Dua Lipa, l'intervista su Radical Optimism | Rolling Stone Italia
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Quando nuota con gli squali, Dua Lipa recita il mantra dell’ottimismo radicale

In una nuova intervista, la popstar racconta spirito e canzoni di ‘Radical Optimism’, che pubblicherà a inizio maggio. «Parla di vedere la luce in fondo al tunnel e mantenere la calma di fronte al caos». E magari ballarci sopra

Quando nuota con gli squali, Dua Lipa recita il mantra dell’ottimismo radicale

Dua Lipa

Foto: Tyrone Lebon

Dua Lipa non riesce a smettere di fissare la stampa gigante della copertina del suo nuovo album Radical Optimism. Seduta nella sala conferenze di un albergo, si sta mettendo in ghingheri prima di alcune interviste e di girare un promo per YouTube insieme alla drag queen Trixie Mattel. Mentre guarda il poster, si mette a canticchiare la musichetta dello Squalo per poi scoppiare a ridere.

In copertina c’è Lipa che nuota serenamente verso la pinna di uno squalo bianco. «Fra tutte le foto, questa mi pareva la più potente. È proprio quello di cui parla l’album parla. Mi riferisco alla sensazione di caos e pericolo, di qualcosa di imprevisto che si avvicina, eppure riesci a mantienere la calma. M’è sembrata un’immagine fortissima».

Lipa aveva cominciato a svelare alcuni dettagli del terzo LP nella cover story di Rolling Stone di inizio anno: «Voglio catturare l’essenza della gioventù e della libertà, cosa succede quando ti diverti e lasci che le cose accadano, belle o brutte che siano. Tanto non puoi farci nulla». Non era ancora entrata nel dettaglio delle singole canzoni o del processo creativo che sta dietro alle immagini evocate dell’album. Ora è pronta a farlo.

Come stai? Come ti senti adesso che il disco è stato annunciato ufficialmente?
Molto bene. Più sollevata. Fino a questo momento, infatti, ho cercato di parlare dell’album senza svelare troppo e non è facile. Ora che è ufficiale, sento di poter prendere un bel respiro ed esprimermi più liberamente.

Ci hai dato qualche indizio qua e là, sull’album, ma non hai mai approfondito.
Quel che mi ha sempre guidata, nella musica, è l’ottimismo di fondo. Spero di poter cantare queste canzoni per molto tempo e che la gente le ascolti e le canti a sua volta, così che diventino una specie di mantra. Voglio comunicare sempre un po’ di ottimismo, in modo che si capisca che alla fine del tunnel c’è sempre la luce e che è possibile fare qualcosa di buono nella vita. Questo è ciò che volevo dal disco.

Dua Lipa - Training Season (London Sessions)

Time ha pubblicato un saggio di Guillermo Del Toro sull’ottimismo: «L’ottimismo è la scelta più difficile e coraggiosa. Ed è a mio avviso la più necessaria ora, di fronte alla disperazione, esattamente come un’auto è la cosa più utile quando devi andare da qualche parte. Altrimenti è solo un grande oggetto inamovibile, parcheggiato in garage».
Bellissimo. Ed è vero. C’è qualcosa di estremo nell’ottimismo. È difficiissimo rimanere positivi, soprattutto quando tutto intorno, Internet o i tuoi sentimenti o qualunque altra cosa susciti questi pensieri, ti dice «non funzionerà, non sei abbastanza bravo, questa cosa non accadrà». Rimanere ottimisti è fondamentale, lo è anche riuscire a infondere e trasmettere questo atteggiamento agli altri.

Durante la pandemia il tuo disco precedente, Future Nostalgia, ha trasmesso un ottimismo estremo a molti di noi ascoltatori.
Sinceramente, con l’ultimo album e l’ultimo tour, ho pensato spesso al concetto di ottimismo estremo. Sai, ci sono stati parecchi alti e bassi, frangenti in cui le cose non sono andate come avevo previsto. Ci sono stata momenti in cui mi sono sentita affondare, ma l’unica cosa da fare era rimanere ottimista sapendo che alla fine le cose si sarebbero aggiustate in un modo o nell’altro. Anche quando si ha la sensazione di essere di fronte alla cosa peggiore che possa accadere, c’è una luce in fondo al tunnel. Sono felice di aver fatto un disco che rappresenta questa idea.

Hai cercato di trasmettere questo messaggio anche a livello di suono?
Sì, volevo che fosse divertente, era l’idea di fondo del disco. Dal punto di vista del suono, volevo addentrarmi in un universo Brit pop psichedelico e cangiante. È qualcosa che mi ha influenzata: a quell’epoca c’era tantissima libertà nel modo di fare musica e nello sperimentare. Ed è proprio ciò che volevo fare io. Volevo immergermi in nuove acque, provare cose nuove. Mi sono divertita moltissimo a fare questo disco.

