Teezo Touchdown: nascita di una rockstar | Rolling Stone Italia
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Teezo Touchdown: nascita di una rockstar

Non sa ancora molto del rock, ma il look chiodato e un singolo rap crossover (‘100 Drums’) lo hanno messo sulla mappa dei talenti da tenere d’occhio. A 31 anni è diventato la rockstar dell’hip hop: tutti vogliono collaborare con lui, Travis Scott e Tyler, The Creator se lo sono anche portati in tour, ma non riesce a liberarsi dai demoni. «Sono un insicuro che si autosabota»

Foto: Aijani Payne

Ci vuole una bella faccia tosta per farsi chiamare Teezo Touchdown, andare in giro con dei chiodi di metallo che penzolano dai capelli, fare un rap-rock aggressivo come pochi altri, cantare come una specie di Morrissey mutante nel bel mezzo di una canzone di Travis Scott e poi, ogni sera, affrontare stadi pieni di fan di Scott adolescenti e furiosi. Ma i soldi veri e le grandi hit da solista non sono ancora arrivati: per lui, che è uno degli artisti nuovi più in crescita e controversi del momento, a volte sembra che le voci dei critici e degli scettici siano ovunque. Ma risuonano ancora più forti nella sua testa.

Una sera di dicembre, backstage in un camerino del Madison Square Garden di New York, Teezo recita questo monologo interiore. «Nah, non dovresti essere qui», dice. «Hai 31 anni. Avrebbe dovuto succedere prima». Si allunga su un divano grigio che fa pendant con tutti i suoi orpelli argentati: i chiodi nei capelli, la catena al collo, il glitter del palco che gli punteggia il corpo, il piercing al setto nasale, gli orecchini su entrambi i lobi (uno minuscolo, l’altro oversize e con un chiodo in più applicato), il grill sui denti, il metallo delle due cinture sovrapposte all’altezza della vita. Su entrambe le guance ha la lettera “T” è scarabocchiata col mascara nero. Ha fatto il suo dovere aprendo per Scott con un set di 20 minuti e poi unendosi a lui, come al solito, per cantare la loro collaborazione, Modern Jam. A qualche centinaio di metri di distanza da noi, Scott è ancora sul palco e la sala continua a vibrare al ritmo della sua schiera apocalittica di subwoofer. Teezo si sente sollevato quando ricorda che Scott gli ha detto che potrebbe diventare il più grande artista del mondo, o che Drake ha affermato pubblicamente che sta facendo «musica fra le migliori di sempre». Ma a volte gli sembra di essere solamente Aaron Lashane Thomas, nato in Texas, e si identifica ancora col ragazzo sovrappeso di un tempo, che nuotava con la maglietta addosso. «Bisogna vincere molte insicurezze per diventare una rockstar», dice. Sul palco, anche stasera, nella sua testa c’era un gran casino: «Devo dire questa cosa? Sto solo blaterando? Qui potrei fare una mossa figa».

Quindi, sì, Teezo Touchdown è un work in progress. Ma chi non lo è? In ogni caso, dopo anni di difficoltà e una tragedia che gli ha cambiato la vita, l’anno scorso è arrivato il momento della grande svolta. A settembre ha pubblicato il suo album di esordio, How Do You Sleep at Night?, pieno di idee musicali e di hook taglienti, carichi di chitarra, con Teezo che canta tanto quanto parla, evidenziando le influenze rock presenti in musica come quella di Scott e Playboi Carti. Nello stesso periodo, Teezo ha fatto delle apparizioni memorabili come quella in Utopia di Scott e in due canzoni di For All the Dogs di Drake ed è stato chiamato ad aprire per Scott, oltre ad aver programmato il suo tour da solista che inizierà a marzo.

