The Offspring: «Il punk rock ha ancora qualcosa da dire» | Rolling Stone Italia
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The Offspring: «Il punk rock ha ancora qualcosa da dire»

I quattro ossigenati californiani non hanno la minima intenzione di smettere, anche se ora il loro frontman è diventato a tutti gli effetti uno scienziato

Foto: stampa

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Dexter Holland oltre a cantare negli Offspring è anche un biologo molecolare. Si è sempre diviso la vita fra band e carriera accademica ma a un certo punto l’attività più divertente fra le due ha vinto sull’altra. Ecco perché il dottorato è arrivato a maggio di quest’anno, cioè quando Dexter aveva già compiuto 50 anni.

È che per lui e i suoi soci il “faccio ciò che mi piace, quando voglio” è quasi una filosofia di vita, che forse vorremmo adottare tutti se solo potessimo. Ora per esempio, finito il percorso di studi del frontman, gli Offspring sono tornati a dimenarsi qua e là sui palchi di mezzo mondo. Davanti agli stessi irriducibili di vent’anni fa e magari anche ai loro figli. Dopo il Collisioni di Barolo, i quattro ossigenati di Huntington Beach, California, faranno tappa al Postepay Sound Rock In Roma (2 agosto) e al Sunset Festival di Lignano Sabbiadoro (4 agosto).

Ad aprire entrambe le date troverete i Millencolin, per cui sono ben accette le camice hawaiane a maniche corte sopra le t-shirt e pantaloni baggy coi tasconi sui fianchi.

Ti stai godendo un po’ il tour?
Se per godermi il tour intendi mangiare tonnellate di pasta e pizza, allora mi sto godendo il tour.

Ho saputo che hai preso il dottorato quest’anno. Congratulazioni!
Grazie. Sì, finalmente ci sono riuscito. È sempre stato un traguardo che volevo raggiungere ma per un po’ l’ho dovuto mettere in pausa. La band stava andando bene, di conseguenza tutto il mio tempo era risucchiato dalla musica. Dopo tanti anni che ero focalizzato sugli Offspring ho pensato: “Beh, ora potrei anche mettere in pausa la band.” Così sono tornato a scuola e ho finito di laurearmi.

Fa strano, perché nel 1995 avevi detto: «A 40 anni preferirei essere un professore all’Università piuttosto che suonare.» Ora ne hai 51 ma il musicista è ancora la professione principale.
Eh, col tempo mi sono reso conto che è molto più divertente suonare! No, dai, è bella anche la carriera accademica. È che nel 1995 non mi sarei mai sognato di avere ancora un pubblico nel 2017. Più concerti facciamo e più ci riescono meglio, di conseguenza la gente si diverte. Incredibile, ma è proprio così.

Per fare il professore c’è tempo insomma.
Esatto, magari un giorno. Quando ci divertiremo di meno sia noi che il pubblico.

Fate un sacco di tour ma non si vede un disco da almeno cinque anni. Avete smesso con gli album?
No, mi piace fare dischi. Sono una parte fondamentale della band. Sai, il processo creativo. Però è assurdo quanto tempo ci possa volere per farlo. Conta che per gli ultimi due album ci sono voluti un paio di anni ciascuno, soltanto per la fase di registrazione. Più il tour di promozione e figurati come si possono dilatare i tempi fra un disco e l’altro. Comunque qui come dicevamo c’è di mezzo la mia pausa dottorato. Stiamo lavorando a qualcosa fra un tour e l’altro, proprio perché non ci piace smettere col tour e cominciare a registrare. Preferiamo di gran lunga mischiare le due attività. Per ora ci saranno, beh, 4 canzoni pronte. Quindi per il prossimo anno dovrebbe uscire qualcosa. Magari non necessariamente un album ma più singoli ed EP.

Credevo semplicemente che avessi trovato il tuo equilibrio senza fare dischi. D’altronde hai i concerti, hai la carriera da scienziato, hai tua figlia che canta. Hai persino la tua marca personale di salsa piccante.
Bisogna fare davvero ciò che si ama fare. Se lo fai senza passione e controvoglia allora può essere distruttivo. Devi prima di tutto divertirti. E lo stesso vale per mia figlia: voglio che sia felice. Non importa se vuole fare il dottore, l’avvocato o la rockstar. Più tempo passi da genitore e più te ne accorgi. Alla fine conta solo essere felici.

Secondo te il punk rock ha ancora qualcosa da dire oggi?
Ne sono convinto! C’è un messaggio nel punk rock che non senti in nessun altro genere, un messaggio che coinvolge i ragazzi e tutte le persone alle quali storicamente non si dà purtroppo ascolto. Contiene dentro di sé il potere della ribellione, del pensare con la propria testa e del mettere in dubbio le cose, come per esempio il tuo governo. Ecco perché il punk rock sopravviverà. Non ti capita mai di vedere in giro dei ragazzini con la maglietta dei Black Flag? Ragazzini di 15 anni con addosso una t shirt di una band che avrà iniziato—quando—40 anni fa? È come se qualcuno all’epoca dei Sex Pistols, gli anni Settanta, fosse andato in giro con addosso una maglietta di qualcuno degli anni Trenta. Tipo la Glenn Miller Band. Cose al limite dell’assurdo mai successe e che dimostrano che il punk è qualcosa di diverso. Il punk sopravvive.

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