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Suonare i Rush è un bel casino persino per i Primus

Les Claypool racconta il suo nuovo, folle progetto: portare in tour ‘A Farewell to the Kings’, l’album del 1977 del trio canadese. «Sarà come tornare quattordicenni», promette

Foto: Chapman Baehler/ATO Records

Il 16 novembre 1978 i Rush passavano per la Bay Area con il tour di Hemispheres. Fra il pubblico del Cow Palace c’era un giovane Les Claypool. Quaranta e passa anni dopo, il bassista dei Primus ricorda ancora lo sbalordimento di quella sera. «Era il mio primo concerto. Ed eccomi, un quattordicenne che ha appena vomitato l’anima nel parcheggio per essersi scolato tre birre e che viene folgorato dai Rush».

In primavera e in estate Les Claypool avrà la possibilità di riprovare quelle sensazioni molto spesso. Con una differenza fondamentale: questa volta sarà sopra e non sotto il palco. Da fine maggio a inizio agosto, Claypool e i Primus, ovvero Larry LaLonde e Tim Alexander, renderanno omaggio ai loro eroi in un tour con cui rifaranno canzone per canzone A Farewell to the Kings, l’album dei Rush del 1977, il primo che il giovane Claypool ha ascoltato.

Claypool si è già confrontato coi Rush. I Primus hanno aperto per i canadesi nel 1992 e da allora le loro strade si sono spesso incrociate. Nel 2006 il bassista ha suonato alla cerimonia per l’ingresso del gruppo nella Canadian Songwriters Hall of Fame e l’anno scorso Geddy Lee ha ricambiato il favore unendosi ai Claypool Lennon Delirium a Toronto.

Il prossimo tour, chiamato A Tribute to Kings, avrà un significato ancora più profondo dopo la morte in gennaio del batterista Neil Peart. Si tratta di una coincidenza: la tournée era pianificata da tempo. «Non sarà un tour su Neil», spiega Claypool, «ma sull’ammirazione che proviamo per quei grandi musicisti e amici».

Al telefono dal Colorado, dove sta finendo il primo tour degli Oysterhead dal 2004, Les Claypool spiega quel che dobbiamo aspettarci e perché trema all’idea di cantare le note alte a cui Geddy Lee arrivava alla fine degli anni ’70.

 

Sono decenni che i Primus suonano i pezzi dei Rush. Com’è nata l’idea del tour?
Si parlava da tempo di rifare un album per intero. Anni fa coi Frog Brigade ho rifatto integralmente Animals dei Pink Floyd, un lavoro folle, ma incredibilmente gratificante. Coi Primus abbiamo fatto la cosa sulla musiche di Willy Wonka e c’era l’idea di rifare Hemispheres perché è stato il mio primo concerto e potrebbe essere stato il primo anche di Ler [LaLonde]. Alla fine abbiamo scelto Farewell to Kings.

Quando avete deciso di fare questo tour?
Credo che [il manager] Brad ce l’abbia proposto l’estate scorsa dopo averne parlato con Live Nation. Dovevamo farlo in autunno, poi è venuta fuori la possibilità di unirci al tour d’addio degli Slayer e abbiamo rimandato A Tribute to Kings.

In tour con gli Slayer avere rifatto un estratto da Cygnus X-1 Book I da A Farewell to Kings. Era una specie di anteprima segreta?
Stavamo imparando i pezzi e di tanto in tanto mi piace suonare una citazione al basso di Cygnus. È il bello dei Rush: cominci imparando frammenti di canzoni, non tutte intere perché sono i Rush, cazzo. Sono difficili. Il loro repertorio accomuna noi tre Primus, sono fra le prime cose che abbiamo suonato quando ci siamo messi assieme. Citare Cygnus era divertente.


Mi hanno detto che hai parlato con Geddy Lee prima di confermare il tour. Che cosa vi siete detti?
Volevo essere sicuro che non stessimo facendo qualcosa di sbagliato. Volevo capire che ne pensava. Pareva contento. Ha detto che gli sembrava una buona idea.

