Steven Van Zandt: «Mi sono preso una pausa dalla politica, e da me stesso» | Rolling Stone Italia
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Steven Van Zandt: «Mi sono preso una pausa dalla politica, e da me stesso»

«Volevo romanzare la mia vita, basta storie personali», dice il chitarrista della E Street Band delle ispirazioni dietro a ‘Summer of Sorcery’, il suo nuovo album

Steven Van Zandt: «Mi sono preso una pausa dalla politica, e da me stesso»

Steven Van Zandt

Illustrazione di Mark Summers per Rolling Stone USA

Steven Van Zandt sa cosa stai pensando, soprattutto se il tema è la musica e non le sue performance da attore. Basta pronunciare il suo nome per immaginare immediatamente uno zingaro del rock con la bandana in testa, che suona e canta pezzi infuocati sulla politica e la vita in un’America ingiusta. Se glielo fai notare, non farà nulla per farti cambiare idea. «Tutti i dischi solisti che ho registrato erano molto personali, e molto politici», dice dalla sua casa a Manhattan. «Volevo allontanarmi da entrambe le cose. Volevo romanzare la mia vita. Ero stanco di me stesso».
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Il primo passo verso questa nuova direzione è arrivato dopo aver scoperto che il suo capo di sempre, Bruce Springsteen, avrebbe fatto uno spettacolo a Broadway. «Ho pensato: “Beh, tanto vale sfruttare il tempo libero”», dice. Nel 2017, quindi, ha resuscitato la sua carriera solista, così come la band di una volta (Little Steven and the Disciples of Soul) e una serie di canzoni che aveva scritto per altri artisti ma che non aveva ancora provato da solo. «Appena ho registrato Soulfire ho pensato: “Dovrei evolvermi, fare il prossimo passo”», ricorda. «In tutti i miei dischi degli anni ’80 la musica era sempre in secondo piano rispetto ai testi. Questa volta volevo che la musica fosse la cosa più importante».

Per il suo prossimo progetto, Van Zandt ha iniziato con Summer of Sorcery, una canzone che definisce come «un territorio nuovo. Non mi ero mai spinto a suonare canzoni alla Van Morrison». A partire da quel brano così evocativo, Van Zandt ha iniziato a dare forma a una nuova idea: «un concept vagamente basato sulla prima estate di consapevolezza, sul primo amore, sulle prime esperienze di vita e sul brivido delle nuove possibilità».

Lavorando con la sua band attuale, Van Zandt ha portato queste sensazioni dentro Summer of Sorcery, il disco più eclettico della sua carriera. Uscirà a maggio, e non ha quasi nulla delle canzoni di protesta, del rock e del soul della sua giovinezza anni ’60. In brani come Soul Power Twist, Vortex e Love Again, Van Zandt torna allo stile che usava per Southside Johnny e gli Asbury Jukes. «Volevo scrivere quelle canzoni per me», dice. «Un tempo le avrei date a Southside, non le avrei tenute».

Superfly Terraplane – Little Steven & The Disciples of Soul

L’album si avventura anche verso il pop alla Phil Spector (A World of Our Own), la musica latina (Party Mambo) e il garage rock (Communion). Ma sono i testi la novità più scioccante del lotto, perché evitano l’autobiografia a favore di una serie di studi di personaggi, come l’innamorato di A World of Our Own. «Tutti i cantanti sono attori, e la canzone è come una sceneggiatura», dice. «Sei tu che devi convincere il pubblico che sei chi dici di essere. In questo caso, ho deciso di abitare il corpo di quella persona».

Il risultato è particolarmente convincente in Suddenly You, dove Van Zandt tira fuori un raro timbro da crooner. Il cantautore ci tiene a parlare anche di Love Again, che definisce una «fantasia totale ispirata al pop di un’era che non c’è più». «Pensavo a Sam Cooke mentre canta I ain’t got nobody, e in quel periodo faceva sesso con due o tre donne al giorno!», ride. «Ma non c’è niente di autobiografico nel mio pezzo».

Tuttavia, Van Zandt non è riuscito a evitare completamente l’attualità. Superfly Terraplane ritrae una nuova generazione anti-armi e pro-social media, mentre Gravity si lamenta del degrado degli Stati Uniti (“Two hundred years of muscle/You blew it all trying to be the boss”). «Non sono riuscito a fermarmi», dice sollevando le spalle.

È ironico, dice Van Zandt, che il suo disco meno politico sia uscito in uno dei momenti più controversi della storia d’America. «Mi è successo anche con Soulfire, mi dicevano: “Ma che stai facendo?”», dice. «Quello che succede è incredibile, siamo nel mezzo di una guerra civile. Ma io sono utile solo se riesco a far unire le persone, a trovare un terreno comune». Van Zandt ha imparato la lezione duramente quando ha lanciato TeachRock, un programma educativo (basato sul rock) per le scuole di tutto il paese. «Non ho supportato Obama e non ho criticato Trump», dice. «TeachRock è la cosa più grande che ho fatto nella mia vita, e non voglio che un insegnante dell’Alabama dica: “Non voglio seguire quel liberale”».

Van Zandt porterà le canzoni di Summer of Sorcery in tour a partire da quest’estate, e continuerà fino al prossimo ottobre. Non sa nulla del futuro on the road della E Street Band, ma sa che deve sfruttare la pausa con il Boss – e la possibilità di suonare le sue canzoni – più che può. «Se Bruce dovesse decidere di tornare in tour», dice, «potremmo stare in giro per due anni interi».

Finché non accadrà, e se accadrà, Van Zandt dice che vuole godersi questa pausa da se stesso. «Cercare di capirsi, analizzarsi, credo che non ci sia attività che generi più ansia», dice. «È sfiancante».

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