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Rose Villain: «Rompete le palle, fatevi valere, siate fiere»

Il gender gap, la percezione del successo, la varietà stilistica di ‘Radio Sakura’, la canzone con thasup su “fare come Kurt e spararmi in bocca”. «Esce il disco e scappo in vacanza»: la nostra intervista

Foto: Marcello Junior Dino

Nella puntata di Nuova Scena dedicata ai videoclip, Rose Villain dice all’aspirante rapper El Matador che sì, ha fatto un buon lavoro, «ma c’è sempre un po’ di fake, si vede la recitazione», e poi il consiglio: «Fallo come se non te sbattesse niente». È un motivo ricorrente, per lei, questa necessità di realness: per riuscire a colpirla, ti deve poter credere. Per questo, nonostante l’amore per il cinema che le fa citare Kill Bill, Mulan, Blow, Moulin Rouge, Come un tuono, Paolo Sorrentino e Ornella Muti nel suo nuovo disco Radio Sakura (a cui seguirà un tour con date il 17/10 a Firenze, 18/10 a Padova, 25/10 a Napoli e 29/10 a Milano), oggi la cosa che meno vuole al mondo è essere un personaggio. E allora ha fatto suo lo stesso consiglio che ha dato: se n’è sbattuta e ha detto tutto in 12 tracce.

Ci sono, in Radio Sakura, che è una sorta di sequel del precedente Radio Gotham ma con un effetto rollercoaster dovuto al cambio di generi musicali amplificato a mille, il tema del suicidio e del lutto, il sentirsi «la figlia che un padre forse non avrebbe voluto avere», ma anche l’autocelebrazione, l’immaginarsi il proprio funerale come una festa selvaggia e un dialogo notturno con Milano, che è un po’ casa e un po’ prigione.

Radio Sakura arriva dopo un anno in cui tutto, per Rose/Rosa, è cambiato così tanto velocemente «che non me ne sono neppure accorta». Il tormentone estivo, il ruolo di giudice nel rap show di Netflix e ovviamente Sanremo. E per rendersi conto di quello che è successo, Rose Villain ha deciso di partire. «Esce il disco e scappo in vacanza» è la prima frase che mi dice in quella che sarà la prima di una raffica di interviste, perché, aggiunge «il lavoro che dovevo fare l’ho fatto» e ora è tempo di mettere una giusta distanza tra sé e quello che lei definisce il frullatore.

Scappare in vacanza sembra una strategia molto autoconservativa: intercetti le reazioni post uscita del disco, ma non ci sei completamente dentro.
Esatto, l’idea è quella. Ma c’è anche un altro aspetto: in generale io non ho percezione del mio successo, zero. Sembro pazza, ma è la verità. Però, paradossalmente, penso che se vado in vacanza, tutto quello che di bello sta succedendo, dalla canzone di Sanremo che sta andando benissimo, a Nuova Scena, fino a questo disco, finalmente me lo godrò davvero. Perché nel mentre c’è un carico di stress notevole, si è frullati e strizzati, si è in modalità maratona e si dorme poco. O meglio, io potrei anche dormire ma quando vado a letto mi si accende il cervello, inizio a pensare «devo fare, devo scrivere, qual è il prossimo step», e ciao, anche stanotte si dorme domani. Quindi ho deciso di mettere in pausa tutto e starmene lì a contemplare quello che è successo.

Immagino, quindi, che Radio Sakura sia anche figlio di notti insonni.
È figlio di un momento di grande creatività, che porta con sé effetti collaterali come l’essere iperattiva anche quando dovresti riposare. Radio Sakura è un disco che per me significa riuscire a vedere tanti bei spiragli di luce dietro ai nuvoloni neri, è un disco con dentro speranza, fragilità, resilienza, desiderio di essere amato.

Non è un disco rap, è un disco di Rose Villain con dentro tanti generi: come canti in Click Boom!, ci fai entrare nel tuo disordine, anche se sembra un disordine controllato.
Assolutamente, io sono molto caotica sia nei sentimenti che in quello che faccio, sono molto istintiva, amo tantissimo amplificare al massimo il mio lavoro, sono emotiva e fragile, e secondo me è proprio bello parlare liberamente anche di questi aspetti di sé che nella vita di tutti i giorni sono visti quasi come negativi. E invece il mondo è così, la natura è così, è tutto un po’ incasinato.