Parlami della copertina.
Ho scattato foto in ambientazioni diverse, ma rappresentano la medesima cosa. Quella di Houdini, per esempio, era molto incentrata su di me: mi guardavo e apprezzavo dove sono arrivata, chi sono e quanto valgo. Training Season mi ritrae appesa a un’impalcatura, in una posizione scomodissima, eppure ho un’aria serena. Mi sembrava che si adattasse al pezzo, così come all’idea di ottimismo estremo, per cui anche in situazioni difficili si conserva una certa serenità. E quello scatto, in cui sono calma vicino a uno squalo, vuole rappresentare una contraddizione enorme.

I fan si staranno domandando se la parte da sirena che hai avuto in Barbie abbia, in qualche modo, influenzato l’estetica acquatica della copertina.
No, ma a quanto pare non mi libererò facilmente di quell’immagine da sirena, Adoro stare in acqua, ma non è stata questa l’ispirazione. Però mi piace che tutto quanto sia confluito insieme, tutte le diverse parti di me e del percorso che mi ha portato fin qui. Se deve essere Barbie sirena, ben venga.

Curiosavo fra gli account dei tuoi fan su Twitter e alcuni parlavano del fatto che pare che Harry Houdini abbia lottato contro uno squalo. È un riferimento intenzionale, il tuo?
In realtà no. Mi piacciono i piccoli collegamenti che i fan trovano, a volte mi sorprendono. Ma volevo solo trasmettere il contrasto fra luce e buio, felicità e tristezza, mostrare la calma e il caos, per legare insieme questi sentimenti. Non esiste l’uno senza l’altro. Ovviamente è un modo fin troppo enfatico di spiegarlo, ma il significato è questo.

Ho visto il tweet di un fan che chiedeva informazioni sui brani inclusi e ipotizzava che, forse, più si procede nella tracklist, più le canzoni divengono personali. È una teoria corretta?
Interessante. Sono tutte piuttosto personali. Francamente penso che End of an Era, che apre il disco, sia una canzone di speranza e liberazione. È molto divertente e dance: è una delle mie preferite del disco. E Happy for You, che lo chiude, è molto riflessiva. È come fare una svolta di 180 gradi. Durante tutto il disco mi vedo crescere tantissimo: la mia prospettiva cambia. Non mi porto dietro tracce di tristezza o di dolore. Sono grata per ogni esperienza fatta, perché mi ha portato dove sono oggi.

C’è una canzone dell’album che è ti rimasta in testa più di altre?
Parecchie. Direi che These Walls è una di quelle. Poi End of an Era, perché è stata la più difficile da mixare. L’ho ascoltata tantissime volte. Illusion mi mette di buon umore. Maria è divertente, ma mi sembra molto matura. Vedi? Anche ora che il titolo è stato annunciato, ma le canzoni non sono uscite, devo cercare di capire come parlarne. Maria mi sembra molto matura, parla di crescere e vede le relazioni da una prospettiva diversa. Mi piace tanto. Anything for Love è un pezzo forte, che ti fa respirare l’atmosfera di una session in studio.

Foto: Tyrone Lebon

L’anno scorso ho intervistato Katy Perry, che mi ha raccontato di averti vista sul palco dell’Hollywood Palladium e di aver capito in quel momento che tu saresti diventata la it girl del pop. Cosa ne pensi? Sei amica di Katy?
La adoro! Siamo amiche. Penso sia fantastica. Quando è venuta al Palladium è stata come la chiusura del cerchio, perché quando avevo 15 anni sono andata io a vederla all’Hammersmith Apollo di Londra. Era il California Dreams Tour, chiamava i fan sul palco e io sono saltata su e ho ballato: online c’è una mia foto imbarazzante di quel momento. Voglio bene a Katy. Ricevere un riconoscimento da una persona come lei, che ammiro, è davvero incoraggiante.

Nella cover story di Rolling Stone, una delle cose di cui si parlava era il fatto hai lavorato tantissimo alle canzoni. Ti consideri una perfezionista?
Devo sempre arrivare al punto in cui sento di essere vicina alla perfezione. Credo che sia importante per me, ma è anche qualcosa che ho maturato acquisendo consapevolezza. In passato, nei miei dischi precedenti e in Future Nostalgia, mi è capitato di modificare un pochino i testi all’ultimo momento, entrando in cabina di registrazione. Ma ero sempre convinta che la prima stesura andasse bene.
In Radical Optimism, invece, mi sono messa al lavoro e ho modificato ogni singola canzone più volte, perché ero sicura di poter migliorarle, cambiare la storia e vedere cosa sarebbe successo poi. E anche su questo ha influito chiedersi che cosa penserai mai di quello che hai scritto dopo una settimana o un mese. È stato bello continuare ad aggiungere e cambiare cose. Riflette perfettamente il punto in cui mi trovo in questo momento della mia vita.

Ti senti molto ottimista in questo momento?
Sì, in modo radicale. Mi sento davvero bene.

Da Rolling Stone US.

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