Skin ed Ace degli Skunk Anansie mi aspettano a Milano di primo pomeriggio, in una stanza d’albergo spoglia e formale. Sono passati più di trent’anni dal loro debutto nel 1994 e nel frattempo il mondo è rimasto più simile a se stesso di quanto avrebbero potuto immaginare. «È triste che alcune canzoni che abbiamo scritto nei primi anni siano ancora rilevanti. Dovrebbero sembrare datate, invece siamo ancora in un’era fascista, misogina, omofobica e ora anche transfobica».
Nella nostra chiacchierata Skin mescola continuamente musica e politica e ci racconta la sua strategia per affrontare un’era dalla quale non si sente rappresentata. The Painful Truth è un album potente in cui la band affronta temi come genitorialità, malattia e cambiamento con piglio rock e new wave. Un album che è pensato come un atto di resistenza in un’epoca dominata dal pop, dalla musica-slogan e dagli artisti solisti che «sono più facili da controllare rispetto a una band, che è innanzitutto una comunità». Per gli Skunk Anansie è un nuovo punto di partenza.
Come mai avete scelto di tornare proprio adesso? Qual è stata l’urgenza del momento?
Skin: Abbiamo iniziato a scrivere l’album dopo l’ultimo tour, poi c’è stato il Covid-19, il nostro manager si è ritirato, il Covid-19 è finito. Ah, e prima di tutto questo c’è stata la Brexit. Il disco doveva essere realizzato quattro, cinque anni fa, ma sono felice che non sia andata così perché abbiamo avuto il tempo di pensare per bene a quello che avremmo voluto realizzare, come lo avremmo voluto realizzare, con chi e cosa avremmo voluto dire. Non abbiamo mai avuto questa opportunità prima, perché i primi tre album sono venuti uno dopo l’altro. Per Wonderlustre abbiamo avuto un po’ più di tempo, ma i dischi successivi sono venuti fuori in modo velocissimo. Questo lavoro è probabilmente il primo in cui abbiamo pensato seriamente e profondamente, e questo lo rende il mio preferito.
Cosa vuol dire essere una band per voi? I maggiori artisti contemporanei sono solisti. Secondo voi funzionano ancora le band nell’industria musicale?
Skin: Credo di sì, al 100%. Penso che l’industria musicale favorisca gli artisti solisti perché sono molto più controllabili, soprattutto se non scrivono le loro canzoni. Le band sono innanzitutto una cultura e una comunità, sono composte da quattro o cinque membri, ci sono i loro partner, gli amici, i luoghi dove suoni abitualmente e tutti ti conoscono. Non sono controllabili perché non vogliono che qualcuno interferisca col loro lavoro creativo, mentre gli artisti solisti sono a volte tele bianche su cui qualcun altro dipinge. Alcuni non lo sono, come Ed Sheeran che è un fantastico musicista e scrive le sue canzoni, anche se le sue nuove cose non sono tanto il mio genere… Le band diventate famose negli anni sono quelle che scrivono le loro canzoni, che hanno la propria immagine e quindi sono molto più difficili da controllare. Sono anche più difficili da unire, da mantenere insieme e sono molto più costose.
«È triste che le nostre vecchie canzoni siano ancora rilevanti»
Penso che l’industria stia deliberatamente smettendo di supportare le band, specialmente in Inghilterra, le radio vogliono musica pop, Lady Gaga, Beyoncé. Non è per forza un male perché un ambiente competitivo di spinge a migliorare, se è tutto troppo facile poi ci ritroviamo solo con girl band e le boy band. Ci vogliono dieci anni di lavoro per diventare una buona band e cinque anni di lavoro per scrivere una buona canzone. Per suonare bene uno strumento impieghi altri dieci anni, non c’è un modo veloce per far funzionare una band. Impazzisco quando vedo una band che fa musica fantastica, si vede che le persone amano quel che fanno. Per questo è difficile emergere per i gruppi, ci vuole tempo.
Ace: I gruppi sono come puzzle. Se pensi alle band classiche, ad esempio i Led Zeppelin di cui ho visto il film di recente, capisci che sono composte da musicisti con un carattere distinto che si adattavano allo stare insieme, ma allo stesso tempo puoi ancora distinguere i singoli. È questo che rende una band interessante, potente. Ci mostra il valore della collaborazione, dell’essere una famiglia. Amo i solisti, ma i gruppi sono affascinanti.
Skin: Penso che le band abbiano un alto tasso di autenticità. C’è sempre qualcuno in una band che ti dice se non gli piace qualcosa. Anche alcuni artisti solisti hanno questa comunità attorno, penso a Doechii o Little Simz. Siamo stanchi di gente come Taylor Swift o Sabrina Carpenter. È come la musica coreana, tutta immagine e stile, ma non riesco a credere in quel che fanno. Non credo a nessuno perché non riesco a connettermici, non fa per me, non è diretta a me.

Foto: Rob O’Connor
Vi sentite a vostro agio in questo tempo in cui escono mille musicisti ogni giorno, bisogna stare dietro a mille nuovi trend, o avete nostalgia del passato?
