspetta un altro tipo di reclusione. «L’estate della maturità sono stato chiuso in ospedale per mesi», spiega. «Ero in vacanza in un’isola della Grecia, ho fatto un brutto incidente e mi hanno trasportato in elicottero ad Atene, dove mi hanno operato d’urgenza per levarmi la milza». Quando torna a Roma, quasi nessuno dei suoi amici vive più lì. «Così alla fine sono partito anche io, un po’ malconcio, con la scusa di continuare a studiare all’estero», ride. «Sono andato a Londra, dove ho abitato con un altro amico per cinque anni, più che altro cazzeggiando».

Un bel giorno torna a casa per le vacanze e incontra il suo ex compagno di scuola Joe Sacchi, con cui ha passato anni ad ascoltare rime tra una lezione e l’altra. «Ci veniva sempre più voglia di provare a fare rap più seriamente, visto che ci era sempre piaciuto. Abbiamo comprato un microfono e abbiamo iniziato a registrare, e a quel punto decisi di non tornare a Londra e di dedicarmi davvero alla musica». È la nascita del Wing Klan.

La copertina di ‘La danza delle streghe’

Tra l’incidente e la vita sregolata, Tommy attraversa un continuo saliscendi emozionale, che vira sopratutto sui toni più cupi. «Come quello dei quadri di Goya», dice (non a caso, prenderà in prestito il nome del pittore spagnolo per firmare alcuni suoi mixtape). «L’ho scoperto in un periodo molto pesante della mia vita, ritrovandomi quasi per caso a una sua mostra. La sua espressione artistica mi aveva colpito tantissimo, era come se fosse riuscito ad esprimere con la sua pittura i sentimenti che provavo in quel momento». Incubi, sopratutto: non a caso, per Goya il sonno della ragione genera mostri, e l’estetica delle sue canzoni pesca a piene mani da tutto questo. “Sotto sotto sono morto / Non lo sento il sottofondo / Sottosuolo, sottovuoto / Sotto i piedi solo il vuoto”, dice ad esempio in Harakiri.

La nuova scuola post trap romana è profondamente diversa da quella milanese, molto più dark ed esistenzialista. «Il nostro è una specie di punk rinascimentale: viviamo circondati da cupole, monumenti, croci e angeli di marmo, che forse ci hanno influenzato con la loro decadenza e impenetrabilità», riflette. «Abbiamo bisogno di ribellarci, di tirare fuori la parte malata che è in noi, con un immaginario spinto ed estremo».

È a Milano, però, che lui e Joe conosceranno i suoi futuri produttori. «Dopo un paio di birre ci siamo resi conto che sono dei bravi ragazzi e soprattutto educati», racconta Phra (Crookers). «Cazzeggiando in studio abbiamo fatto i primi pezzi e da lì è partito tutto». Anche musicalmente sono sulla stessa lunghezza d’onda. «C’erano delle affinità con quello che io e Phra stavamo facendo», aggiunge Nic Sarno. «Eravamo in trip con le stesse cose». Tommy è entusiasta del sodalizio: «Loro due sono delle leggende! E sono sempre stato un grande fan di Massimo Pericolo. Ma non mi sento assolutamente in competizione con lui, anzi: lo ammiro davvero, e vorrei tenere alta la bandiera di questa squadra».

La pressione di replicare gli straordinari risultati di pubblico di Scialla semper, per fortuna, non è così soffocante. «Con Massimo Pericolo è successa la magia proprio perché non avevamo aspettative, quindi sarebbe meglio non averne in generale», scherza Phra. «Dico sempre che le aspettative fanno fare cilecca: nel sesso, nella musica, in cucina…». Nic Sarno la prende con più filosofia: «Inevitabilmente un po’ di pressione c’è, ma non la vedo come una cosa negativa, anzi: è competizione con se stessi. Come si suol dire: dalla pressione nascono i diamanti. Cerchiamo di migliorare, più che di replicare gli stessi risultati».

Il concept dietro a La danza delle streghe si rifà sempre all’immaginario di Goya, ma non solo: c’entrano la mitologia, la cultura folkloristica, il femminile e molto altro ancora. «Verso le donne ho sentimenti ambivalenti», confessa Tommy. «Vengo da una famiglia matriarcale, ho avuto tante delusioni d’amore e le streghe dei film Disney che tutti noi abbiamo guardato da piccoli sicuramente mi sono rimaste in testa». Fatto sta che, come dicevamo all’inizio, sembra una la colonna sonora scritta apposta per il periodo distopico e inquieto che stiamo vivendo tutti. «Spero che questa situazione ci porterà a migliorare, a metterci nei panni degli altri e a non litigare per cose stupide. Un po’ come dopo una guerra». Il fatto che il disco esca in piena emergenza Covid è un caso più che una scelta precisa, ma non teme le ripercussioni della quarantena: «Ho sempre tanta musica pronta, più avanti ne farò uscire ancora. In questo momento storico mi piace poter dare qualcosa ai fan: sono come una famiglia per me».