Pitti Galaxy, Planet Funk | Rolling Stone Italia
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Pitti Galaxy, Planet Funk

La band tosco-campana entra nell'orbita di Pitti Uomo con un esclusivo evento targato U.S. Polo Assn.: dopo sei anni di silenzio, gli astronauti del groove si presentano con un nuovo disco (col produttore degli U2) ed un nuovo show sospeso tra live ed elettronica

Pitti Galaxy, Planet Funk

Nello spazio nessuno può sentirti urlare, sosteneva il celebre claim che lanciava nei cinema la saga di Alien. Forse, può essere. Ma se il tenente Ripley, interpretato da una magistrale Sigourney Weaver avesse avuto a disposizione il groove dei Planet Funk la sua battaglia col malefico xenoformo sarebbe stata meno insidiosa. Sei anni di silenzio che hanno tenuto i Planet Funk lontani dalle scene, un vuoto assordante figlio di un dramma globale, la pandemia di covid 19, e di uno personale, la tragica scomparsa del bassista e membro fondatore della band, Sergio Della Monica. Fast Forward fino ad oggi, la pandemia ce la siamo lasciati alle spalle ed i Planet Funk rispondono presente alla ritrovata voglia di ballo e socialità e lo fanno nell’unico modo che conoscono: con un nuovo album di altissimo profilo, prodotto da Cenzo Townshend (un vero e proprio veterano, già al lavoro con mostri sacri come U2 e Rolling Stones, anche se ci sarà da aspettare fino al prossimo autunno) ed una serie di live che li riconsegneranno al loro festante popolo. Un appuntamento, quello che segna il ritorno in grande stile dei Planet Funk, che strizza l’occhio al mondo della moda durante uno dei momenti più attesi dai fashion victim di tutto il globo: la settimana fiorentina di Pitti Uomo. La formazione tosco-campana, in attività da fine anni ’90, sarà infatti protagonista dell’evento lanciato da U.S. Polo Assn.,il marchio ufficiale della United States Polo Association (prodotta e distribuita in Europa dalla licenziataria Incom di Montecatini per quanto riguarda la linea d’abbigliamento) previsto per il prossimo 14 giugno in uno dei più suggestivi scenari fiorentini, il Giardino Torrigiani, già sede della prima sfilata di moda che si sia mai tenuta nel nostro paese. I Planet Funk presenteranno nel corso della serata il loro nuovo show, che si presenta come una forma ibrida di live ed elettronica, accompagnati dalle voci di Dan Black (col quale incisero la celeberrima Who Said) ed Alex Uhlmann. Alle tastiere ritroviamo Marco Baroni mentre Domenico Canu si occupa delle chitarre. La parte elettronica è come sempre affidata ad Alex Neri, dj di lungo corso e parte della direzione artistica dello storico club fiorentino Tenax. Lo abbiamo incontrato per parlare di cosa bolle in pentola nel pianeta del funk.

Ciao Alex! Come stai e come stanno i Planet Funk?
Veniamo da un percorso, per i Planet, lungo e difficile. Sei anni fa stavamo registrando un album nuovo e in corsa, circa a metà disco, abbiamo perso un membro, che è Sergio Della Monica. Siamo stati ovviamente piegati dalla sofferenza per aver perso un amico, siamo una famiglia da 20 anni, tra il dolore e la riorganizzazione della band ci siamo ritrovati in un momento buio. Abbiamo pensato di finire l’album senza Sergio ma anche di far finire lì la carriera dei PF. C’è stato il periodo del covid che è stato un altro momento duro per tutti, anche per me. Ma è stato anche un momento di riflessione: terminata la pandemia ci siamo riuniti e abbiamo finito e riprodotto da zero la parte dell’album che avevamo scritto assieme a Sergio e poi abbiamo scritto assieme una serie di inediti per un disco che sarà fuori questo autunno. Abbiamo trovato l’ispirazione giusta per ripartire.

Cosa puoi anticiparci del nuovo disco?
Il prossimo singolo, dopo World’s End, è ancora una canzone di Alex Uhlmann, si chiama Any Given Day, fuori proprio in questi giorni. Sull’onda del singolo faremo una tournée estiva e poi in autunno, con l’uscita del disco, ci sarà un tour invernale nei luoghi più adatti a questa formazione, vedremo anche cosa ci offrirà il mercato.

