Rolling Stone Italia

Quando i Megadeth sono diventati mainstream

Nel trentennale dell'album, Dave Mustaine racconta la storia dietro a 'Countdown to Extinction', il disco che li ha portati nella classifica pop. E col quale s'è preso una bella rivincita sui Metallica

Foto: Martyn Goodacre/Getty Images

Quando Dave Mustaine ripensa a Countdown to Extinction, l’album del 1992 che ha lanciato i Megadeth nel mainstream, si compiace per la lucidità che aveva all’epoca. Dopo anni di dipendenza da alcol e droghe, Mustaine era tornato finalmente sobrio poco prima di incidere il disco precedente, il capolavoro thrash metal Rust in Peace. La nuova condizione lo ha portato a tentare un approccio nuovo allo speed metal, diretto e dinamico, in singoli di Countdown come Symphony of Destruction e Sweating Bullets.

«Quando abbiamo registrato Rust in Peace, ero sobrio da poco e avevo abbandonato buona parte delle mie cattive abitudini, per cui al momento di entrare in studio avevo il fuoco dentro», spiega a Rolling Stone Mustaine, oggi sessantenne. «Non so cosa sia accaduto. Non ho mai frequentato gli incontri. Ero un alcolista e ora non lo sono più. Ho smesso. E lo attribuisco al 100% al mio rapporto con il P.A. [Potere Altissimo], ma non ne parlo quasi mai perché la gente va fuori di testa quando lo menziono».

La seconda cosa che viene in mente a Mustaine quando ripensa a Countdown è Eddie Kramer, l’ingegnere del suono che ha lavorato anche con Jimi Hendrix e i Led Zeppelin. E, sottolinea Mustaine, lo fa pesare. «Ha registrato Jimi Hendrix e ci tiene che ogni essere vivente ne sia al corrente. Entrava in sala di regia mentre stavamo lavorando con i modi di uno che si sente parecchio importante. A me non fregava niente di chi fosse. E più si comportava così, più mi risultava antipatico».

Lavoravano allo studio Enterprise di Max Norman (che ha co-prodotto il disco con Mustaine), a Burbank, e il cantante ricorda come entrambi detestassero l’ego ipertrofico di Kramer. «Max ha un vocabolario molto ricco e perciò usavamo dei paroloni», ricorda Mustaine, «fino a quando decidemmo di scrivere un cartello per tenere Kramer fuori dalla stanza. Diceva: “Vietato l’ingresso ai coulrofobici (persone affette da coulrofobia, ossia la paura dei clown, ndt) ossequiosi – sì, parliamo di te, Eddie Kramer”».

Più d’ogni altra cosa, però, Mustaine ricorda le buone vibrazioni e la determinazione della band. Se i dischi precedenti si reggevano sul virtuosismo e sull’elevato quoziente di headbanging, Countdown si basava sulla costruzione dei brani. Oltre al tipico ringhio di Mustaine, Symphony of Destruction aveva un riff di chitarra molto blues che lasciava grande libertà di manovra al bassista di allora Dave Ellefson e alle sue linee pulsanti. Mustaine ha anche trovato il modo di cantare di pifferai magici e marionette ondeggianti nel caos, in un testo parzialmente ispirato al film The Manchurian Candidate. Sweating Bullets, una specie di ode all’ansia, aveva un groove movimentato e madido di sudore, con pause abbastanza lunghe che davano ampio spazio per esprimersi allo humour di Mustaine (“Ciao me stesso, sono ancora io”).

L’abilità tecnica della band era ancora evidente in tutto l’album (ascoltate la rullata di Nick Menza all’inizio di Skin o’ My Teeth o i solo stupefacenti di Mustaine e di Marty Friedman in Ashes in Your Mouth), ma in maniera accettabile per il circuito radiofonico mainstream.

Se per buona parte degli anni ’80 Mustaine aveva scritto testi ironici su problemi sociopolitici (Peace Sells, Hook in Mouth), con Countdown ha ampliato i suoi orizzonti. Foreclosure of a Dream, con un campionamento della famosa promessa mai mantenuta fatta da George H. W. Bush in campagna elettorale («Leggete le mie labbra … nessuna nuova tassa»), era una specie di Farm Aid dell’heavy metal, con un testo che parlava della crisi dell’agricoltura dell’epoca. La title track, invece, si scagliava contro i ricconi che pagano per sparare alle specie protette in un recinto. Il brano ha fatto guadagnare alla band il Doris Day Music Award della Humane Society, per avere contribuito alla sensibilizzazione verso i diritti degli animali e, per usare le parole di Mustaine, «la salvaguardia dei nostri amici animali».

Nel mezzo di Countdown si sente una voce femminile (un’amica di Friedman che lavorava in un ristorante di sushi della zona) snocciolare dati ambientali: «Fra un’ora, un’altra specie vivente scomparirà dalla faccia del pianeta… per sempre, e il processo sta accelerando». Mustaine, che recentemente si è occupato del destino del rinoceronte bianco nel testo di Killing Time, brano del nuovo album, è sempre sconcertato dalla situazione: «Posso solo immaginare, ora, nel giro di 30 anni quante forme di vita diverse si saranno estinte».

Valutando Countdown nel complesso, Mustaine apprezza la precisione e l’attenzione verso i dettagli che lui e il resto del gruppo hanno avuto nella lavorazione. Norman li ha pungolati a dovere perché tutto fosse perfetto; se Mustaine o Friedman facevano un bending per alzare una nota, doveva essere di mezzo tono o di un tono intero, mai di un quarto. «Max, come ho detto, possiede un senso dell’umorismo pungente», spiega Mustaine. «Ricordo che una volta mi ero fatto il culo per cantare al meglio uno dei pezzi e gli ho domandato: “Andava bene?”. E lui: “Non proprio”. Ho pensato: “Ugh”… credo di essermi costruito una certa corazza poi, con gli anni, per cui va bene».

L’atmosfera da centro addestramento reclute ha dato ottimi risultati. Uscito il 14 luglio 1992, l’album ha raggiunto il doppio platino ed è arrivato al numero 2 della classifica di Billboard, appena sotto a Some Gave All di Billy Ray Cyrus. Nel 2017, Rolling Stone lo ha piazzato al numero 33 nella classifica dei più grandi dischi metal di tutti i tempi (idea condivisa da M. Shadows degli Avenged Sevenfold, che ha stilato una classifica simile). Dopo anni passati a cercare dimostrare il proprio valore in seguito all’estromissione dai Metallica nei primi anni ’80, anni in cui Mustaine ha osservato da lontano la loro crescita enorme, il successo di Countdown era la dimostrazione che i Megadeth ce l’avevano fatta.

«Quando penso a Countdown, mi torna in mente la sala dello studio Enterprise dove ho iniziato a trovare la mia strada nella costruzione dei pezzi e delle melodie», dice Mustaine. «Anche prima c’era della melodia, ma a noi non prestava attenzione nessuno che non fosse un superfan di speed e thrash metal. Con Countdown abbiamo raggiunto anche quella fetta di persone che ascoltano musica alla radio o i fan che andavano ai festival per vedere altre band. Quando per caso si imbattono in noi, scoprono questa musica e capiscono che abbiamo molte sfumature, e questa cosa mi piace».

Tradotto da Rolling Stone US.

Iscriviti