The Vaccines tornano con "English Graffiti": «Ce ne siamo infischiati dei nostri vecchi desideri» | Rolling Stone Italia
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The Vaccines e il nuovo “English Graffiti”: «Ce ne siamo infischiati dei nostri desideri»

Il 26 maggio esce il lavoro della band inglese: «Un tempo cercavamo di realizzare la canzone pop perfetta, ora vogliamo solo trovare il sound che ci piace!»

The Vaccines, foto ufficio stampa

The Vaccines, foto ufficio stampa

Dite “Vaccines” e vi verrà subito in mente Ra ra ra ra ra! Così intonava uno dei tormentoni tratti dal debutto di quattro anni fa, What Did You Expect From The Vaccines?. Grazie a melodie accattivanti, energetici riff di chitarra elettrica e la tacita regola dei tre accordi liberati in tre minuti, la band londinese ha portato nuova linfa al power pop made in England. Ma è con il terzo album English Graffiti, in uscita il 26 maggio e registrato a New York presso i Tarbox Road Studios di Dave Fridman (Flaming Lips, Tame Impala, MGMT) che i Vaccines ampliano ulteriormente gli orizzonti sonori. «Abbiamo cambiato atteggiamento. Ce ne siamo infischiati dei nostri vecchi desideri di voler creare la perfetta canzone pop senza tempo e abbiamo semplicemente realizzato un disco che avesse un bel suono nel 2015», rivela Freddie Cowan, chitarrista e portavoce della band.

In che modo è dunque cambiato il vostro modo di lavorare?
I primi due album li abbiamo realizzati in due settimane, durante i momenti di pausa dai tour, nel tentativo di catturare l’energia degli spettacoli dal vivo. Con English Graffiti invece abbiamo fatto esattamente l’opposto: siamo entrati in studio avendo solo una vaga idea di cosa sarebbe successo, ci siamo presi tutto il tempo necessario per completarlo e abbiamo prestato molta attenzione alla produzione.

A proposito, com’è stato lavorare con un gigante come Dave Fridmann?
Davvero fantastico, come puoi immaginarti… Ma abbiamo anche chiesto aiuto a Cole MGN: un produttore più giovane che lavora anche nel mondo dell’hip hop e collabora con Beck. In realtà l’album è stato prodotto da loro due più la band.

Eravamo annoiati e depressi e abbiamo creato i Vaccines giusto così, per fare ma poi abbiamo spaccato

Un brano come Minimum Affection, con i suoi synth e suoni anni ‘80, è forse quanto di più diverso ci saremmo aspettati dai Vaccines…
Abbiamo senza dubbio sperimentato nuovi territori ma facendo sempre attenzione a realizzare un disco che non sembrasse il prodotto di dieci band diverse. Tra l’altro avevamo circa 50 canzoni tra cui scegliere: il processo di eliminazione è stato a dir poco spietato…

Metà della band vive a New York (Cowen e Justin Young, frontman e autore dei testi) e metà a Londra (Árni Árnason e Pete Robertson). Come gestite le prove e tutto?
Abbiamo un ottimo equilibrio: io e Justin lavoriamo parecchio insieme e la band non ha bisogno di provare troppo spesso.

Perché New York?
Per noi è ancora una delle città più eccitanti della terra, è stata una forte influenza per il nuovo album, come hai visto dal video di Handsome, girato a Chinatown. È una città dall’energia molto positiva.

Quando avete fondato la band nel 2010 eravate poco più che teenager: che significato ha avuto crescere con i Vaccines?
Nonostante fossimo giovanissimi, venivamo tutti da altre band e ci consideravamo già dei musicisti falliti. Eravamo annoiati e depressi e abbiamo creato i Vaccines giusto per avere qualcosa da fare, senza alcuna ambizione per il futuro. Solo a quel punto le cose sono andate subito per il verso giusto e ci siamo ritrovati di lì a poco a girare il mondo con la nostra musica. Piuttosto bizzarro, non credi?