L’artista che gran parte del pianeta ha conosciuto lo scorso autunno aveva il volto ricoperto di metallo, e la trovata dei chiodi fra i capelli è stata la chiave della gestalt di Teezo Touchdown fin quasi dal principio. Ha cominciato con uno o due, prima che la cosa diventasse un elemento quasi predominante del suo look (a un certo punto lui avrebbe voluto usare dei veri chiodi da nove pollici, ma ha scoperto che non si trovano). Una volta identificato il suo stile, verso il 2019, ha avuto bisogno trovare un sound che ne fosse all’altezza: una ricerca che l’ha portato ad allontanarsi dall’hip hop più convenzionale, per approdare a lidi più influenzati dal rock, a partire dalla hit virale di quell’anno 100 Drums, che ha trasformato I Write Sins Not Tragedies dei Panic! At The Disco in una canzone rap rock contro la violenza delle armi. Ultimamente, però, si è dato una calmata. «Non volevo lasciar perdere questa roba», dice, toccando delicatamente uno dei suoi chiodi, «ma non volevo neppure che diventasse l’elemento principale del mio personaggio».

Foto: Aijani Payne

Adesso in testa ha per lo più solo capelli acconciati in una zazzera con un po’ di mullet, stile Prince anni ‘90, e ha ridotto il numero di chiodi tenendone solo pochi, dietro. Si tratta di un cambiamento di stile notevole che nasce, in parte, da una conversazione avuta con uno dei tanti artisti veterani che si sono interessati alla sua carriera: Pharrell Williams. «Mi ha detto: “Yo, quando ti ho visto la prima volta, ho pensato: spero proprio che i chiodi non lo penalizzino”», ricorda Teezo. Comunque il peso di tutto quel metallo iniziava a farsi sentire anche per lui che, inoltre, percepiva meno il bisogno di nascondersi. «Voglio che vi concentriate su questo volto», dice. Ha anche smesso di indossare spalline giganti da linebacker di football americano, una scelta di stile che derivava dal fatto di volere «nascondere il mio corpo, di vergognarmi del mio corpo e cose così». A dispetto del nome che si è scelto, l’unica esperienza di Teezo col football è stata alle medie, è durata appena una settimana e si è conclusa quando ha avuto un impatto violento con un ragazzo che si chiamava Sean. «Quando è successo, è stato quasi come in un film di Adam Sandler», dice, facendo brillare il suo grill. «Sean sembrava uno che arrivava alle medie guidando un’auto… ho sentito un fischio e subito dopo mi sono trovato accartocciato, con le caviglie all’altezza delle orecchie. La settimana dopo ero nella banda della scuola».

L’esordio di Teezo non è stato un successo immediato e la combinazione data dal suo look, le suggestioni rock e il suo protagonismo improvviso (le ospitate, la recensione da cinque stelle di Drake) potrebbe essersi ritorta contro di lui, inducendo alcuni critici ad abbatterlo con la stessa violenza di Sean, liquidandolo come una buffonata. Come dice Teezo: «Drake ha detto che fai la migliore musica di sempre? E cosa ne sa lui? Teezo Touchdown? Robetta! È esagerato». Si è beccato molte critiche perché ha 31 anni: giovane per la vita, ma un po’ avanti negli anni per essere un nuovo artista che fa musica aggressiva e orientata all’hip hop. «Non sono qui a cercare di fare il cosplayer dei giovani», dice. «Io ora sono Aaron Thomas e ho 31 anni. Ma loro si scagliano contro ciò che sanno che non è possibile cambiare. È questo che fa montare le insicurezze». Nel frattempo, lui continua a cercare di imparare dai suoi eroi, vivi e morti che siano. Sta divorando una biografia di Prince e ha appena guardato un documentario su John Lennon (che chiama sempre “Phil”: è ancora un novellino in questa faccenda del rock). Ha metabolizzato ogni istante del concerto di Madonna che ha appena visto a Brooklyn. E cerca di tenere bene a mente ciò che Drake gli ha detto, a cena, non molto tempo fa: «Non temere nulla. Lasciati andare al disagio».

