Storia dei Black Pumas, perfetti sconosciuti arrivati fino ai Grammy | Rolling Stone Italia
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Storia dei Black Pumas, perfetti sconosciuti arrivati fino ai Grammy

Fanno soul, sono fuori moda, hanno venduto meno di 30 mila dischi. Eppure sono entrati nella lista di candidati al titolo di esordienti dell'anno con Billie Eilish, Lizzo e Rosalía. Ecco come ci sono arrivati

Storia dei Black Pumas, perfetti sconosciuti arrivati fino ai Grammy

Black Pumas

Foto: David McClister per Rolling Stone USA

Il viaggio dei Black Pumas verso i Grammy è iniziato con una telefonata potenzialmente imbarazzante. Alla fine del 2017, il chitarrista e produttore di Austin Adrian Quesada aveva bisogno di un cantante per alcuni strumentali a cui stava lavorando. Su consiglio di un comune amico, ha lasciato un messaggio a un talento locale, Eric Burton, fino a quel momento un perfetto sconosciuto.

Neanche Burton aveva mai sentito parlare di Quesada, e non si è preoccupato di richiamarlo, finché alcuni amici non gli hanno fatto capire quanto il chitarrista fosse rispettato. “Mi hanno detto: ‘Amico, non lasciartelo scappare’”, ricorda Burton. “Mi hanno criticato per averlo fatto aspettare così tanto tempo”. Finalmente, il cantante ha composto il numero – “Ho pensato: ehi, magari faccio un po’ di soldi” – e Quesada, che in quel momento stava guidando, ha risposto. “Si è messo a cantare al telefono, non riuscivo a sentirlo bene”, dice. “Ma la sua passione ed energia erano davvero contagiose”.

Con il tempo, questa insolita accoppiata di uomini tra cui passano 13 anni di età e con due background musicali completamente diversi ha pagato: ai Grammy di quest’anno i Black Pumas erano candidati nella categoria Best New Artist accanto a star come Lizzo, Billie Eilish, Lil Nas X, Yola, Maggie Rogers e Rosalía, tutti musicisti che hanno venduto molti più dischi dello strano duo. “Non riesco a capire come siamo finiti in quella lista”, dice Burton. “Sembra una battaglia contro una gang di Golia. È un mistero”.

In realtà, i colpi di scena sono nel DNA del gruppo. Cresciuto a Laredo, in Texas, a Quesada non interessava la musica che piaceva ai suoi genitori, preferiva ascoltare hip hop e hair metal. Si è trasferito ad Austin per studiare arte al college, suonare la chitarra in un gruppo punk-jazz, la Blue Noise Band, prima di tornare alla musica da ballo messicana di anni ’50 e ’60. Alla fine il suo gruppo ha unito le forze con un’altra formazione, i Blimp, decisamente più vicini al funk orientale, per formare i Grupo Fantasma.

Questo nuovo progetto lo impegnerà per quasi 15 anni: suonavano un repertorio sfaccettato, musica tradizionale sotto steroidi. Quando sono diventati più famosi, i Grupo Fantasma sono stati ingaggiati da Prince per una serie di date al Glam Slam Club, e il chitarrista li ha seguiti in una jam in alcuni concerti del 2007. Quattro anni dopo, i Grupo hanno vinto un Grammy nella categoria Best Latin Rock, Alternative or Urban Album con il disco El existential.

Anche quando era solo un membro della band, Quesada era instancabile: all’inizio della carriera del gruppo aveva già fondato un progetto parallelo, i Brownout, con cui ha pubblicato alcune cover dei Black Sabbath usando il nome Brown Sabbath. Quando i Grupo hanno vinto il Grammy, Quesada ha capito che era il momento di lasciare il gruppo una decisione che dipendeva soprattutto dalla quantità di date dal vivo. “Facevo fatica a concentrarmi su tutti gli impegni”, dice. “In più, quella era musica con confini precisi. È stato difficile andare via, davvero, perché era diventata una famiglia. Ma non mi sono mai sentito l’autore principale delle canzoni, e se devo investire così tanto tempo in qualcosa, voglio essere più coinvolto. Era arrivato il momento”.

La storia di Burton era iniziata dall’altra parte del Paese, a Los Angeles. Cresciuto con la madre in un’atmosfera molto religiosa, nella San Fernando Valley, durante l’infanzia ha ascoltato più gospel che pop. “Sono cresciuto sotto la campana di vetro della chiesa”, dice. “Per quanto riguarda la musica secolare, sentivo quello che passava la radio mentre facevamo le faccende domestiche”. L’unico pezzo non gospel che ricorda di quel periodo è Ghetto Superstar, la hit del 1998 di Pras; il primo CD acquistato era Get Rich or Die Tryin’ di 50 Cent (non era un grande fan del rap, ma adorava i brani di 50).

Durante gli anni del liceo, che ha passato insieme al gruppo di teatro, Burton si immaginava attore, e grazie a un contatto nell’industria, ha conquistato una piccola parte nel film musicale Tutto può cambiare (Begin Again) con Keira Knightley e Murk Ruffalo. Attraverso il film ha incontrato Gregg Alexander, ex frontman dei New Radicals, che gli ha suggerito di insistere con la carriera musicale. Dopo un breve periodo in college in Arizona, Burton è tornato a Los Angeles, dove vendeva magliette e faceva il busker al molo di Santa Monica. Insieme ad altri due musicisti si è messo a suonare in giro per la West Coast, poi ha preso la macchina ed è partito verso Austin, dove ha deciso di trasferirsi.

