Roberta Finocchiaro, l’americana immaginaria in tour con Cristiano Godano | Rolling Stone Italia
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Roberta Finocchiaro, l’americana immaginaria in tour con Cristiano Godano

Storia della chitarrista che suona col cantante dei Marlene: la passione per Hendrix e Stevie Ray Vaughan, il nonno a Sanremo, le esperienze negli States. E una produttrice che di cognome fa Virlinzi

Roberta Finocchiaro, l’americana immaginaria in tour con Cristiano Godano

Roberta Finocchiaro con Cristiano Godano

Foto: Michele Piazza

Originaria di Catania ma con i suoni d’America – una seconda casa, la chiama lei – appiccicati addosso, la chitarrista e cantautrice Roberta Finocchiaro è la compagna di viaggio del tour estivo di Cristiano Godano (vedi la gallery sotto), che non a caso porta sul palco un disco, Mi ero perso il cuore, che di sapori d’oltreoceano ne evoca parecchi e che è stato masterizzato allo Sterling Sound, nel New Jersey.

Classe 1993, Finocchiaro è cresciuta ascoltando Jimi Hendrix e Stevie Ray Vaughan, ha un nonno fisarmonicista che ha trasmesso l’amore per la musica alla famiglia, ha lavorato negli Stati Uniti con nomi del calibro di Steve Jordan, ha inciso tre dischi ed è al lavoro sul quarto. E ora, al fianco di Godano, sta scoprendo i Marlene Kuntz.

Con il frontman della band piemontese la chitarrista ha debuttato lo scorso 19 giugno: una doppia emozione data dalla nuova esperienza insieme a Godano, ma anche dal tanto atteso – e questo vale per tutti e tutte – ritorno sui palchi.

Innanzitutto, come sono andate le prime date?
Benissimo, tornare sul palco per me è stata una gioia inspiegabile perché questi due anni sono stati difficili. E poi il disco di Cristiano mi piace molto: ha queste atmosfere che fanno viaggiare un sacco e guadano anche molto all’America e per me, amante degli Stati Uniti, è ancora più bello. Nonostante abbiamo fatto solo tre prove ci siamo trovati bene e sono molto contenta.

Sui suoi social Cristiano Godano a proposito del debutto del tour ha parlato di confidenza e complicità e, come risultato, di un sound avvolgente. Non era scontato considerando che la vostra collaborazione è molto fresca e non avete avuto molto tempo per provare insieme. Cosa vi accomuna? Da cosa nasce questa sintonia?
Dagli ascolti che abbiamo in comune. A noi piace molto tutta quest’area molto nordamericana, Neil Young, Joni Mitchell. Quando ero piccola ascoltavo tanto i Sonic Youth, che per lui sono una grande ispirazione. Tutto il mondo rock, blues, soul e folk americano ci lega tanto.

Che rapporto hai invece con i Marlene Kuntz? Sei una loro fan?
Quando ho iniziato a suonare con la mia prima band, a 16 anni, ho scoperto i Marlene con Nuotando nell’aria, la versione con Cristina Donà. Anche se quel pezzo è stato molto importante per me, non sono mai stata una grandissima fan, sono sincera. Adesso però sto riscoprendo un mondo stupendo perché comunque a me il rock è sempre piaciuto nonostante negli anni io mi sia avvicinata a generi più calmi, più soft. Sono molto felice di suonare anche qualche loro brano nei concerti con Cristiano.

Come ti stai trovando a lavorare con un artista e un team italiani dopo aver lavorato negli ultimi anni per la maggior parte negli Stati Uniti con Steve Jordan, Stephen Chopek, Sean Hurley e Clifford Carter?
Secondo me nella musica non esistono barriere né di nazionalità né di altro e quando si lavora con la musica siamo tutti uguali. Non sento differenza particolari.