Nessuno sta pressando Teezo perché tiri fuori una hit adesso. Il suo management e la sua casa discografica continuano a dirgli che possono volerci anni per far emergere un artista, che non deve avere fretta. che c’è tutto il tempo. Ma lui ha imparato abbastanza cose su questo ambiente che gli risulta difficile crederci. «Così dico: “No, ho visto i documentari. Voi volete una hit, lo so”». La verità è che nessuno ne desidera una più di lui stesso. Così, poche ore prima di salire sul palco del Madison Square Garden, Teezo si trova in uno studio di registrazione del centro e prova a fare in modo che accada. «Stiamo studiando qualcosa di orecchiabile», dice. «Spudoratamente! Cerchiamo perfino sotto al pannello di controllo». La sua sicurezza, al momento, è alimentata da un abbigliamento che gli dona: un piumino nero lucido nuovo di zecca su una canottiera nera, una catena spessa di metallo, occhiali da sole avvolgenti a specchio. «Quando sei vestito così, ti senti differente», dice. «Giro per lo studio in maniera diversa. Entro in quella modalità. Questo aiuta la musica».

Oggi c’è lì con lui il produttore e autore Jeremiah Raisen, alias Sadpony, personaggio centrale di quello che potrebbe essere un nascente movimento di crossover fra rap e rock. Tra le altre cose, lui e suo fratello Justin sono stati i principali artefici della deviazione in chiave psych rock di Lil Yachty, Let’s Start Here. Vestito con una felpa con cappuccio di Balenciaga, un giubbotto North Face giallo e nero e delle Timberland slacciate, Raisen emana un’energia unica, in qualche modo languida e in botta da caffeina allo stesso tempo. «Ti piacciono i Clash?», chiede all’improvviso a una persona appena conosciuta. Raisen, che decisamente è un fan dei Clash, è arrivato alla session con un brano frizzante, quasi alla Gary Glitter, realizzato con l’aiuto di un chitarrista e di altri musicisti, che suona molto più come una canzone completa senza traccia vocale che non come un tipico beat hip hop. «È la differenza tra un beat e una composizione», dice Teezo (stranamente, Raisen è cresciuto con Dan Nigro, il produttore e cantautore che con Olivia Rodrigo sta portando le sonorità rock nel mainstream da un’altra prospettiva). Per la session di oggi è presente anche il produttore Lukas (niente cognome: solo Lukas), che ha lavorato con i fratelli Raisen e Yachty su Away From Home di Drake e che sta puntando ad allontanarsi dall’hip hop.

Foto: Aijani Payne

Teezo sta imparando come si collabora in studio per essere più simile a Prince coi Revolution che a Prince solista per distaccarsi dalla sua immagine di MC che scrive tutti i testi da solo. Però non si sente a proprio agio con i coautori che cercano di imporgli le melodie o di modificare eccessivamente il suo sound. L’altra settimana gli è successa una cosa del genere e ha finito per non dire una parola per tutta la durata della session. Ma a lui piace Raisen e si sforza di invitare tutti i presenti a contribuire con idee per i testi, compreso il suo giovane A&R, Daniel Schultz, e persino il giornalista che lo sta seguendo. «In una session così sono io a dire: “Voglio sentire il tuo testo. La tua melodia potrebbe cambiare la vita a tutti noi”», dice Teezo. Anche dopo un album intero di quello che lui definisce stile «rock’n’boom», Teezo ha ancora un approccio da principiante e ha quella che lui stesso definisce una conoscenza «elementare» del rock. «Non ascolto musica alternativa», dice. «Ed è qui che le cose si fanno complicate. È come, non so… per chi sto facendo questa musica? Immagino che ci vedremo in tour». Allo stesso tempo, sta cercando di imparare. «Non voglio essere uno che si dipinge le unghie e dice: “Ehi, sono rock’n’roll!”». Di norma scrive in modo più tradizionalmente hip hop, lavorando dalla strofa al ritornello, ma oggi vuole iniziare con il ritornello. Ne trova uno velocemente, inserendo la frase “It’s none of your business” (“Non sono affari tuoi”) tra gli accordi di chitarra, insieme ad alcuni “na na na na” strafottenti. Da lì in poi, costruisce minuziosamente dei versi, con un flow melodico vagamente alla Frank Ocean, che sembrano parlare di una partner troppo invadente. Il brano, si viene poi a sapere, è destinato alla colonna sonora di un film per ragazzi in uscita: è un’occasione relativamente rara di intascare un grosso cachet per una registrazione. Alla fine, Raisen è entusiasta: «Questa canzone è semplicemente grandiosa», dice. Anche Teezo si sente bene: ha inciso una hit potenziale senza scendere a compromessi. «Stiamo allo scherzo del pop», dice.