È lecito dire che il disco è figlio di un lutto?
Non è figlio di un lutto secondo me, ma di una rinascita e di una trasformazione. Credo nel lutto nella sua visione orientale, la morte intesa come passaggio a nuova vita invece che la fine della stessa. La morte di un certo tipo di Planet Funk, l’inizio di un nuovo corso. Tra l’altro, nel disco, ci sarà anche l’esordio di una cantante nuova. Quindi Planet Funk diversi ma fedeli al nostro dna. Se uno ci sente ci riconosce, sempre. Il nostro suono è quello. Noi – e non lo dico come vanto ma come dato di fatto – siamo sempre stati un gruppo molto onesto, abbiamo sempre fatto dischi quando da dentro di noi nasceva un’esigenza, non lo abbiamo mai fatto per contratti o standard discografici. E quando ci siamo rivisti tutto è nato in maniera molto naturale.

Cosa puoi dirci della collaborazione con Cenzo Townshend?
È stata una fortuna. Noi abbiamo fatto questo disco alla vecchia maniera, chiusi in una casa studio, dove lo abbiamo scritto, arrangiato ma non l’abbiamo mixato. Abbiamo quindi mandato i mix a Cenzo, che avevamo conosciuto a Londra durante il primo periodo del nostro album ed il suo lavoro è un grandissimo valore aggiunto. I mix ora hanno un suono.. sai, mi è stato detto sul primo singolo che siamo molto simili ai Depeche Mode..

Beh, è un complimentone.
Lo è, ma poi ho capito perché. Lui è autore di un buon 80% dei mix dei Depeche, di conseguenza anche l’approccio alle voci è quello adottato di solito per loro, per cui è da lì che arriva la similitudine.. non è stata una cosa cercata, per capirsi. Però dai, secondo me è un complimento (ride)!

PLANET FUNK - The World's End (Official Music Video) @planetfunkband

Hai avuto modo di veder lavorare Cenzo o la produzione è avvenuta in luoghi diversi?
È avvenuta in parte in luoghi diversi ma ho avuto anche modo di vederlo lavorare.

Sei riuscito a rubargli qualche segreto?
Ma, sai, più che rubargli segreti bisognerebbe rubargli i macchinari. Anche la sua tecnica è pazzesca, sia chiaro, ha un modo di mixare che definirei artistico, soprattutto in termini di approccio. Prende il mix e lo porta praticamente tutto in analogico, è un’esperienza vederlo lavorare.
Per non parlare del suo studio, che è stupendo e che credo sia di Ed Sheeran. Vederlo lavorare è assurdo e ti rendi conto che, per noi autodidatti, il suo lavoro è proprio un altro mestiere, è un altro tipo di mix. Poi, ovviamente, giudicherete con le vostre orecchie.

Qual è il balocco che gli invidi di più?
Una serie di compressori che sono incredibili. Tutti a valvole. Ho visto tanti produttori, anche molto bravi, lavorare, ma lui è diverso, il suo modo di mixare è quasi un arrangiamento.

Qual è lo stato di salute della scena clubbing?
Guarda, l’avevo previsto durante il Covid.. il mondo del clubbing è ormai spaccato a metà: da una parte le superstar che sono praticamente irraggiungibili visti i cachet che chiedono, e l’altra metà di mondo che invece è super underground, fatta da gente seria, super appassionata di vinili e noi, come Tenax, quest’anno abbiamo fatto questa scelta, facendo una programmazione incentrata sulla ricerca dei nomi del futuro. Siamo stati tra i primi in Italia a fare Loco Dice, Peggy Gou, Marco Carola, e quindi oggi pensiamo non sia più il caso di fare determinati nomi, che ormai hanno sostituito l’EDM nel mondo, e ci siamo buttati in questa scena che ci ha dato grandissime soddisfazioni. C’è un pubblico di giovani attentissimo alle nuove scene ed alla buona musica: questo mi fa davvero ben sperare e mi ha dato anche la fortuna di potermi riaprire un mercato, perché io dall’altra parte, sarei stato un dj morto, onestamente. Quindi bene che ci sia stata la possibilità di cambiare, di esplorare e di buttarsi in un mondo nuovo. Ma non siamo i soli ad aver sposato questa causa: lo stesso Cocoricò questa estate al Titilla farà una programmazione molto simile a quella che abbiamo fatto al Tenax quest’anno. Quindi vuol dire che il club, la vera scena club, si sta riavvicinando alla ricerca, all’underground, a quella che è la sua vera natura.