Nonostante il tuo amore per gli Stati Uniti mi sembra, ma correggimi se sbaglio, che tu tenga molto anche alle tue radici. Nel tuo ultimo album, Save Lives with the Rhythm hai coinvolto sì Steve Jordan ma anche tuo nonno Gino alla fisarmonica. Mi racconti qualcosa di lui e, più in generale, se e quanto la tua terra e i tuoi affetti hanno influito sui tuoi ascolti e sul tuo percorso artistico?
Mio nonno suona la fisarmonica. Da giovane faceva parte anche di una band che è andata a Sanremo nel ’78 (i Beans, ndr). È grazie a lui che è nata questa passione in tutta la mia famiglia, lui mi ha trasmesso questa voglia di raccontare la vita attraverso le canzoni, attraverso la musica. Quando ero a New York con Steve Jordan e stavo registrando Pictures in the Rain, uno dei miei brani, ci siamo accorti che aveva delle sfumature che riguardavamo molto New York ma anche la Sicilia. Così ho chiamato mio nonno e gli ho chiesto di registrarmi la fisarmonica e mandarmela al volo. Lui subito è andato in studio e mi ha mandato questa fisarmonica, da Catania a New York. Nonostante la distanza con la musica ci siamo ritrovati subito vicini.

Mi affido spesso alla musica come se fosse una religione, una cosa spirituale. Mi lega molto alla mia famiglia, in generale all’amore universale, perché per me la musica è un mezzo anche per aiutare le persone ad andare avanti. Aiuta me stessa e aiuta anche gli altri, anche per questo faccio musica e scrivo canzoni. È la mia ragione di vita, mi dà significato su questa terra.

E la chitarra invece? Come ti ci sei approcciata e in che modo sei arrivata a un tuo suono?
Ho iniziato a suonarla a dieci anni e contemporaneamente ho iniziato a scrivere canzoni. Ho preso anche lezioni di pianoforte, ma sono scappata via. La chitarra mi dà vibrazioni che nessun altro strumento riesce a regalarmi, riesco a dire quello che con le parole non riesco a dire. Al mio suono sono arrivata piano piano, prima con la chitarra acustica e poi con quella elettrica, con la Fender e con la Gibson. Per me la cosa importante non sono i pedali e gli amplificatori, ma il suono che esce dalle mani, dalle dita.

Roberta Finocchiaro - Hope (Official Video)

Sei una chitarrista e una cantautrice. Quale delle due figure ti calza di più, quale senti più tua?
Credo entrambe allo stesso modo. Insieme davvero riesco a trovare l’essenza della mia anima perché ho bisogno di suonare la chitarra ma allo stesso tempo sento la necessità di unire la musica alle parole.

Hai in mente delle attività dal vivo anche come solista?
Ci sono delle date che ancora ci devono confermare. Suonerò credo il 6 agosto a Palermo, ma è ancora da confermare. Sto iniziando anche a scrivere nuove canzoni, in realtà, stavolta in italiano perché mi sento pronta a scrivere anche nella mia lingua. Il mio primo album era in italiano ma era stato scritto con la mia band quindi come testi non mi rappresentava molto, mentre gli album che ho scritto negli Stati Uniti sono stati tutti scritti e composti da me. Quelli mi rappresentano al 100% e queste canzoni che ho iniziato a scrivere secondo me stanno arrivando al momento giusto.

Come mai secondo te sono così poche le musiciste in Italia? Per non parlare di altre figure del mondo della musica, come ad esempio le produttrici, che si contano sulle dita di una mano.
Secondo me non è che ce ne sono poche, forse se ne è parlato poco. Per esempio, la mia produttrice è una donna e a lei devo molto. Mi ritengo molto fortunata di aver conosciuto questa persona, Simona Virlinzi, che è sia la mia produttrice sia la mia manager (sorella del compianto Francesco Virlinzi della Cyclope Records, fra i protagonisti della Catania rock anni ’90, ha lanciato Carmen Consoli, nda). Oggi per iniziare un percorso professionale i ragazzi hanno bisogno della tv e dei talent. Io ho avuto la fortuna di trovare questa strada che è più lunga ma anche più sicura, hai il tempo di crescere in modo più naturale.

Le prossime date del tour:
12 luglio al Mercato Nuovo di Taranto
23 luglio a Roddino (CN)
24 luglio all’Officina Giovani di Prato
27 luglio al Parco Tittoni di Desio (MB)
30 luglio all’Anfiteatro del Venda di Padova