Per Aaron Thomas tutto è cambiato nel luglio 2016. Si era appena stabilito a Houston Dopo un paio di esperienze inconcludenti alla Prairie View A&M University, dove era più impegnato a fare feste, dj set e suonare il trombone nella banda, piuttosto che frequentare le lezioni. Aveva trovato lavoro in un ristorante e creava dei beat, sognando un futuro dietro le quinte nel music business. Ed era innamoratissimo della sua ragazza, che credeva tanto nel suo talento. Quel mese, un finesettimana, lei è andata in un’altra città con alcune amiche e non è più tornata. Nel parcheggio di un locale notturno c’è stata una sparatoria e lei si è trovata in mezzo al fuoco incrociato: una vittima accidentale. «Una sua amica mi ha chiamato», ricorda lui, con la voce strozzata. «Le ho chiesto: “Ehi, che succede?”. Lei mi ha risposto: “Non l’hai saputo?”. Poi ha fatto un respiro profondo e ha detto: “Le hanno sparato, ieri sera”. E poi: “Sì, è morta”. Fine». Thomas era a pezzi. Subito ha pensato di «fare il Batman”, di andare nella città in questione (preferisce non rendere pubblico il nome) e cercare vendetta. Ma poi ha deciso, invece, di trasferirsi a Beaumont, Texas, e di dedicarsi alla sua musica, quella che nessuno aveva supportato più della sua ragazza. Lasciare Houston non è stato facile e per un po’ ha continuato a lavorare lì, in un ristorante. Ciò, a volte, significava dormire in un parcheggio, a fine turno, per non spararsi un viaggio di ritorno di 135 chilometri per rientrare a casa.

A Beaumont ha iniziato a frequentare uno studio chiamato White House dove ha trovato allo stesso tempo supporto e rifiuto da parte della scena locale. Il suo stile emo (jeans attillati, a volte dei top da donna o bandane rosa) ha fatto storcere qualche naso. Dal suo telefono mostra uno scatto di quel periodo: si vede Teezo con una felpa rossa e una fascia rossa in testa, coi capelli raccolti in alto, un crocifisso che gli penzola da un orecchio e, accanto a lui, un amico dal look più normale che lo guarda di traverso ironicamente. «Pensavano che fossi gay», dice Teezo con un’alzata di spalle. «Ma ho sempre avuto ragazze in camera mia». In effetti, pur non avendo mai avuto una diagnosi ufficiale, Teezo pensa di essere affetto da una dipendenza dal sesso e dal porno. «Ho visto i danni che può causare, gli sbalzi d’umore», dice. «Voglio amare sinceramente. Non voglio che sia solo una cosa fisica o altro. Probabilmente dovrei farmi curare». La «palese mancanza di rispetto» che ha dovuto affrontare da parte della scena locale a volte era pesante. Una volta, mentre era in un SUV fuori da un altro studio in città, qualcuno gli ha lanciato una bottigliata.

Ma quando è uscita 100 Drums (che è ispirata alla sofferenza per la morte della sua ragazza) è diventato immediatamente troppo importante per Beaumont, attirando l’attenzione della stampa nazionale e il sostegno di artisti importanti. Il rapper Trippie Redd è stato il primo dei suoi tanti fan famosi, l’ha fatto volare fino a Los Angeles, e di lì a poco è arrivato anche il sostegno pubblico di Chance the Rapper e Tyler, the Creator, che l’ha voluto nel suo album del 2021, Call Me If You Get Lost, e l’ha portato in tour con sé Teezo non ha timore di ammettere che ha intrapreso la strada del rock solo perché le reazioni erano positive. «Onestamente, il motivo per cui mi sono mosso in quella direzione è che funzionava», dice. «Ho ottenuto l’attenzione dal giro alternativo. Una settimana prima o quasi ero ancora lì che facevo canzoni rap. Ma ha funzionato. E, semplicemente, ho imboccato quella strada. Lo faccio spesso. Vedo cosa va meglio».