Skin: Non mi sento per niente a mio agio nell’establishment musicale di oggi, ma non voglio neanche vivere la mia vita in un posto comodo, la vita non è un sofà su cui rilassarsi. O almeno io non ho questo privilegio. Sono una donna queer nera. Mi piace il lato oscuro delle cose. E mi piacciono le persone che hanno questo lato oscuro. Mi piacciono le persone che fanno musica sporca, che ti vogliono dare un pugno in faccia. Non mi piace il pop che non dice niente, che non trasmette niente. Madonna o Lady Gaga sono pop star che lasciano qualcosa. Sabrina Carpenter è una grande nuvola vaporosa. Datemi Charli XCX tutta la vita. Mi piace la musica pop con un sacco di psichedelia, scura, sottile e autentica.
Ace: Io ascolto tre o quattro nuovi album ogni settimana. C’è sempre qualcosa che mi colpisce. Mi spiace la svalutazione della musica, il fatto che gli artisti non riescano a sopravvivere grazie alla musica.
Skin: L’altra cosa ridicola è che i nuovi artisti vengono valutati in base al numero di follower. È assurdo. Ci sono molti nuovi artisti che hanno canzoni fantastiche: questo dovrebbe essere il barometro, non i follower.
Per fare il nuovo album avete sentito la necessità di riadattarvi reciprocamente perché negli anni avete preso direzioni diverse come artisti e come persone?
Skin: Abbiamo cambiato modus operandi. Prima lavoravamo per ore su un riff nella speranza che potessi scrivere qualcosa di buono magari due settimane dopo. Oggi finiamo la canzone e facciamo una demo il giorno stesso con dentro tutto, il ritornello, le parole, il groove, la melodia. Una canzone finita, insomma. Non mettiamo più giù un milione di idee che devono essere poi tagliate e assemblate. Qualità, non quantità.
Qual è la painful truth del titolo?
Skin: La mia “verità dolente” ha tre livelli. C’è un livello personale: indagarmi e capire me stessa per scrivere musica. Capire da dove proviene l’autenticità che c’è in ogni pezzo. Il secondo livello riguarda la band: abbiamo fatto molte scoperte dolorose negli ultimi anni, ci sono due membri affetti dal cancro che stanno soffrendo. Il terzo livello riguarda il significato della nostra musica nel mondo. Il mondo si sta trasformando in una grande supremazia bianca: come fai a produrre musica in questo contesto? Come ci riesci se non ci sono più spazi di discussione? Possiamo ancora fare domande, ma a che serve fare domande se le persone non possono discutere?
È triste che alcune canzoni che abbiamo scritto nei primi anni siano ancora più rilevanti adesso. Tutto è diventato politico. Dovrebbero sembrare datate e invece siamo ancora in un’era fascista, misogina, omofobica e ora anche transfobica. Guarda cosa sta facendo Starmer in Inghilterra con le politiche anti-trans. Non è solo una questione di essere a destra o a sinistra, ma di chiedersi: moralmente dove stai? Qual è la tua painful truth? Sono le domande di cui dobbiamo parlare come società. Com’è possibile che tutto questo sia successo sotto i nostri occhi? Come è successo che i laburisti al governo siano peggio dei conservatori? E non sono solo i laburisti, ma è tutta la sinistra. C’è tanta verità che fa male.
Ace: Io ho le mie personali painful truths: la vita non sempre è giusta, nessuno viene a salvarti e non puoi avere tutto, questo è un altro modo di intendere il concetto di verità che fa male. Se penso a Mark (Richardson, il batterista, ndr), deve affrontare la malattia ingiustamente e noi possiamo stargli a fianco, ma nessuno può salvarlo. Non puoi avere tutto, puoi creare il tuo mondo e fare le cose giuste, ma non puoi avere tutto, e se riesci ad accettarlo, stai almeno cercando di fare la cosa giusta.
Cosa fate quando vi sentite sopraffatti da tutte queste cose?
Skin: È una domanda importante. Per le persone oggi è fondamentale trovare una forma di sollievo. La mia forma di sollievo sta nella musica techno, sono una raver, ascolto e suono techno. Ma sta anche nei concerti o nel teatro, una delle cose migliori che ho fatto ultimamente è stata andare a vedere Abba Voyage, per due ore ho cantato le canzoni degli Abba, è stato fantastico. Non puoi andare avanti con tutta questa angoscia, devi liberartene in qualche modo perché altrimenti finisce per usarla in modo sbagliato. E io sento molta angoscia, ogni volta che prendo il telefono c’è una notizia su Trump. Ha la capacità di prosciugare la vita e l’aria del mondo con il suo nonsense, prosciuga tutto il buono che c’è. Quindi devi andare a ballare, devi andare a bere con gli amici. Ci aspetta una grande battaglia e siamo tutti coinvolti. Lo dico da tempo, quando vedo ad esempio attaccare la comunità gay penso: perché impieghi il tuo tempo e le tue energie per attaccare una minoranza? Tutte queste persone con i loro milioni agiscono per fare ancora più soldi e diventare più forti marginalizzando sempre più gli altri.
Ace: La mia forma di conforto è suonare in concerto, è il massimo. Lavoro su molte cose, lavoro tutto il tempo. Lavoro per supportare la mia famiglia. Mio figlio sta per iniziare gli studi di medicina ed è abbastanza difficile. Per me fare un concerto in confronto è come andare in vacanza, è la mia forma di reazione.
Torna il tema della comunità quindi, dello stare insieme come atto di resistenza, del trovare le tue persone e creare la tua collettività.
Skin: Esatto, e se non la trovi, la crei. All’inizio non c’era uno spazio per noi nella scena pop britannica e allora ci siamo creati noi la scena che volevamo, la nostra comunità di persone.