Serge Pizzorno: «Per i Kasabian ho scoperto un nuovo pianeta, si chiama THE S.L.P.» | Rolling Stone Italia
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Serge Pizzorno: «Per i Kasabian ho scoperto un nuovo pianeta, si chiama THE S.L.P.»

Il cantautore italo-inglese ha pubblicato il suo primo album solista, un viaggio attraverso il suo sistema solare alla ricerca di nuovi tesori per il prossimo disco con la band

Serge Pizzorno: «Per i Kasabian ho scoperto un nuovo pianeta, si chiama THE S.L.P.»

Sergio Lorenzo Pizzorno, leader dei Kasabian e mente del progetto THE S.L.P.

Foto di Aitor Throup

«Certo che mi ricordo quel goal, impossibile dimenticarlo», racconta Serge Pizzorno mentre, per rompere il ghiaccio, ricordiamo la prodezza con cui piazzò un tiro a giro da posizione impossibile alle spalle di David Seaman, ex portiere della Nazionale inglese, durante una partita di beneficenza. «Sai quando ero ragazzino avevo ricevuto offerte da delle squadre professioniste, ma ho scelto la musica, ci sono troppe regole da rispettare nel calcio».

Una sliding door, insomma. Forse, se avesse scelto la via pallonara invece della chitarra, ora lo vedremmo indossare la casacca del suo Leicester, magari quella del Genoa, di cui è tifosissimo grazie al papà ligure. Tuttavia il destino la pensava diversamente, e oggi Serge – o Sergio, come preferisce essere chiamato – è il leader dei Kasabian, una delle migliori band che la scena rock britannica abbia sfornato negli ultimi decenni. Una storia, quella della band inglese, che Pizzorno sintetizza fra le tracce del suo primo lavoro solista, uscito il 30 agosto e intitolato THE S.L.P., acronimo del suo nome di battesimo, Sergio Lorenzo Pizzorno.

Un disco in cui troviamo il rock minimale à la West Ryder Pauper Lunatic Asylum – nella traccia d’apertura Lockdown –, gli arrangiamenti di scuola Morricone che scandiscono la scaletta come era stato fatto in Empire, le parti rap come in Velociraptor! – le collaborazioni con Little Simz e slowthai – o gli inni pop di Crying Out Loud ripresi in ((trance)). E ancora, l’elettronica catchy di 48: 13 su Nobody Else o i synth oscuri degli esordi per Soldiers 00018.

Un album, il tuo primo solista, che ricorda un viaggio attraverso la tua storia sonora, quasi fosse un autoritratto in musica.
Esattamente. Spesso creo i miei brani ‘visivamente’, compongo cercando di seguire delle immagini, e lo stesso ho fatto per THE S.L.P.. In queste canzoni vedevo la possibilità di raccontare la mia storia, come se la musica fosse la colonna sonora di un film. Ecco, quest’album è il mio piccolo film personale

Con la trama che inizia dalle tue origini italiane, con il brano Meanwhile… In Genova
Era impossibile per me pensare un incipit diverso dalle mie radici, dalla città di mio padre che ho sempre sentito mia e di cui sono sempre stato orgoglioso, anche se sono nato nel Devon, in Inghilterra. Volevo scrivere una lettera d’amore per Genova, luogo a cui mi sono sempre sentito estremamente legato. La storia che racconto in questo album doveva per forza partire dall’Italia.

Storia che sembra procedere per capitoli, dato che a metà del disco arriva Meanwhile… At The Welcome Break, con il titolo che sembra riprendere la traccia d’apertura.
Assolutamente, come dicevo THE S.L.P. procede come fosse un film, di cui questo brano è l’intervallo tra il primo e il secondo tempo. Meanwhile… At The Welcome Break rappresenta una stazione di servizio in mezzo a un viaggio ideale, che poi è il mondo in cui viviamo, un’infinita autostrada in cui corrono infinite informazioni che a velocità supersonica colpiscono le nostre vite. Questa canzone rappresenta il momento in cui cerchi di uscire dalla corrente, in cui ti prendi un momento per ripensare ai tuoi errori prima di ributtarti nella mischia. Ho immaginato di trovarmi in autostrada, in piena notte, nel bel mezzo di una gara in cui siamo tutti coinvolti ma da cui tutti, prima o poi, dobbiamo staccare per riprendere energie.

Finché non arriva l’ultima tappa del viaggio, con l’oscurità di Meanwhile… In The Silent Nowhere.
Questa traccia è un messaggio, riguarda la necessità di tornare ad ascoltarsi gli uni con gli altri. Credo che, in qualche modo, nella società moderna ci siamo ritrovati tutti chiusi nel nostro angolo personale, dove i lati opposti non riescono più comunicare. Trovo che l’incapacità di dialogo sia molto pericolosa e siamo a un punto in cui è necessario capirsi e capire perché il mondo sta nella direzione sbagliata.