Foto: Aijani Payne

Otto anni dopo aver giurato di dedicarsi totalmente alla sua musica, Teezo Touchdown è sullo stage del Madison Square Garden, nell’angolino dell’enorme palco di Travis Scott che gli è stato concesso di utilizzare e dice a tutti i presenti che devono credere in se stessi. «Voglio che sappiate una cosa», spiega, introducendo una versione ridotta della sua canzone Impossible. «Finché il vostro cuore batte, finché siete vivi, non dovete mai permettere a nessuno di dirvi che i vostri obiettivi sono irraggiungibili, che i vostri sogni sono impossibili. New York: io ne sono la prova vivente. Potete fare tutto!». Precipitandosi giù dal palco, Teezo passa davanti a un gruppo di spettatori. Tutti lo applaudono, tranne uno. «Fai schifo!», gli grida, aggiungendo un insulto omofobo: «Frocio del cazzo». Un fan risponde con un «Teezo, ti amo, cazzo!». Ma è troppo tardi, l’umore dell’artista è rovinato. «Abbiamo questi auricolari e non fanno passare quasi nessun suono esterno», dice più tardi. «Ma quella frase lì, “Buu! Fai schifo!”, si sente. Forse è per via delle mie insicurezze. O magari una parte di me crede sia così, anche se so che non è vero».

In quello che è un tentativo di scrollarsi di dosso quanto accaduto, Teezo proclama che è arrivato il momento di fare un “raid al merchandising”, ovvero un’apparizione spontanea dietro uno stand in cui si vendono magliette. Prendiamo un ascensore e immediatamente la situazione si scalda. All’inizio della giornata era riuscito ad andare da Macy’s per acquistare il lucidante per il suo grill senza essere riconosciuto, ma ora è tutta un’altra storia, in un’arena gremita da quasi 20.000 ragazzi che l’hanno appena visto sul palco. Gli adolescenti iniziano a seguirlo per i corridoi del Garden, come se fosse il pifferaio magico e spostarsi diventa difficile. Arrivato allo stand, riesce ad autografare le magliette per circa quattro minuti, prima che un addetto alla security coi capelli rasati lo faccia smettere. In mezzo al caos, però, sembra possibile crederci: tutto questo finalmente sta succedendo, e Drake, Chance e Scott ne capiscono più dei criticoni e degli invidiosi della sua città.

Tornato in camerino, Teezo è ancora pensieroso e continua a mettere All the Critics Love U in New York di Prince nell’impianto stereo del camerino. La sua lotta con la fiducia in se stesso, riflette, ha una radice spirituale. Spiega: «Qualcosa dentro di me mi dice: “Non ce la farai. Hai sentito quel ‘buu’? E quel ‘fai schifo’? Hanno ragione”. Ma credo che questo sia autosabotaggio». Alla fin fine, però, non crede alle voci più cattive che risuonano nella sua testa. Sa che ha appena cominciato, anche se ha 31 anni. «Potrei starmene qui a tenere il muso», dice. «Potrei togliermi di dosso tutta questa roba, levarmi i lustrini, andare a fare domanda per uno qualsiasi di questi lavori estivi e Teezo Touchdown sarebbe finito».. Ma non è questo il programma. «Non posso fermarmi adesso», dice. «Ho scelto di fare questo».

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Photography Direction: Emma Reeves
Styling: JennyHaapala
Styling assistance: Dom Alexander
Hair: Monique Avant
Makeup: Keita Moore at The Only Agency usando Pat Mcgrath Labs
Videographer: Athina Sonitis
VFX Designer: Miguel Fernandes
BTS Editor: Aden Khan
Lighting Direction: Hayden Bullard
Digital technician: Duck Feeney
Styling assistance/Interns: Sarajane Owusu e Jordan Peterson

Da Rolling Stone US.

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