Nei testi non ti sei risparmiata su nessuno di questi aspetti di te, soprattutto sulle tue fragilità: ti è mai capitato di pensare di aver raccontato troppo, di esseri esposta troppo?
Non credo di aver mai scritto una cosa ed averne avuto poi paura. Sta proprio qui il bello della musica: essere liberi, farlo con cognizione di causa e delicatezza, ma senza timore. Cerco, questo sì, di non urtare i sentimenti degli altri, ma essere liberi di essere onesti, crudi per me è molto liberatorio. La musica è proprio il mio luogo di sfogo, se tutto quello che sento e penso lo tenessi dentro, sarei una persona molto diversa, molto più tormentata. Tutti dovrebbero avere un canale di espressione, di comunicazione di quello che hanno dentro, perché è una salvezza. Ecco, posso dire senza retorica che per me la musica è una salvezza, e lo è anche per tanti che la ascoltano senza farla. Le storie che racconto e che raccontano altri artisti sono le storie di molte persone, e fin da bambina riconoscermi in una narrazione m’ha fatto stare meglio, m’ha fatto sentire meno sola.

Brutti pensieri con thasup è un pugno nello stomaco. Qui parli di pensieri suicidi in modo molto visivo, molto esplicito: è qualcosa di cui secondo te si dovrebbe parlare di più?
Brutti pensieri è un pezzo forte, impattante, ma io sono molto fan dell’arte che smuove, che sia cinema, musica, pittura, scrittura. Sono affascinata dall’arte che ti dà quel pugno, perché è così che si fanno riflettere le persone, è così che catturi la loro attenzione, che puoi dare la stilettata da cui può partire un cambiamento. L’unica cosa che temo un po’, riguardo a Brutti pensieri, è la reazione che potrebbe avere la mia famiglia. Detto ciò, per me è un pezzo molto positivo, con dentro l’abbraccio tra due artisti che hanno vissuto tante cose simili, e già l’unione, la vicinanza sono messaggi belli, luminosi. E poi io i tutti miei brutti pensieri me li svento per amore di me stessa, e spero che arrivi soprattutto questo. Sai, è raro oggi sentire questi discorsi da parte di una donna, perché ci mostriamo sempre forti, in grado di gestire le emozioni, per cui sdoganare i brutti pensieri al femminile è un’altra cosa liberatoria che ho fatto con Radio Sakura.

Parlando di abbraccio tra artisti, per i feat hai scelto cinque artisti diversi, ma tutti con delle anime belle tormentate come Madame, Bresh, Ernia, thasup e Guè: mi racconti che cosa ti lega ad ognuno di loro?
Non penso di conoscere un solo artista che non sia tormentato, siamo tutti messi così! Per quanto riguarda le collaborazioni, cerco sempre di farle con persone che stimo da morire e che possano portare storie, entrando però nel mio, di viaggio. L’unico che non conoscevo personalmente di loro era Bresh e mi ha stupita tantissimo, sai? È un ragazzo con una sensibilità particolare, ed è proprio bravo, scrive da dio. Quello che mi rende fiera e mi diverte di questi feat è che ho osato: Guè fa la bachata, thasup è in un pezzo molto intimo, Madame ha fatto una strofa incredibile in Hattori Hanzo, la traccia che apre il disco, che è complessa da trattare e interpretare, Ernia è sulla cassa dritta. Tutti si sono sentiti liberi di sperimentare, e sono felice che con me sentano di poterlo fare.

Lo dicevamo che ci sono tanti generi in questo disco, c’è anche un sample di Tainted Love dei Soft Cell su Io, me ed altri guai, quindi gli anni ’80, ed è molto cantato, c’è molto spazio per la tua voce: ti senti meno vincolata a certi canoni del rap ma anche dell’urban?
Mi sento ancora urban, ma più per un fatto di immaginario, di attitude, però la mia grande fortuna, che auguro ad ogni artista di avere, è che rischio, oso, ma senza forzature. Se faccio la bachata è perché oggi mi viene naturale fare la bachata. Magari qualcuno ascoltandolo lo percepirà come un disco che salta troppo di qua e di là, però io ci vedo un fil rouge, una coerenza.

