Shalpy: «Vivo in condizioni di estrema indigenza, sono disposto a fare il cameriere» | Rolling Stone Italia
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Shalpy: «Vivo in condizioni di estrema indigenza, sono disposto a fare il cameriere»

Abbiamo raccolto l’appello del cantautore di 'Rocking Rolling': «Ho investito gli ultimi soldi che avevo in un singolo che frutterà poche centinaia di euro. Ho 58 anni e sono nelle condizioni di un esordiente»

Shalpy: «Vivo in condizioni di estrema indigenza, sono disposto a fare il cameriere»

Shalpy

Foto press

«Vi ho chiamati perché la vostra testata è una delle poche che ha rispettato gli argomenti toccati nella mia precedente intervista. E questa cosa crea empatia».

Inizia così l’intervista con Shalpy, dopo un messaggio che ci ha mandato. Un grido d’aiuto che non ci siamo sentiti di far cadere nel vuoto. Se nella chiacchierata di un mese fa il tono era rabbioso verso un sistema di «prezzolati», questa volta il cantautore di Pregherei e Let It Snow si è tranquillizzato: «Vengo in pace, ormai ho capito che sono lotte inutili. Bisognerebbe cambiare la mentalità degli italiani».

Dall’altra parte del telefono c’è un uomo ferito. Anche sa volte la voce si rompe, non si scompone. Ha una grande dignità ed è pronto iniziare la nostra conversazione.

Quando ci hai contattati ci siamo preoccupati. Che è successo?
Ho deciso di investire le ultime migliaia di euro che avevo nel mio nuovo brano Let It Snow. Invece di pensare a risparmiare, in questo momento di crisi, ho creduto molto nel mio progetto, come sempre.

E…
Devo dire che mi sta dando soddisfazione: nonostante le pseudo polemiche della scorsa intervista la mia canzone viene suonata in una radio a Londra, una a Berlino, una in Grecia e una a Glasgow.

Questo mi fa piacere, ma hai chiamato per un motivo preciso…
In questo momento mi trovo in una situazione di estrema indigenza, come il 90% della gente che fa questo mestiere. Faccio parte di una fetta di persone che non sono calcolate né dallo Stato, né dall’immaginario collettivo.

Cioè?
Si ha l’idea che l’artista campi d’aria. Non si capisce la concretezza e l’imprenditoria che sta dietro al sistema.

Da cosa nasce questa voglia di fare conoscere la tua situazione?
Mi sono guardato su internet l’annuncio che Bette Davis fece su Variety nel 1962: «Madre di tre bambini di 10, 11 e 15 anni, divorziata, americana, trent’anni di esperienza come attrice cinematografica, versatile e più affabile di quanto si dica, cerca impiego stabile a Hollywood. Referenze a richiesta». Io potrei dire: «Artista, autore, attore, solo – perché ho un compagno ma non siamo sposati – italiano, che parla l’inglese, 37 anni di esperienza come produttore e interprete, ancora in grado di muoversi e più affidabile di quanto si racconti, desidera essere impiegato in qualche media».

Sento la necessità, alla mia età, di sistemarmi, nel senso di rilassarmi. Quando si è un po’ fuori dal sistema e si manifesta un po’ di rabbia è facile dire che uno è matto, invece conduco una vita lineare. Anzi, sono anche a dieta perché, oltre ad avere la sindrome di immunodeficienza tiroidea sono pure celiaco, per cui non bevo, non mi drogo, sono dritto. Esterno solo le mie emozioni. Faccio mea culpa, ho un carattere un po’ irruento, ma non sono un despota, sono una persona normale.  

Dici di essere più affidabile di quanto si racconti. Qualcuno pensa il contrario?
Non me lo dicono davanti, ma già da quando mi sono esposto per i DDL ci sono persone che mi hanno dichiarato guerra. A me è piaciuto tantissimo Signorini che, durante una riunione del Grande Fratello Vip, mi disse, davanti a testimoni: «Giovanni, qui mi dicono tutti che sei ingestibile, per me non è così, per me sei una grande personalità, ti ho voluto fin dall’inizio e ti vorrò». Poi si è alzato ed è uscito per rispondere a una telefonata.

