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Talenti da esportazione: Laura Loriga

È lo spirito dei Mimes of Wine, una delle band contemporanee più affascinanti. E ha avuto alcuni mesi parecchio impegnativi: ce li ha racontati

I Mimes of Wine sono nati nel 2006 dall'idea di Laura Loriga. Foto: Carlo Ricci

I Mimes of Wine sono nati nel 2006 dall'idea di Laura Loriga. Foto: Carlo Ricci

Nella categoria dei cervelli in fuga, oltre a studiosi e pensatori, dovremmo aggiungere anche i musicisti. E tra questi dovremmo inserire anche Laura Loriga, una di quelle che è andata oltreoceano senza abbandonare però mai sul serio l’Italia. Da lì ha continuato a lavorare con i suoi Mimes of Wine con cui ha pubblicato La Maison Verte a ottobre. E ha dato il via a un sacco di nuovi progetti, tra cui la sua collaborazione con i Giardini di Mirò per l’ultimo tour.

Chiamo Laura su Skype, scusandomi se non accendo il video per non intasare la connessione che ogni tanto – ebbene sì – crea qualche problema anche a noi. Lei risponde con una delicatezza che non abbandonerà mai: «Sono sveglia da mezz’ora, meglio così».

Come è nato l’ultimo disco, La Maison Verte?
È un lavoro più corale, non è solo una mia espressione. Al posto di scrivere da sola tutto e arrivare dalla band, ho preparato solo la struttura dei brani, e poi li ho portati in studio. Abbiamo lavorato con calma ed è nato questo lavoro.

Come ha cambiato il tuo modo di lavorare e vivere con la musica, ora che sei negli Stati Uniti?
Beh, farei delle cose nettamente diverse: è anche arrivato il momento di fermarmi da una parte o dall’altra. Prima stavo a Los Angeles, ora sono a New York. Ho avuto l’occasione di suonare con tanti musicisti su tutt’e due le coste, su tantissimi progetti, oltre ai Mimes.

E quali sono?
I Mimes sono la cosa centrale: ho un lavoro che porto avanti da tempo con Leonardo De Bernardini, che è un compositore di Bologna ma di stanza a Los Angeles. Con lui abbiamo lavorato su molte cose: c’è un progetto tra danza e video di cui sono orgogliosa, qui scrivo solo i testi ma è un progetto bellissimo. Se sarà portato in giro, secondo me piacerà tanto. Ho scritto anche delle colonne sonore per diversi progetti e Leonardo mi ha insegnato a fare questo: a restare dietro, invece che davanti, nella musica.

Ascoltando l’ultimo disco dei Mimes, si trovano dentro tante ispirazioni. Cosa hai ascoltato?
L’anno scorso e quello precedente mi sono dedicata al folk americano, oppure a cose basate sulla pasta dei suoni, non so come spiegartelo. I suoni si sono spostati, non ti so dire se assomiglia a un nome piuttosto che a un altro. Ho lavorato proprio sull’insieme, piuttosto che solo sul piano che infatti è più “indietro”. Lasciando più spazio ai Mimes sono venute fuori degli aspetti molto più interessanti. Ho mescolato l’impronta old school che nasce da me con delle sonorità più contemporanee. Anche nel prossimo lavoro, che sto già scrivendo, praticamente non c’è il pianoforte: c’entra tutto sempre meno con il songwriting di prima. Mi hanno aiutato tanto a superare un po’ il mio stile.

Hai anche girato con i Giardini di Mirò. Che rapporto hai con loro? Ti senti più vicina a quella scena italiana rispetto a quella di oggi?
Sì, sicuramente sì! (ride) Spero che loro continuino ad andare avanti, sono molto belli gli ultimi lavori. È stata un’esperienza fantastica, visto che sono tra le mie band preferite di Italia e lo sarebbero stati anche se non ci avessi mai suonato. Poi, non si deve essere post-rock per sempre, ci si può anche spostare, ma loro hanno un gusto e un modo di fare le cose che mi interessa molto. È quello che pensa anche dei Julie’s Haircut, non vuol dire che ci siano cose nuove che non mi interessano. Ma certo, a quegli anni sono molto affezionata.

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