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Samuel: «La mia serata mistica con Morgan che salta dai balconi»

Il cantante dei Subsonica la racconta in 'Cocoricò', una delle canzoni del nuovo album solista 'Brigata Bianca'. «Sono un capitano di brigata alla ricerca di nuovi territori artistici e nuovi spazi musicali»

Foto press

«Bianco è lo sfondo su cui scrivere qualcosa». Il capitano Samuel spiega così la scelta del colore attribuito alla sua truppa, la Brigata Bianca che dà il titolo al secondo album solista del cantante dei Subsonica: 15 canzoni per un bel disco in cui convivono armoniosamente cantautorato intimista e svaghi dance, incursioni rap e giochi electro-pop.

Un foglio bianco che Samuel ha riempito, colorato, pezzo dopo pezzo insieme a un gruppo di amici, musicisti e produttori che sono stati ospiti nel suo studio a Torino. «C’è una cucina, un posto letto, i miei strumenti, i dischi… È un luogo in cui puoi immergerti per fare musica». Samuel descrive così il Golfo Mistico, lo spazio dove ha alloggiato e lavorato buona parte delle persone coinvolte in questo progetto.

«È un disco nato e cresciuto in solitaria durante il primo lockdown», racconta, «ma quando in estate ho cominciato a farlo sentire agli amici, che forse proprio per via del momento avevano una grande esuberanza creativa e una gran voglia di fare, hanno cominciato tutti a dire “io farei così, io farei cosà”. Quindi ognuno di loro si è ritrovato in studio con me per due tre giorni, e insieme abbiamo lavorato all’album».

Sono tanti i soldati della Brigata Bianca capitanata da Samuel: tra i produttori Federico Nardelli, Mace, Machweo, Dade dei Linea 77, Alessandro Bavo, e tra le voci dei featuring rapper come Johnny Marsiglia, i torinesi Ensi e Willie Peyote, e cantautori come Colapesce e Fulminacci.

Partiamo da quest’ultima collaborazione: come sei finito a lavorare con Fulminacci per Felicità?
È una canzone che avevo scritto parecchi anni fa, quando vivevo a Roma, e infatti ha il sapore del cantautorato romano che amo, io sono cresciuto con De Gregori. Poi lavorando al disco ho conosciuto Fulminacci e mi sono reso conto che è una delle cose nuove più simili a quella che è la mia identità musicale degli ultimi 20 anni: mette insieme il racconto testuale, il sapere toccare uno strumento e il saper cantare, cosa che ultimamente non è proprio da tutti. Per questo mi ha colpito, anche per la tecnica. Lui si è innamorato di questo pezzo, senza neanche sapere che era nato nella sua città, e quindi a quel punto ha deciso di volerne far parte.

Canti “Felicità, a volte arriva, a volte se ne va”: in questo momento è dalle tue parti?
Sono felice di essere qui a presentare questo disco. Dopo un periodo così travagliato come quello che abbiamo vissuto, la musica mi ha dato la possibilità di esorcizzare tanti demoni. E presentare un album da solista dopo che per 20 anni sei stato il cantante di un gruppo importante come i Subsonica è una fortuna che non tutti hanno. La felicità dipende da come il tempo ti concede di vederla. A 20 anni è un punto di fuga che cerchi di raggiungere ogni giorno. Ma quando il tempo passa e ti ritrovi ad aver fatto molta strada, ti rendi conto che la felicità è il tipo di percorso che hai fatto, il risultato di tutte le cose che hai vissuto.

Nel disco c’è anche un altro esponente del cantautorato indie, Colapesce, che ti accompagna in Cocoricò.
Mi sono innamorato della sua capacità espressiva con la penna: Colapesce riesce a toccare corde emotive molto forti. Poi un giorno ci siamo ritrovati a chiacchierare con lui e Federico Nardelli, io me ne sono uscito con questa storia di noi Subsonica e i Bluvertigo che, dopo una serata al Velvet, eravamo andati a fare festa al Cocoricò e – mentre raccontavo – vedevo Colapesce che prendeva appunti… Gli dico: “Ma cosa stai scrivendo?”. Aveva catturato delle mie frasi, arricchendole con sfumature umane molto belle, che mi piacevano molto. Federico ha tirato giù due accordi di piano e chitarra e così abbiamo iniziato a cantare un racconto nato da me ed elaborato dalla sensibilità delle persone che mi stavano intorno.