Foto di Neil Bedford

Un album completo, quindi, perfetto anche come settimo lavoro targato Kasabian. Perché, allora, la scelta di non affidare queste canzoni alla band?
Non so dare una motivazione precisa, ma fin da subito ho sentito queste canzoni diverse, come se appartenessero a una dimensione altra rispetto a quanto avevo sempre fatto con i Kasabian. THE S.L.P. tiene al centro la melodia, circondata da sonorità più morbide se confrontate al timbro distintivo della band. Certamente c’è un legame: nei Kasabian ho sempre scritto tutte le canzoni e a tutte ho affidato una parte del mio DNA, ma questa volta sentivo che se avessi fatto come al solito i brani avrebbero perso qualcosa; sentivo il bisogno di sciogliere certi nodi da cui in qualche modo mi sentivo bloccato. Questi nuovi brani partono proprio da questa esigenza: li ho scritti di getto, nel giro di sei mesi, e mi sembrava giusto dedicargli un disco che fosse tutto loro.

Spiegaci meglio come è andata.
Ho iniziato a pensare a questa idea nel momento in cui con i Kasabian abbiamo deciso di prenderci una pausa. Alla fine del tour, l’anno scorso, sono quasi impazzito perché non sapevo quello che sarebbe successo, non era mai successo di non avere nulla di già pianificato. In quel momento ho capito che davanti avevo un’opportunità unica, che non si era mai presentata prima: c’erano queste bozze di canzoni che avevo buttato giù nell’ultimo anno, e ho pensato fossero un ottimo punto di partenza per un disco. Dentro quei brani vedevo uno spazio vuoto, un luogo dove potevo sperimentare liberamente, senza nessuna aspettativa di quello che sarebbe venuto fuori. Così è nato THE S.L.P.

Foto di Neil Bedford

Forse, dopo gli anni con i Kasabian, in cui sei stato la mente creativa dietro il frontman Tom Meighan, avevi bisogno di prenderti il tuo posto sotto i riflettori?
Credo sia sempre positivo affrontare le proprie paure, e per me THE S.L.P. rappresenta proprio questo. Sentivo il bisogno di andare avanti, di tracciare un percorso che fosse soltanto mio, di trovare il tempo per qualcosa di diverso. Per cui forse si, volevo prendermi i miei spazi.

Te lo chiedo perché ricordo gli esordi dei Kasabian, quando il rapporto tra te e Tom era spesso paragonato a quello tra Noel e Liam Gallagher, un grande autore e il suo interprete. La stampa vi definiva i nuovi Oasis, sentivate la pressione del confronto?
Certo mi ricordo quegli anni. All’inizio aprivamo i loro concerti, per cui era molto facile per il pubblico associare la dinamica tra me e Tom a quella tra Noel e Liam. Le persone tendono ad etichettare ciò che non conoscono con un’immagine che, invece, hanno già impressa in mente, e questo è quanto successe agli inizi dei Kasabian. Anche la stampa sfruttò molto il paragone con gli Oasis, ma a noi non è mai interessato granché. Ovviamente abbiamo sempre preso il confronto come un complimento e un onore, ma abbiamo sempre preso la nostra direzione, qualunque essa fosse: un percorso che ci ha portati ad essere quello che siamo ora, ed è stato un viaggio grandioso.

Insomma fra te e Tom Meighan i rapporti sono ancora ottimi, non come tra i fratelli Gallagher.
Decisamente no, non direi proprio, e aiuta molto il fatto di non essere parenti (ride). Ci conosciamo da quando eravamo ragazzini e il nostro rapporto oggi è più solido che mai, anzi, Tom è stato il primo sostenitore di THE S.L.P.. Semplicemente quando è nato il mio progetto solista non avevo nessuna ispirazione per tornare in studio e scrivere un altro album dei Kasabian. Sono sempre stato contrario al fatto di scrivere un album solo per il gusto di farlo, perché devo necessariamente provare qualcosa quando scrivo e in quel momento non stava accadendo, ma dopo THE S.L.P. è tutto cambiato.

Cioè?
Ora mi sento come se non vedessi l’ora di fare il prossimo album con i Kasabian, mi sento come se fossi appena tornato da un viaggio. THE S.L.P. è un nuovo pianeta nel mio sistema solare, in cui la terra è rappresentata dai Kasabian. Sono partito verso una meta sconosciuta, dove ho trovato nuovi tesori e nuove idee da portare nel luogo da cui sono partito, per renderlo un posto migliore. Per questo motivo il progetto S.L.P. è così importante per me, perché è un nuovo sbocco, un nuovo pianeta su cui poter tornare quando ne avrò voglia, una nuova voce che prima non sapevo di avere e che ora devo essere capace di conservare in futuro.

Un futuro tra Kasabian e THE S.L.P., un nuovo dualismo dopo quello che divide la tua passione calcistica tra Leicester e Genova. Immagina una partita tra le tue due squadre del cuore, con chi scenderesti in campo?
No bro, questa domanda è la più difficile che mi si possa fare (ride, in evidente difficoltà). Diciamo che se fosse una partita di Champions League allora per me sarebbe indifferente con che squadra giocare, perché avrei già realizzato il sogno di vederle entrambe nell’Olimpo del calcio.

Ok, ma stai evitando di rispondere…
Allora mettiamola così. Se dovessi scegliere per quale nazionale giocare, tra quella inglese e quella italiana, sceglierei gli Azzurri. Per cui probabilmente preferirei giocare nel Genoa, perché mi darebbe più chance di essere chiamato con l’Italia.

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