Sei stato in tour con loro nel 1992. Li conoscevi già personalmente?
No, ci siamo incontrati nel backstage. Essendo loro fan fin dall’adolescenza è stato grandioso andare in tour con loro, conoscerli, fare amicizia. Che esperienza surreale: ecco Geddy, Alex e Neil che di fronte a noi picchiano sugli armadietti.

Armadietti?
Sì, nel backstage improvvisavamo piccole jam. Suonavamo nei palasport dove si gioca a basket e perciò ci capitava di trovarci in stanze con degli armadietti . Così Neil percuoteva quelli al posto delle percussioni e Alex suonava la chitarra con un nacho al posto del plettro. Che tempi.

Siete rimasti in contatto?
Per un po’ non ci siamo visti. L’ultima volta con Neil è stato a casa di Stewart Copeland per una delle sue jam in quello che chiama Sacred Grove. Eravamo lui, io, Neil, Danny Carey e Matt Stone. Alex non lo vedo da un pezzo, con lui e Geddy ci siamo visti a cena anni fa a San Francisco. Ogni tanto ci si sente. L’accordo era che mi insegnasse a suonare correttamente YYZ, cosa che ha fatto. L’ho suonata nel modo sbagliato per anni. Sempre bello prendere lezioni da Geddy Lee. È una cosa che ti ridimensiona.


Una curiosità: quante volte hai visto i Rush dal vivo e quand’è stata l’ultima volta?
L’ultima volta è stata durante il tour… quello tipo Jules Verne… qual è l’ultimo album che hanno fatto?

Clockwork Angels.
Quello. Li abbiamo visti a Las Vegas. Ho portato Stewart con me. Non so quante volte li ho visti. Prima di cominciare a frequentarli direi una o due volte all’anno, diciamo da Hemispheres a Signals.

Non si può non parlare dell’elefante nella stanza, e cioè la morte di Neil. Ha influenzato i vostri piani?
Non ci va che la gente pensi che andiamo in tour per rendere omaggio a un nostro eroe. In più, Neil era molto geloso della sua privacy e non so quanto gli farebbe piacere che se ne parli, idem per la sua famiglia. Sapevo che era malato, Stewart gli è stato vicino fino alla fine e mi teneva aggiornato. La notizia non mi ha sorpreso, ma è stato comunque uno shock. È un bel colpo quando muoiono i tuoi eroi e i tuoi amici. Ma non ne ho parlato con Geddy e, come ti dicevo, a Neil non avrebbe fatto piacere.

Perché avete scelto di rifare proprio A Farewell to Kings?
All’inizio si pensava di fare Hemispheres che è sempre stato speciale per me. Farewell ci è sembrata la cosa giusta, perché: 1) è il primo album dei Rush che ho sentito e 2) contiene la mia canzone preferita fra le loro, Cygnus X-1. E poi 2112 sarebbe stato troppo scontato. Non sarà facile perché devo cercare di cantare come Geddy Lee e le sue vecchie parti vocali sono alte in modo assurdo. Gli ho scritto: “Ma è un falsetto o cosa?”, e lui: “No, è la mia voce”. Chiederò aiuto al pubblico.

Quindi rifarete l’album e poi un set dei Primus, o solo i Rush?
Coi Primus suonavano prima un set di nostri pezzi e poi la colonna sonora di Willy Wonka. Questa volta faremo Kings e poi le nostre canzoni.

L’album contiene vari classici dei Rush tra cui Xanadu. Come vanno le prove?
Abbiamo imparato le parti singolarmente, ma per ora abbiamo provato assieme solo Cygnus. È dura, sono i Rush.

Alla Canadian Songwriters Hall of Fame hai suonato The Spirit of Radio.
Non sono un tipo che s’innervosisce prima delle performance, ma quella volta ero terrorizzato perché 1) loro tre erano lì a guardarci e 2) la platea era piena di gente alla moda. È stato strano. In passato coi Primus abbiamo fatto YYZ  e La Villa Strangiato, ma solo frammenti.


