Ci è o ci fa? È (ancora) un artista sperimentale o è (solo più) un fenomeno del marketing che confeziona tormentoni? E c’è un’ispirazione autentica alla base delle sue canzoni, oppure ci sta prendendo in giro guadagnando sulla nostra credulità? Abbiamo incontrato dal vivo Tommy Cash dopo l’uscita di OK, altro pezzo ultra-pop, proprio come Espresso macchiato, cantato tutto in italiano e costruito come un abbecedario dove ogni lettera si trasforma in simboli di moda e cultura.
Presentato in anteprima al Red Valley Festival a Olbia e già disponibile su tutte le piattaforme, Ok è accompagnato da un videoclip firmato Analina Pasok che attraversa l’Italia, da Roma a Milano e da Ostuni a Bari, e che mescola le nonne pugliesi agli influencer Lionfield fino ai bambini delle scuole, in un mosaico che ribalta tradizione e contemporaneità. Spiazzante e ironico, Tommy Cash gioca con gli stereotipi senza rinunciare a un’allucinazione d’insieme. Ma cos’è diventato questo folletto estone che per anni è stato considerato un pioniere del rap mixato all’hyperpop? «Oggi sono un artista migliore rispetto al passato, continuo a crescere e a trovare nuovi elementi da cui attingere», esordisce. Lo stesso che ha portato Espresso macchiato all’Eurovision (terzo posto per l’Estonia) e che ci assicura: «Il marketing viene dopo l’ispirazione. Puoi buttare 100mila euro in pubblicità e ottenere marketing stupido e con zero euro inventarti qualcosa di bellissimo. Anche questa è arte».
C’è chi lo accusa di essersi “venduto” al mercato, ma lui ribatte: «Perché dovrei fare solo un genere? Entrare nel mainstream è come entrare in una piccola finestra: ci lanci un sasso e a volte riesce a passare. È quasi un incidente quando succede». Se qualcuno gli scrive “mi manca il vecchio Tommy”, lui rilancia: «Di chi stai parlando? Ce ne sono tanti di Tommy. Mai il vecchio Tommy sono sempre io!».
In Italia lo vedremo parecchio nei prossimi giorni, con tre date: il 9 settembre all’Eur Social Park di Roma, il 10 settembre al Beky Bay di Bellaria-Igea Marina e infine l’11 settembre al Circolo Magnolia di Milano.
Tommy hai iniziato con il rap, senza mai accontentarti degli standard ma cercando sempre strade innovative, però ora che cosa sei diventato?
Sono un artista migliore rispetto a prima. Perché continuo a crescere e a trovare nuovi elementi che posso utilizzare nei miei brani, con sempre nuove ispirazioni. Penso che si tratti di qualcosa di estremamente positivo quando un artista prova a crescere, no?
Dacci una tua definizione di Tommy Cash per chi ancora non ti conosce.
Un artista davvero bravo! (Gli si illuminano gli occhi e sorride) Direi che la mia musica oggi è per tutti, ma allo stesso tempo per nessuno. Sono un musicista libero, propongo pezzi freschi e con tanti strati diversi. È questo che mi rende valido. Ed è il lato su cui lavoro di più.
In gioventù hai iniziato come artista di strada con i graffiti. Cos’è rimasto, nella tua musica, di quell’atteggiamento?
Dentro di me sono ancora un bambino e credo in cose grandi che a volte sono difficili da spiegare a parole. Credo in cause che non riguardano solo i soldi, ma che hanno più a che fare con il portare qualcosa al mondo. Può essere sotto forma di eredità o sotto forma di arte, ma credo che sia importante dare agli altri qualcosa. Ricordo ancora come imparavo a tirare le linee dritte quando disegnavo. Tutto quello che ho fatto prima della musica mi ha aiutato a diventare quello che sono.
E a livello umano, com’è cambiato il Tommy Cash di allora rispetto a quello di oggi?