Foto: Marcello Junior Dino

La tua è una scrittura cinematografica, crei sequenze di immagini che sono come dei corti: è così che nascono le tue canzoni, da ispirazioni visive? E anche stavolta hai diretto o dirigerai i videoclip?
Sicuramente il mio grande amore per il cinema m’ha aiutata a raccontare storie. Amo tantissimo che nelle canzoni ci sia un cambio, una realizzazione, un compimento, che la seconda parte porti a una nuova scoperta. Il cinema questo fa: racconta una storia, succede qualcosa, cambia qualcosa e c’è un finale che magari non t’aspetti. Io cerco sempre di fare questo, o con i suoni, o con l’immagine che dipingo o con un cambio di prospettiva. Hai tre minuti, perché non fare un racconto che ha un inizio e una fine o che sta andando per la sua strada e tu lo guardi scorrere? E poi, per rispondere alla domanda su come nascono i pezzi, sì, io ho sempre davanti le immagini che accompagnano i miei pezzi, potrei fare tutti i video perché li conosco già, ce li ho già. Sicuramente ci sarà una parte visual importante che seguirò in prima persona, ma devo ancora iniziare a lavorarci. Devo dare dei volti a questi canzoni. Ma prima?

Vai in vacanza.
Priorità assoluta.

E questo verso in dialetto milanese “de Milan ghe n’è vuna ma le l’al sa no” in Milano almeno tu da dove salta fuori? Dopo vent’anni negli Stati Uniti t’è venuta voglia di tornare alle radici?
Forse è quello, hai ragione. Ma in verità io ho e ho sempre avuto molto affetto per il milanese, mia nonna mi parlava sempre in milanese stretto, conosco tante frasi in dialetto e nella mia vita quotidiana un po’ lo uso, ed è una coccola per me tornare lì. Poi ho sposato un napoletano, oggi è il napoletano che è amato e usato dai giovani, soprattutto nel rap, e quindi anche questo m’ha fatto venire voglia di dedicare una strofa alle mie radici.

In questi giorni è uscito un report sul tasso di “femminilizzazione” del mondo del lavoro in Italia, che è del 41,7%: la parità, insomma, è ancora molto lontana. Il settore musicale italiano storicamente non fa eccezioni, ma oggi come lo vedi?
Il gender gap è un grosso problema, la cui soluzione richiederà ancora tantissimo tempo, ma sono tra quelli che pensano che ci arriveremo. Certo, in Italia siamo vicini alla Thailandia, a livello di parità di genere nel lavoro, quindi, ecco, non benissimo. Però vedo che se ne sta parlando tanto, i giovani sono belli agguerriti, e non intendo solo le ragazze ma anche i ragazzi, e io credo che la vittoria potrà esserci solo quando si desidererà l’equità tutti insieme. Nella musica, se guardi all’America che anticipa i trend, direi che possiamo stare tranquilli, perché le classifiche sono dominate da donne, e nel rap le donne stanno spaccando tutto. Ma al di là di numeri e classifiche, secondo me sono successe due cose: una è che ci siamo riappropriate della nostra sessualità, grazie al rap, ma anche grazie al ballo, al twerking, che insieme hanno creato un manifesto che dice «io faccio il cazzo che mi pare, se voglio essere sensuale, spogliarmi o parlare di sesso lo faccio», anche se non è stato così immediato come cambiamento, pensa al panico che ha creato WAP di Cardi B e Megan The Stallion. Ma guarda anche cos’è successo a Elodie, che ha portato la sua storia sul palco, è una figa, fa musica, fa quel che le pare e lo fa da dio, e invece le devono rompere il cazzo perché si mostra: ma è ridicolo o no?

Ma torno alla domanda: il primo cambiamento, dicevo, è stato questo legato alla sessualità e al corpo, il secondo è che tra noi donne la competizione s’è tanto abbassata, ci rispettiamo di più, siamo diventate amiche, ci supportiamo l’un l’altra, stiamo allontanando quella visione un po’ machista che ci voleva a tutti i costi rivali. Il giudizio delle donne è quello che fa più paura proprio a noi donne. Quindi quando c’è supporto c’è la vittoria. Ma continuiamo anche a rompere le palle, a dire di no quando una situazione non ci mette a nostro agio. Facciamolo notare quando succede, quando vediamo che c’è disparità di trattamento, e quando sentiamo che ci stanno sottovalutando. La famosa lotta che si combatte nel quotidiano è fatte di queste cose, e io lo ripeto sempre alle mie fan più giovani: rompete le palle, andate via da dove non state bene, fatevi valere, siate fiere.

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