Però il GF Vip, alla fine, non l’hai fatto.
Per questioni economiche. Penso sempre in maniera positiva e che la gente mi capisca. Dopo quella riunione l’amministrazione fece due conti su un pizzino e non potevo annuire senza sapere se un cachet era al lordo o al netto.

Questo, immagino, prima delle difficoltà economiche…
Stavo già sull’orlo. Io ho, nella testa, una canzone per l’estate e una per l’autunno. Spero di poter andare presto a Los Angeles per riabbracciare il mio amore e portare avanti il mio progetto, sempre da libero professionista senza una lira, magari facendomi prestare i soldi dalla persona che amo o da un amico. Un artista non può fare a meno dell’arte.  Da qui la mia scelta di investire i soldi per fare qualcosa che mi gratificasse, invece che usarli per mangiare. Sono scelte difficili, non sono scelte comode. Ma sono dettate dal mio essere, dal mio vissuto, dalla mia emozionalità. Non penso di essere solo, penso ci siano altri artisti come me, magari in una situazione migliore.

Ma perché hai deciso di agire così?
Ho fatto volontariamente questa scelta, rischiando tutto quello che avevo. È come una roulette che ho fatto per l’arte. Ho consegnato qualcosa al futuro, come sempre. Se devo pagare un prezzo, lo pago, ma è un prezzo duro, che non mi dà un salvagente cui aggrapparmi. E in questo momento rischio di affondare. La mia decisione è stata di estrema lealtà con me stesso.

Dopo che ha investito tutto in Let It Snow, qualcuno ha deluso le tue aspettative?
Chi ha deluso le aspettative è la concezione italiana che non esalta chi ha valore, ma la superficie o prende da esempio persone un po’ più furbe e meno vere. Ma non sono più rabbioso, la rabbia l’ho messa da parte. Potrei vantarmi e dire che la mia canzone è andata in Grecia, a Glasgow e a Berlino, ma devo anche mangiare.

Hai provato a fare qualcosa per sbarcare il lunario?
Sarei anche disposto a fare il cameriere o qualsiasi altra cosa mi venisse proposta. Io sono molte cose, posso affrontare tanti ambiti lavorativi. Sto portando alla ribalta la mia storia, ma non sono il solo. E mi dispiace leggere i commenti dei leoni da tastiera che mi lasciano messaggi gratuiti. Io sto facendo un appello.

Ti fa onore aprirti così, ma ci sarà qualcosa, in campo artistico, che vorresti fare…
Aiutare gli altri, le persone che vogliono intraprendere questo mestiere: ho tantissima sana esperienza per formare una persona di talento. Vorrei essere coinvolto anche emotivamente, non solo perché mi arrivano dei soldi. Penso che, quando Morgan ha iniziato X Factor, lo ha fatto con questo principio.

Vorresti fare il coach in qualche talent?
Farei qualsiasi cosa mi dia la possibilità di essere me stesso. Non sono una cattiva persona e vorrei aiutare il prossimo come fa un prete in chiesa o un professore a scuola. L’unica cosa che mi dispiace per queste lacrime che scendono è sapere che sarebbe andata così. Ero cosciente che, se mi fosse andata male, sarei arrivato a questo punto, ringraziando tutte le persone che mi hanno ostacolato per far sì che mi trovassi, in questo momento, a fare questa intervista. Se fossi stato valutato per quello che penso di aver dato, avrei potuto fare una trasmissione Rai, ma non mi è stata neanche offerta. Il mio budget l’ho investito quasi tutto per Let It Snow. Mi trovo nello stesso stato di una persona che ha perso il lavoro da tempo. I soldi di Let It Snow mi arriveranno fra cinque mesi. Forse guadagnerò qualche centinaio di euro, ma i download, come sai, pagano pochissimo. È come se fossi un giovane artista che si affaccia per la prima volta, a 58 anni, in un mercato enorme che non potrò mai scalare. A meno che non mi dica bene.

Cosa ti auguri per il futuro?
Spero di poter realizzare presto il prossimo singolo, perché vado a piccoli passi. La musica regala un’emozione che, se si comprende, accompagna per tutta la vita.

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