In Cocoricò c’è un verso su Morgan che salta dai balconi…
Morgan forse non se lo ricorda neanche più, ma alla fine di questa serata mistica, tutti ebbri andiamo in camera e a un certo punto sento bussare alla finestra, mi affaccio e non vedo nessuno. Pensavo fossero i pompieri, magari c’era un incendio… Mi riaffaccio e vedo Morgan che salta da un balcone all’altro bussando a tutte le finestre. Ho richiuso, mi sono detto “sto sognando” e sono tornato a dormire!

E citi anche il crollo delle Torri Gemelle.
La caduta delle Torri corrisponde a un momento di rottura in cui tutta l’enfasi emotiva degli anni ’90 si è sgretolata, è stata la fine della seconda Summer of Love.

Il pezzo con Ensi, Bum bum bum bum, è uno dei momenti più intensi del disco. Vi siete divertiti a registrarlo, vero?
Con Ensi abbiamo fatto una seratona. Eravamo io, lui e Dade. Era un po’ che non tornava a Torino ed era un periodo in cui si poteva andare a cena fuori: quando siamo rientrati in studio abbiamo fatto la nottata e infatti quel pezzo ha un clima notturno, racconta di persone che si sentono un po’ diverse da tutto quello che gli sta accadendo intorno.

Perché sulla copertina del disco sei vestito da soldato?
Sono vestito da capitano di brigata! Il mio amico fraterno Marco Rainò è un designer e con lui costruisco tutte le immagini dei miei dischi da solista, abbiamo fatto insieme anche Il codice della bellezza. Per Brigata Bianca volevamo che ogni canzone avesse una bandiera. Poi è arrivata la bandiera unica che raccoglie tutte le mini-bandiere, le canzoni. E infine è arrivato Francesco Pignatelli, un altro amico che gestisce un’antica casa di abbigliamento per cerimonie: «Ragazzi, se volete vi posso costruire una divisa con sopra tutte le bandiere». Abbiamo ampliato il gesto artistico all’abbigliamento, quindi è una specie di uniforme da cerimonia: io rappresento una specie di capitano di brigata che va alla ricerca di nuovi territori artistici e nuovi spazi musicali.

Ma in un 2021 fatto quasi esclusivamente di singoli in digitale al limite dell’usa e getta, dal tuo punto di vista vale ancora la pena pubblicare un album di 15 canzoni con un artwork così concettuale?
Forse no, ma non riuscirei nemmeno a pensare di scrivere una canzone se non la pensassi inserita in un album, dentro un immaginario grafico con dietro una ricerca. Per me sarebbe difficile fare stare in piedi una sola, singola canzone. Se ho in mente un percorso, un viaggio, ogni singolo mattone diventa la base su cui costruire il resto della casa.

Brigata Bianca è un disco molto eterogeneo. Qual è per te il tratto comune di tutte le canzoni?
C’è un produttore diverso per quasi ogni brano, hanno collaborato artisti diversi e quindi è inevitabilmente eterogeneo. Ma quel che mantiene il filo è la mia scrittura, la mia voce. Per il resto, do campo libero a ogni esperienza musicale.

Ti è capitato di scartare canzoni perché “troppo Subsonica”?
Ogni tanto capita, soprattutto quando arrangio il provino da solo. Poi lavorando con i produttori respiro la loro libertà musicale. Ma io sono comunque la voce dei Subsonica quindi è molto difficile essere distante anni luce da quel mondo.

Chiudiamo citando uno dei singoli di Brigata Bianca: dove ti vedi Tra un anno?
Tra un anno… spero di stare su un palco a saltare da una parte all’altra e vedere sotto la gente insieme che balla.

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