Sono cambiato molto, penso in meglio. Perché quando sei giovane sei anche super ignorante. Penso di essere maturato, di essere diventato più uomo lasciandomi alle spalle il ragazzo
Dal tuo nome d’arte Tommy Cash (italianizziato nel video di Ok come Tommaso Contanti) agli inizi con Euroz Dollaz Yeniz (2014), quando sognavi di «guadagnare tanto denaro e di guidare una Ferrari», fino al tatuaggio che vedo sul palmo della tua mano: “Only Cash”. Adesso si può dire che ce l’hai fatta?
Sì, ma dovrei trasferirmi qui in Italia per guidare una Ferrari, perché in Estonia le strade fanno schifo e il tempo ancora peggio. In inverno abbiamo due metri di neve, è impossibile guidarla. E se succede qualcosa non c’è neppure nessuno che ti aggiusti la Ferrari. Però, se ce l’hai, continui ad andare avanti, capisci? Ma non è mai una questione di soldi, c’entra altro.
Per guadagnare tanti soldi e guidare una Ferrari, un artista è costretto a scendere a dei compromessi lontani dall’ambito artistico o ce la può fare senza snaturarsi?
Entrare nel mainstream è come entrare in una piccola finestra: ci lanci un sasso e a volte il sasso riesce a passarci. È quasi un incidente quando succede, ma è anche arte. Tanti grandi artisti, tipo Andy Warhol o David Bowie, per quanto artistici fossero, erano pienamente nel mainstream. Io non ho mai dovuto cambiare quello che sento. Diciamo che Espresso Macchiato mi ha portato su un’altra corsia, nuova e interessante. Da artista gliene sono grato.
In che percentuale, nei tuoi lavori musicali che vengono proposti nel mercato discografico, conta il marketing e quanto invece l’ispirazione artistica?
Il marketing viene dopo l’ispirazione personale, al cento per cento. Perché anche a me piace che sia così. Prima c’è quello che ami fare, poi arrivano le idee su come il marketing può aiutare a veicolarle e qualsiasi altra scelta promozionale. Non sono una macchina sistematica che sa sempre come vendere qualcosa, ma credo che anche il marketing sia arte. Puoi buttare 100mila euro in pubblicità e avere del marketing stupido, oppure con zero euro inventarti qualcosa di nuovo e bellissimo che le persone trovano divertente e figo. E che diventa arte.
Oggi nella società in cui viviamo sembra che l’unica cosa davvero importante sia fare tanti soldi. Per te cosa rappresentano?
Per me il denaro è importante, perché ti aiuta a fare cose più grandi: che tu voglia costruire una statua, girare più video per l’Italia, portarti la sicurezza a un concerto o avere un palco folle. Diciamocelo, più soldi hai, meglio è. O no? Ma l’unico “cash” in Tommy Cash è nel nome, perché è un gioco di parole. Non sono così vecchio, ma quando ho iniziato non era una questione di soldi. Insomma, Tommy Cash non è solo fare “cash”. Ma il “cash” aiuta.
Per anni sei stato considerato uno sperimentatore, poi sei esploso, come hai ricordato, con Espresso Macchiato e il mondo ti ha conosciuto in una versione ultra-pop, per alcuni persino un po’ trash. Pensi che il tuo pubblico di prima abbia capito la svolta?
Penso che quelli che sono rimasti a seguirmi continuino a capirmi. Certo, ci sono persone che ancora aspettano che torni ad uno stile degli esordi, ma per me è una questione di ere, come per ogni buon artista. Perché dovrei fare solo hyperpop e restare bloccato in quella corsia? È un percorso, una storia, non sai cosa c’è dietro l’angolo, quale sarà la prossima canzone.
Se camminando per strada incontri un tuo vecchio fan che ti dice «Tommy, torna quello di prima», che cosa gli rispondi?