Cosa puoi raccontarci invece della scena live? I biglietti sono sempre più un bene di lusso e tanti nomi medio piccoli hanno scelto di non andare in tour per mancanza di un sufficiente ritorno economico.
Per quanto riguarda noi, devo dire che questa soluzione ibrida che abbiamo adottato ci permette di abbattere molti costi: mi rendo perfettamente conto delle difficoltà del live ma mi rendo anche conto delle difficoltà economiche del nostro paese. La verità è che per stare al passo con determinati paesi stranieri facciamo una gran fatica. E di conseguenza anche i live. Che hanno ormai dei costi altissimi e se le materie prime aumentano del 30% com’è avvenuto, è impossibile farlo diventare un business per i promoter, ma anche per chi suona.

Hai voglia di condividere un pensiero su Sergio?
Per me, parlo a nome personale, è stato un mentore, un fratello più grande. Mi ha accresciuto come uomo, anche da un punto di vista culturale mi ha fatto conoscere tante cose. Mi ha cresciuto come produttore, quando l’ho conosciuto avevo 29 anni, ero molto giovane. Abbiamo condiviso tanto, per me l’esperienza con lui è stata più che la semplice condivisione di un palco. Condividere lo studio poi forse è quasi come avere.. forse è più che avere una moglie! (ride) Una persona con dei valori incredibili che ho rispettato veramente tanto.

Quando hai suonato per la prima volta ad un party di Pitti?
La prima volta credo sia stato nel ’93, c’era ancora il Meccanò, storico club fiorentino degli anni ’90.

Raccontaci la cosa più folle che ti è capitata in una di queste feste.
Dei party di Pitti ho sempre amato il meltin’ pot, ci sono i 50enni ma anche i 20enni, il mondo gay e quello etero, tutti insieme con una gran voglia di fare festa, e questa è la vera caratteristica per questo tipo di manifestazioni. Ricordo una festa incredibile dove, alle tre e mezzo del mattino, mi sono trovato una suora in console..

Una suora!?
Sì, perché sopra a dove stavamo suonando c’è un convento e la suora venne a chiedermi di abbassare il volume. Ma sorridente eh!

Beh è pur sempre una suora.
Fu super cool, sembrava Sister Act!

ABOUT U.S. POLO ASSN.
U.S. Polo Assn. è il marchio ufficiale della United States Polo Association (USPA), l’organo di governo senza scopo di lucro dello sport del polo negli Stati Uniti e uno dei più antichi organi di governo dello sport, essendo stato fondato nel 1890. Con un’impronta globale multimiliardaria e una distribuzione mondiale attraverso circa 1.100 negozi al dettaglio U.S. Polo Assn. e migliaia di grandi magazzini, nonché canali di articoli sportivi, rivenditori indipendenti ed e-commerce, U.S. Polo Assn. offre abbigliamento per uomo, donna e bambino, oltre ad accessori e calzature in più di 190 Paesi nel mondo. U.S. Polo Assn. è stata nominata tra i primi cinque licenziatari sportivi nel 2022, secondo License Global. Per maggiori informazioni uspoloassnglobal.com e seguite @uspoloassn.

ABOUT INCOM
Incom, fondata a Montecatini Terme (PT) nel 1951, gestisce in licenza il comparto apparel del brand U.S. Polo Assn. e produce e distribuisce in tutto il mondo importanti marchi d’abbigliamento. Inoltre Incom è tra i principali fornitori di abbigliamento militare e paramilitare dello Stato italiano sia per ciò che concerne le uniformi, sia per l’abbigliamento tecnico realizzato con lo speciale brevetto di proprietà Float per i capi galleggianti. Dal gennaio 2008 produce e distribuisce in Europa l’abbigliamento uomo, donna, bambino, intimo e beachwear con il marchio U.S. Polo Assn., registrando risultati di vendita in costante incremento. Per ulteriori informazioni: www.incomitaly.com.