Shirley Manson: «Eccomi qua, sono più forte, sono ancora viva» | Rolling Stone Italia
In difesa della speranza

Shirley Manson: «Eccomi qua, sono più forte, sono ancora viva»

Intervista: l’album dei Garbage nato dopo un incidente e il ruolo della band ora che osserva l’industria musicale da sotto il filo dell’acqua, come il polpo sulla cover di ‘Let All That We Imagine Be the Light’

Shirley Manson: «Eccomi qua, sono più forte, sono ancora viva»

Garbage

Foto: Joseph Cultice

«L’anno scorso sono caduta dal palco durante un concerto e mi sono rotta l’anca. È successo mentre stavamo per registrare l’album. In quel momento ho capito che sarei andata incontro a un’esperienza diversa dalle precedenti». La voce di Shirley Manson mi arriva chiara e cristallina, con la tipica cadenza scozzese che ancora resiste ai tanti anni vissuti negli Stati Uniti. Nei giorni precedenti all’intervista mi ero fatto un ripasso generale di tutte le hit dei Garbage, dei loro videoclip, dei loro album, delle loro interviste. Ho aperto uno squarcio nel tempo, allungando lo sguardo su 30 anni di musica, dal primo disco omonimo del 1995 fino ad arrivare all’ultimo Let All That We Imagine Be the Light, un lavoro più morbido e ottimista rispetto al precedente No Gods No Masters (2021), ma che comunque non si risparmia espliciti riferimenti politici. Qualcuno lo ha definito grunge-pop, un mix di melodie e di armonizzazioni avvolgenti, tagliate da synth e suoni più low-fi che restituiscono un’atmosfera distopica e al contempo umana, che rispecchia i tempi in cui viviamo.

Per capire l’anima dei Garbage in questi caotici anni ’20 basta farsi un giro sul loro profilo Instagram, gestito in prima persona da Shirley Manson, che evidentemente rifiuta qualsiasi consiglio da un social media manager. Il risultato è un collage molto vivo di screenshot presi dal web, foto del suo cagnolino, scatti e racconti dai tour, reperti dagli anni ’90, ma soprattutto prese di posizione nettissime sulla Palestina, sull’Ucraina, contro la transfobia, sulle donne e sui diritti civili. Sì è vero, i Garbage sono invecchiati e hanno quasi 60 anni, ma sono molto più liberi di quando sono usciti e la chiacchierata che abbiamo fatto con Manson ne è la prova.

Il tuo incidente vi ha incasinato i piani?
Sembra strano dirlo, ma per noi è stato un dono. Intendiamoci, non è una cosa che rifarei, ma è difficile sorprendersi quando lavori insieme da tanti anni e quella per noi è stata decisamente una sorpresa. Improvvisamente eravamo in una situazione nuova.

Come facevi a lavorare in quelle condizioni?
I ragazzi erano in studio a sbattersi sui suoni e a registrare. Quando avevano del materiale pronto me lo inviavano a casa. Io ero bloccata a letto e da quella posizione assurda ascoltavo e cominciavo a scrivere melodie e testi. È stata un’esperienza solitaria, ero isolata e spesso triste, ma allo stesso tempo mi ha costretta a un approccio creativo inedito e prolifico. Tutto ciò ha sicuramente fatto bene al disco.

Per la copertina invece avete scelto un polpo, perché?
In questo momento ci identifichiamo con quell’animale: una creatura schiva e inquietante che osserva l’industria musicale da sotto il filo dell’acqua. Negli anni ’90 eravamo al centro di tutto, eravamo visibili ed esposti, ma ora non è più così e ci va benissimo. Abbiamo convissuto con la fama per un po’ di tempo e non è sempre piacevole.

Garbage - There's No Future In Optimism (Official Music Video)

Il primo brano, There’s No Future in Optimism, sembra uscito da una puntata di Black Mirror. Parecchio inquietante, ma anche parecchio familiare.
Il suono di questo album è molto cinematografico e le sue atmosfere sono distopiche, perfettamente in sintonia con quello che vediamo in giro per il mondo. In questa cornice ho provato a raccontare una storia d’amore alla Bonnie e Clyde che però non finisce con la violenza ma con qualcosa di bello, con una speranza. In generale tutto l’album si preoccupa di conservare tutto ciò che c’è di bello e di fragile… compreso il polpo della copertina, per un futuro migliore.

Pensi che questa tua vena politica sia nata quando ti sei trasferita dalla Scozia agli Stati Uniti, all’inizio degli anni ’90?
No, devo dire che è l’età ad avermi reso più sensibile politicamente. Quando ero una ragazza mi preoccupavo più della carriera, del gruppo, dei tour e di tutto il resto. Con l’esperienza ho aperto gli occhi sui miei privilegi e su quello che succedeva in giro per il mondo. Penso che se provi amore e compassione non puoi non essere politico.

Per le nuove generazioni gli anni ’90 sono un’epoca mitica in cui la musica alternativa poteva essere mainstream senza perdere i suoi principi. Oggi le cose sono molto diverse.
I Garbage e altri gruppi di quegli anni erano certamente un’anomalia. Potevi avere delle hit planetarie, ma rimanere con la tua identità. Il panorama musicale era molto vario e non c’era questa rete creata con gli algoritmi. Io sono grata di aver fatto parte di quel periodo, oggi nonostante esistano tantissimi artisti validi, ci si muove in un sistema molto più soffocante.

Quali sono i tuoi musicisti preferiti contemporanei?
Amo i Fontaines DC, gli Idles, Ecca Vandal, i Mannequin Pussy, la lista è lunga. Amo chi spinge la sua specifica ideologia, amo chi è ribelle e schietto e non gli interessa di piacere a ogni costo. Penso anche che chi fa il musicista oggi abbia molte più skills di quante ne avessimo noi. La tecnologia è totalizzante, devi curare la tua immagine, farti i video da solo e stare dietro a tante cose. Intorno però tutto è costruito per le canzoni che fanno i numeri e che fanno soldi e non è rincuorante se stai cercando di essere un artista.

Garbage - Get Out My Face AKA Bad Kitty (Official Audio)

Hai sempre sostenuto le donne nella musica e sei riconosciuta come un riferimento per tante artiste che sono venute dopo di te. Pensi che l’industria musicale sia meno sessista rispetto agli anni ’90?
Penso che sia ancora un sistema patriarcale, ma sono stati fatti dei passi avanti. Recentemente ho fatto una riunione con la nostra etichetta, la BMG, e l’80% dello staff era formato da donne. Questo 30 anni fa non si vedeva. Oggi mi sembra ci sia molta più consapevolezza e anche le pop star più mainstream, come Selena Gomez per esempio, non hanno paura di esporsi su questo tema. Lo stesso vale per i maschi. Nonostante esista una minoranza purtroppo influenzata da gente come Andrew Tate, penso che queste giovani generazioni siano più aperte a piegare stereotipi del passato.

Tutta la tua carriera mi sembra all’insegna della lotta e della rinascita, sia personale che musicale.
In 30 anni di carriera ho avuto tanti momenti di crisi, ho messo in discussione il mio corpo, la mia felicità, la mia band, ho perso completamente la voce e poi l’ho riconquistata, ho avuto pensieri autodistruttivi e mi sono persa. Questo nuovo album fa decisamente parte di questo percorso. Ho accettato di dovermi scontrare con questi momenti per poi ritrovare un equilibrio e crescere. All’inizio non te ne accorgi ma poi pensi: eccomi, sono qui, sono più forte, sono ancora viva.

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