Gli direi: «Di chi stai parlando? (Scoppia a ridere) Ci sono stati così tanti Tommy prima di questo!». Sai, penso che ci sia della pop music interessante e della pop music noiosa. Ci sono canzoni da radio che le ascolti e non le ricordi, le senti e spariscono. E poi c’è il pop interessante. Secondo me il 2016-2018 è stato il periodo d’oro del pop e anche del rap. In quegli anni sono uscite vere hit. Mi manca quel periodo in cui si faceva pop figo. Oggi in giro non ci sono molte opzioni valide come allora. Penso alle cose belle che fa Charlie XCX, con la quale ho collaborato, penso a Doja Cat con le sue cose nuove davvero interessanti. Mi manca la pop music bella e cool allo stesso tempo. E ritrovarsi in un’epoca del genere sarebbe super.
C’è qualcuno che te l’ha detto veramente «Tommy, ti preferivo prima»?
Altro che se c’è, lo leggo spesso sui social. Tipo in questi giorni che è uscito il video di Ok ho già visto un commento o due che dice: «Mi manca il vecchio Tommy!». Ma che vuol dire? Il vecchio Tommy sono sempre io! Non sarai tu che non mi riconosci?
Anche scegliere di pubblicare il videoclip di Untz Untz su Pornhub, con contenuti espliciti, è stata una scelta artistica e non di mercato?
Naaa, volevo fare quel video da cinque anni. L’avevo scritto da qualche parte e poi, quando è venuto il momento, è rispuntato fuori. Mi sono detto «quest’anno faccio Pornhub» e anche «quest’anno faccio Eurovision». Ed è successo davvero! È stato durissimo realizzare il video, ma ne sono super orgoglioso.
Tu hai origini russe, ucraine, kazake ed estoni, e anche la tua compagna è russa. Come vivi il conflitto tra Russia e Ucraina che coinvolge popoli a te così affini?
Mi sento malissimo per quello che sta succedendo. Ne sento parlare ovunque e vedo le immagini dappertutto. Il conflitto è così vicino all’Estonia che mi preoccupa ancora di più. Non vedo l’ora che finisca, perché è terribile quando le persone muoiono.
Nel video di Give Me Your Money salivi su un carro armato russo alla scoperta del paese. Che effetto ti fa, adesso, pensare che quel mezzo è usato per uccidere?
Non potrei salire oggi su un carro armato come ho fatto allora. Non sarebbe il momento. Mi fa pensare soltanto che sono fratelli che combattono…
Lo stesso vale per Gaza?
Da quello che vedo e da quello di cui parlano le persone, mi sento davvero male per la Palestina. Anche quel conflitto deve finire. Tutti i conflitti devono finire. È irreale!
Ti giro una provocazione che spesso le persone scrivono sui social: perché non andate voi artisti al fronte per provare a fermare i conflitti?
(Scoppia a ridere) Penso che ci andrà Greta Thunberg! Ma non è riuscita nemmeno lei a farsi ascoltare. Credono sia intelligente andare lì e iniziare a combattere? Mah, ho dei dubbi…
Tornando alla musica, visto che sarai in concerto in Italia il 9 settembre all’Eur Social Park di Roma, il 10 settembre al Beky Bay di Bellaria-Igea Marina e l’11 settembre al Circolo Magnolia di Segrate (Milano), nel tuo lavoro l’immagine è sempre centrale: quanto pesa il lato concettuale nelle tue performance rispetto al sound?
In questo momento sto lavorando più sul suono che sul lato visivo, perché per tutta la vita sono stato super impegnato sul lato visivo. Ma la realtà è che la parte visiva oggi conta ancora tantissimo, direi il 60 per cento del totale. Ovviamente il suono è importante, ma viviamo in un mondo dell’immagine. Vorrei che entrambi gli aspetti fossero forti, ma da Espresso Macchiato in poi sono sempre più interessato a dove posso riuscire a portare il suono.