Quando qualcuno gli ha suggerito per la prima volta il nome di Burton, Quesada era perplesso. “L’ho cercato e ho subito pensato: perché non ne ho mai sentito parlare?”, dice il chitarrista, che aveva guardato qualche video di Burton su YouTube. “Sono uno orgoglioso di conoscere le cose… ma lui mi è sembrato grandioso. Adoro il fatto che non avessi idea di chi fosse quel tizio”.

Quando i due si sono finalmente incontrati nello studio di Quesada, ad Austin, hanno subito capito che riuscivano a completarsi. La voce morbida e grintosa di Burton e le sue canzoni, tra cui Colors (in cui canta “My sisters and brothers / See ‘em like no other”), si mescolavano alla perfezione con i brani a cui stava lavorando Quesada, pieni di piano elettrico old school, batterie acustiche e la sua rumorosa chitarra surf. Quesada ha contribuito alle atmosfere classic soul consigliando al giovane cantante un po’ di vecchio r&b. “Mi ha fatto venire voglia di tornare indietro, ascoltare e cercare di capire come lavoravano Otis Redding e Marvin Gaye”, dice Burton. “Adrian apprezzava molto il timbro della mia voce, e il modo in cui cercavo di imitare quegli artisti per adattarmi alla musica che aveva scritto”.

Quesada è d’accordo, ma minimizza i paragoni con il passato. “Non abbiamo mai voluto diventare una revival band o cose del genere”, dice. “Volevo che il soul venisse dalla nostra anima, non mi interessa fare la copia carbone di un’era o di altri artisti”.

Nel giro di poco tempo il duo si è dato un nome, Black Pumas, ispirato alla passione di Quesada per i giaguari (il suo studio ha il logo di un giaguaro) e le Black Panthers. Il momento della verità, creativamente parlando, è arrivato sul palco, quando hanno debuttato in un club di Austin. “Ricordo di aver detto a mia moglie di non venire, di darci qualche settimana, perché i primi concerti rischiavano di fare schifo”, ricorda Quesada. Il chitarrista era convinto che Burton avrebbe suonato seduto, anche lui con la chitarra, ma con sua grande sorpresa il cantante decise di stare in piedi e sfruttare la sua esperienza teatrale. “Quando ho poggiato lo strumento mi sono sentito liberato”, dice Burton. “Ha elevato tutto quello che stavamo facendo”.

“In tutti i video che avevo visto Eric sembrava un cantautore, seduto con la chitarra”, dice Quesada. “Non sapevo potesse comportarsi come un frontman alla James Brown. Appena siamo scesi dal palco ci siamo detti: sta succedendo qualcosa”.

Dopo quel concerto le voci sul gruppo hanno iniziato a rincorrersi. I Black Pumas hanno pubblicato Black Moon Rising su Spotify, conquistato un contratto per un singolo, e successivamente per un album, con ATO Records (l’etichetta fondata da Dave Matthews che ora ospita artisti come My Morning Jacket, Brittany Howard e i King Gizzard and the Lizard Wizard). Un anno fa hanno vinto il premio come Best New Band agli Austin Music Awards, e qualche mese dopo hanno pubblicato l’album di debutto, Black Pumas.

Poi è arrivata la nomination ai Grammy, un vero mistero anche per chi lavora a stretto contatto con il duo. “Non ho idea di come sia successo”, dice il capo di ATO Jon Salter, che aveva inviato l’album all’Academy senza ricevere risposta. “Forse volevano un po’ di guitar rock”. Di sicuro la decisione non è stata influenzata dalle vendite. Al momento in cui scriviamo, Black Pumas ha venduto appena 23 mila copie (fisiche e digitali).

Il precedente con i Grammy di Quesada ha aiutato, certo, ma è probabile che il gruppo abbia beneficiato della segretezza della commissione della Recording Academy, che infila dozzine di artisti nelle quattro categorie principali per assicurarsi che tutte abbiano una patina cool. “Quando ho visto i Black Pumas tra i candidati mi sono detto: ‘Che cazzo è successo? Non ha senso’”, dice un dirigente di un’etichetta che ha partecipato al processo di selezione dei Grammy. “Mi vanto di conoscere tutti i dischi in uscita, di ascoltare tutto. Ma poi ho pensato: ‘Il fatto che li abbiano scelti è fico’. I Pumas e Yola sono ottimi artisti” (l’Academy non ha voluto commentare il processo di selezione dei candidati).

Quesada è già apparso sul palco dei Grammy con i Grupo Fantasma. Ma Burton, che poco tempo fa consegnava pacchi per Amazon guadagnando 150 dollari al giorno, il viaggio e la competizione sono il segno che ora gioca in un campionato più importante di quanto avesse immaginato. “Non riesco a credere di essere arrivato fino a qui, non siamo una band da tanto tempo”, dice. “Devo essere professionale, altrimenti verrò licenziato”.

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