L’anno scorso Geddy ha suonato Tomorrow Never Knows coi Claypool Lennon Delirium. C’è la possibilità che sia presente a uno dei concerti di A Tribute to Kings?
Non se n’è parlato, ma non si sa mai. Non mi aspettavo che suonasse coi Delirium. Quando ho saputo che sarebbe venuto a Toronto gli ho chiesto di fare con noi Tomorrow Never Knows. E lui: non sono uno da improvvisate, ma fammici pensare. Lo capisco, a me piace jammare, ma a volte preferisco starmene tranquillo a seguire il concerto. Perciò gli ho detto: non preoccuparti, vieni a sentirci e basta. E invece si è presentato e ha detto: ci sto. È stato fantastico.

Era la prima volta che suonavi con lui?
Credo di sì, ma le mie sinapsi non funzionano granché bene. Credo fosse la prima volta davanti a un pubblico.

Pensi che il successo dei Rush abbia aperto la strada ai Primus?
Sicuro. Quando abbiamo aperto per loro finalmente abbiamo suonato in locali… non vuoti [ride]. Quando andavo ai concerti dei Rush mi rendevo conto che la band di apertura non erano ben accolte. Poi è toccato a noi e quelli della crew ci hanno detto che siamo stati uno dei gruppi meglio accolti dai fan. È tipo una medaglia.

Detto questo, band come la loro hanno spianato la strada a tutti noi. Sai, quando abbiamo fatto il tour con loro mica era cool essere un fan dei Rush. Erano un guilty pleasure. La stampa, specialmente quella europea, ci ha scaricato addosso un bel po’ di merda. Eravamo questi giovani e nuovi… beh, qualunque cosa fossimo facevamo parte della scena alternativa e all’improvviso, eccoci coi Rush. Ricordo di aver letto sui giornali inglesi: “Che diavolo ci fanno i Primus com quei vecchi dinosauri prog?”.

Ci vuole perseveranza e i Rush ce l’avevano. Ricordo di averli visti da Colbert e di aver pensato: oh, mio Dio, all’improvviso i Rush sono di moda! Sono appena stati toccati dalla bacchetta magica di Stephen Colbert. Ed è stato meraviglioso, davvero meraviglioso. È stato bello vederli diventare incredibilmente popolari negli ultimi anni, praticamente delle icone. Anche voi state dedicando loro più spazio. Quand’ero ragazzo non c’era mai nulla sui Rush su Rolling Stone ed era raro sentirli in radio.

L’interesse nei loro confronti è aumentato da quando è uscito il documentario.
Sì, e credo che per i fan dei Rush sia un po’ un boccone amaro, perché sono sempre stati, come dire, i nostri ragazzi. È come essere un Trekkie o qualcosa del genere. È un distintivo d’onore, una cosa che non tutti comprendono, una comunità di persone con cui identificarsi. Dico sempre che mia moglie è una delle poche donne che ho incontrato in vita mia che da ragazza ascoltava i Rush. Ci scherzo su e dico che è la ragione per cui il nostro matrimonio dura da tanto tempo.

Tornando al concerto, come sarà per te affrontare le parti vocali di Geddy? Stai provando molto?
Oh, sì, sarà difficile [ride]. Dovrò fare a modo mio.

E ovviamente ci sono anche quei bei testi esoterici, a partire da quello di Xanadu.
[Canta Xanadu] “To seek the sacred river Alph / To walk the caves of ice”. Sono cresciuto con ‘sta roba. Sono testi incredibili. Ascoltavo quei dischi e cercavo di capire queste storie: [canta Cygnus X-1 Book I] “Through the void / To be destroyed / Or is there something more? / Atomized at the core / Or through the astral door”. Ero un quattordicenne che guardavo la navicella Rocinante passare per un buco nero ed era la cosa più bella che avessi mai visto. Sono entusiasta. Dopo i due concerti degli Oysterhead di stasera e domani voglio tornare su quel disco.

Un bel cambiamento rispetto agli Oysterhead.
Ma è super divertente. Quando fai questo lavoro da tanto tempo devi trovare progetti sempre nuovi che ti accendano, che ti facciano eccitare all’idea di imbracciare lo strumento. E questa cosa dei Rush lo fa. Ho comprato un vecchio Rickenbacker, lo userò per jammare.

State cercando di ricreare la vecchia strumentazione dei Rush?
Non si sa mai…

Puoi dire qualcosa sullo spettacolo?
Ci stiamo lavorando. Sarà una figata. Sarà come tornare ad avere 14 o 16 anni.

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