Il tuo amore per l’Italia è noto, ma c’è qualcosa che non sopporti degli italiani?
Sai che non l’ho ancora capito? Non ho davvero trovato qualcosa che non posso sopportare di voi italiani, sono sincero. Quando lo scoprirò te lo dirò, ma per ora non trovo nulla.
Nel nuovo brano, OK, tutto cantato in italiano, hai sfornato un altro potenziale tormentone. Ma dimmi la verità, sei in Italia per lavoro o per vacanza?
Vacanza??! (Scoppia a ridere) Sarò onesto: per entrambe le cose. È stato naturale e mi è sembrato giusto, visto quanto amo questo Paese. Ok, per me, è stato anche un passo logico, lo sento un po’ come un restituire dei fiori all’Italia dopo averli presi in prestito con Espresso macchiato.
Ami l’Italia e anche gli artisti italiani. Ma sembra che tu abbia un rapporto privilegiato con Tony Effe con cui hai realizzato il remix di Espresso macchiato. Perché proprio lui?
Perché no? A volte mi piace realizzare combinazioni strane con altri artisti. Ho conosciuto Tony per la sua canzone di Sanremo, che mi era piaciuta molto, e lui si è detto subito disponibile per il remix. Quando ha accettato ero solo felice di farlo. È stato un remix trap molto interessante, una cosa quasi impossibile da immaginare prima che si realizzasse.
Sai che in Italia Tony Effe, come tanti altri della scena trap e non solo, sono criticati per l’uso dell’Auto-Tune? Tu lo usi? E come consideri questo strumento a livello artistico?
Non lo uso molto, ma un po’ sì. Giusto per avere le note a posto, ma niente di più. Certo con un purista potremmo stare a discuterne, ma per l’ascoltatore normale conta se suona bene. Puoi usarlo all’80 per cento e farlo comunque risultare una scelta estetica. In fondo, se ci pensiamo senza pregiudizi, è come un synth nella musica anni ’80. Un modo di suonare.
Da piccolo cantavi in un coro di musica classica. Hai consigliato a Tony di fare qualche lezione di canto?
(Mi fa ripetere la domanda per assicurarsi di aver capito bene e poi ride inarcando la schiena sul divanetto) Nooo, non mi sono mai permesso di consigliargli una cosa del genere. Ma sai, lo posso capire. A Sanremo la pressione è enorme. Sul palco è facile che la voce ti tremi. Forse non riusciva ad aprire bene le corde vocali, quindi era più difficile cantare in modo controllato, in modo più piano. Ma ce l’ha fatta. E a me la sua canzone è piaciuta.
Come detto, vieni dal rap. Ma il rap oggi è ancora un genere incisivo o sente il peso degli anni che passano?
In questo momento tanti rapper famosi stanno calando nelle classifiche, il rap effettivamente non è più così popolare. Funziona ancora, sicuro. Ci sono artisti come Kendrick e Drake che dimostrano quanto sia forte, ma in generale non mi pare sia più così tanto potente.
Qual è un genere o il sound che, per te, oggi è rivoluzionario?
Pensandoci bene, credo che a un certo punto siano stati rivoluzionari i Death Grips, la PC Music, un po’ tutto l’hyperpop che nasce da lì. Quella sì che è stata una rivoluzione. Adesso invece si usa tantissimo la nostalgia, come nei reboot dei vecchi film. C’è tanta musica in giro che ti dà quella sensazione di ricordo del passato. Sono convinto che in questo momento siamo immersi nell’era della nostalgia: EDM, dubstep, tutto quello tornerà. Non abbiamo ancora chiuso un cerchio. Però riproporre sound nostalgici in modo nuovo è molto difficile.
E la prossima evoluzione di Tommy Cash quale sarà, su Marte con Elon Musk?
Elon Musk? (Alza gli occhi al cielo e fa una smorfia) Lo scopriremo domani, forse.













